Nelle ultime settimane il mondo del golf è stato al centro dell’attenzione per il grave incidente d’auto di quello che da molti viene considerato il miglior giocatore di sempre: Tiger Woods. Il quarantacinquenne ha recentemente dichiarato di trovarsi in un momento molto difficile della sua vita, l’ennesimo, e la solidarietà dai colleghi non è tardata ad arrivare, con i grandi della disciplina che hanno indossato al WGC-Workday in Florida i colori che hanno reso iconica la storia sportiva di Tiger.
Ciò nonostante, il grande golf procede e sta per entrare nel periodo clou della stagione con l’inizio dei tornei più importanti al mondo: i quattro major. Recentemente si sono disputati altri grandi eventi, dall’ormai classico WGC in matchplay vinto da Billy Horschel al ricchissimo The Players che ha incoronato l’attuale numero 2 del ranking Justin Thomas. Vediamo ora come arrivano i big agli appuntamenti più attesi ed infine qual è la situazione del golf italiano nel PGA Tour.
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Il primo major della stagione è anche quello con più fascino tra gli appassionati di golf: il Masters. Il torneo che vede come campione uscente il miglior giocatore al mondo, Dustin Johnson, è l’unico che si disputa sempre nello stesso club, l’Augusta National, e pur essendo il meno antico tra i quattro è diventato sin da subito leggendario. L’Augusta National è senza dubbio uno dei golf club più belli da un punto di vista puramente estetico ma allo stesso tempo può rappresentare un incubo per molti campioni che, proprio per il fatto di non trovarsi a proprio agio su quei green, hanno dovuto concludere la carriera a secco di vittorie. Un altro elemento che rende celebre questo torneo deriva da tutto ciò che ruota attorno al vincitore. Chi comanda il leaderboard dopo 72 buche non si porta a casa un trofeo bensì come premio, oltre all’assegno a sei zeri, entra nella ristretta cerchia di chi può indossare la giacca verde (green jacket) che lo rende ufficialmente socio dell’Augusta National. A vestirlo di verde è proprio il campione dell’edizione precedente.
Nel decennio scorso solo due europei sono riusciti a vincere il Masters, Danny Willett e Sergio Garcia, e anche quest’anno i favoriti della vigilia restano i padroni di casa statunitensi. Tra i tanti big, sono due su tutti quelli che vogliono sfatare il tabù del Masters, Rory McIlroy e Brooks Koepka, vincitori complessivamente di otto major ma ancora a secco all’Augusta National. Tra i plurivincitori prenderanno il via Bubba Watson e Phil Mickelson, entrambi dietro nei pronostici, mentre mancherà il cinque volte giacca verde Tiger Woods, ancora alle prese con i guai fisici.
Tradizionalmente il major che premia il vincitore con il pesantissimo Wanamaker Trophy si disputa come ultimo. Tuttavia quest’anno verrà anticipato a maggio e si terrà in South Carolina al Kiawah Island Golf Resort, un par 72 di oltre settemila metri. Se il Masters è il major con più fascino, nessuno si offenderà se si afferma che il PGA Championship è quello che ne ha meno, pur essendo di notevole importanza nel circuito. Tra i quattro, infatti, ha sempre peccato di non avere una caratteristica in grado di contraddistinguerlo. Il Masters è il Masters; l’Open Championship è il più antico e ha i links; lo US Open è il più difficile tecnicamente; e il PGA… ha il Wanamaker Trophy come unica peculiarità. A difendere il titolo ci sarà Collin Morikawa, il giovane statunitense che di recente si è portato a casa anche il suo primo WGC (circuito di tornei secondo soltanto a quello dei major).
Il major organizzato dalla USGA come detto in precedenza è considerato il più complesso da un punto di vista tecnico. Pur essendo un torneo itinerante che non si svolge sempre nello stesso club, come il Masters, le 72 buche dello U.S. Open poche volte nella storia sono state delle passeggiate di salute per i contendenti. Gli statunitensi nel recente passato hanno sempre trionfato e l’ultima vittoria di un giocatore non di casa risale al 2014 quando Martin Kaymer vinse il suo secondo major della carriera. Quando si parla di U.S. Open, inoltre, non si può non citare Brooks Koepka, che il trofeo l’ha già alzato per due volte. I favoriti sono i big del team USA da Dustin Johnson a Justin Thomas, passando proprio per Brooks Koepka e Bryson DeChambeau, quest’ultimo campione uscente. L’edizione 2021 si terrà al Torrey Pines Golf Course, club di San Diego che ha già ospitato questo torneo nel 2008 quando a vincere fu Tiger Woods.
Conosciuto erroneamente come British Open, l’Open Championship è il torneo di golf più antico al mondo (la prima edizione si è disputata nel 1860) e con i suoi iconici links rappresenta un pezzo di storia dello sport. Il major che offre al vincitore la tanto ambita Claret Jug ricorda agli appassionati italiani il momento più alto del tricolore visto che nel 2018 a trionfare fu proprio il nostro Francesco Molinari, primo e unico italiano a vincere un major. Nel 2020 l’Open Championship non si è disputato a causa del Covid-19, quindi il campione in carica è ancora l’irlandese Shane Lowry, vincitore nel 2019. Quest’anno il major si terrà nel celebre golf club Royal St George’s, che nella storia ha già ospitato quattordici volte il torneo. La prima fu nel 1894 e l’ultima nel 2011, quando a vincere fu l’ex capitano del Team Europa di Ryder Cup Darren Clarke. Alcune delle battaglie dell’Open Championship sono impresse nella memoria. Tra le più recenti si ricorda la sfida all’ultimo sangue tra Phil Mickelson ed Henrik Stenson nel 2016, quando a vincere fu proprio lo svedese argento olimpico in carica.
Dopo il successo di Molinari, l’Italia per qualche mese si è concentrata molto sul golf, sport spesso considerato noioso (falso) e di nicchia (parzialmente vero). L’appeal di questo sport sui media italiani in realtà nel terzo millennio era già esploso con le imprese dell’ormai ex prodigio Matteo Manassero, il veronese spesso paragonato a Rory McIlroy per la sua precocità, che però non è mai esploso del tutto. Con il senno di poi, mettere sullo stesso piano Manassero e McIlroy risulta assolutamente fuori luogo visto che il nordirlandese è tra i golfisti di maggior talento degli ultimi trent’anni. Manassero invece è rimasto una grande promessa (sfumata) e attualmente è il numero 723 al mondo.
Tuttavia, tornando a Molinari, il torinese è arrivato a essere tra i migliori al mondo, ha raggiunto la quinta posizione del ranking PGA ed è diventato un leader del team europeo di Ryder Cup. Poi, dopo un triennio sfavillante si è spento all’improvviso, finendo a ridosso della centesima posizione del ranking. È senz’altro l’uomo di punta dei nostri colori. Ad oggi necessitiamo più che mai di un suo ritorno ai vertici perché rappresenta il simbolo di un movimento che in Italia ha per decenni stentato a decollare.
Oltre a questi due nomi ci sono altri giovani interessanti nel panorama italiano. Uno su tutti è Renato Paratore che ha già vinto un torneo dello European Tour ma che non sembra ancora pronto per il salto di qualità sul PGA Tour. Ottime prospettive anche per il ventiquattrenne Guido Migliozzi, anch’egli vincitore di un torneo europeo in back-to-back dopo Lorenzo Gagli. Tra i rodati troviamo Nino Bertasio e Andrea Pavan, rispettivamente classe 1988 e 1989, oltre a Edoardo Molinari, il fratello maggiore di Francesco, che quest’anno ha spento quaranta candeline.
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