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Curiosità

Tobi1: la trap incontra il dialetto

Published by
Marco Capriglio

Tobia Poppi, in arte Tobi1, è un ragazzo modenese di ventuno anni, con la passione per la musica e per l’informatica. Studia ingegneria informatica presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, e, dal 2018, è diventato un artista emergente del suono modenese, producendo canzoni rap in dialetto modenese, in modo completamente amatoriale.

Chi è Tobi1? Come ti sei avvicinato alla musica?

«Tobi1 è un personaggio rappresentato da Tobia Poppi, un ragazzo di ventuno anni, studente di ingegneria informatica. Tobi1 ha l’obiettivo di riportare a Modena e ai suoi giovani il dialetto e le culture della propria terra, attraverso il rap cantato in dialetto modenese.

Alla musica sono molto vicino, già da quando ero piccolo. Da quando ho sei anni, faccio parte delle voci bianche della corale Evaristo Pancaldi, nella quale canto tuttora. Già da quell’età mi sono state insegnate diverse basi di teoria musicale, e, negli anni seguenti, ho studiato pianoforte. Quindi ho sviluppato l’orecchio per essere autonomo nel poter produrre qualcosa di, quantomeno, ascoltabile».

Screenshot dal video di BIF. Foto per gentile concessione di Tobi1.
Come sei riuscito a coniugare la tradizione dialettale con la musica trap?

«L’idea nacque totalmente a caso, inizialmente per scherzo. Però quando mi saltò in mente il pensiero “faccio una canzone trap, ma in dialetto modenese”, capii che era un’idea con un certo potenziale. Doveva tuttavia essere sviluppata in maniera satirica, ma con contenuti importanti. Mi sono impegnato al massimo nell’utilizzo di termini dialettali più o meno complessi e conosciuti, in modo da tramandarli ai giovani.

La parte più complessa sta nell’incastro delle metriche quantitative e accentuative cercando di rimanere, per quanto possibile, simile agli standard della musica rap e trap».

Nelle tue canzoni mescoli inglesismi, dialetto e immagini di vita quotidiana. Da dove trai ispirazione per i tuoi brani?

«Traggo spesso ispirazione, per gli inglesismi, da altre canzoni trap della scena italiana. Per il resto, mi ispiro ai racconti dei miei nonni, dei conoscenti, della gente del mio paese e da libri di dialetto e di cultura modenese. Gli inglesismi li inserisco un po’ per dare un’idea di “unione” con altre culture, e inoltre simboleggiano il forte legame di Modena con il resto del mondo. Mi servono per trasmettere la “modernità” del mondo odierno.

Preservare il dialetto tramandandolo ai giovani è essenziale per il mantenimento della nostra tradizione, ricordandoci però che siamo nel 2021 e, ahimè, la velocità e la dinamicità dello stile di vita odierno credo portino a dover sapere un minimo anche l’inglese. Inoltre li ho inseriti perché, soprattutto tra noi giovani, fanno parte del parlato quotidiano».

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Nonostante la tua giovane età, hai una notevole padronanza del dialetto. Dove e come lo hai imparato?

«Come per molti altri ragazzi modenesi, ho imparato in famiglia. I nonni mi hanno insegnato gran parte del dialetto. Inoltre, da quando sono piccolo, a Ganaceto (una frazione della campagna modenese, in cui vivo), c’è una tradizione in cui per l’Epifania viene organizzata una serata in cui i giovani del paese recitano commedie e sketch in dialetto.

Il tutto è organizzato da Mauro Gabrielli, il “regista” di Ganaceto, che con passione e pazienza ci ha insegnato per anni come recitare, e di conseguenza come pronunciare le frasi in dialetto».

Tob1 sui “leoni”, in Piazza Grande, dove sorge il Duomo a Modena.
Qual è per te il valore dei dialetti locali? Quali iniziative potrebbero essere portate avanti per tramandarli ai giovani?

«Il dialetto locale ha ovunque un valore importantissimo, perché era il mezzo di comunicazione principale delle generazioni passate, e, fortunatamente, per qualcuno lo è tutt’oggi.

Parlare il dialetto ci fa sentire appartenenti a un certo luogo. Per me il dialetto è l’espressione di un popolo, e ne racchiude ogni persona, luogo e fatto. Inoltre il dialetto possiede una forza espressiva e descrittiva genuina grazie al suo verismo. Parlandolo è molto più immediato trasmettere emozioni, sentimenti, valori e culture con cui ripercorrere i momenti passati, oggi sempre più dimenticati per colpa del ritmo di vita frenetico.

Di iniziative per trasmettere il dialetto ai giovani possono essercene parecchie. Citandone una, trovo molto interessante ciò che stanno facendo i ragazzi di Odysseus, un’associazione che organizza contenuti ed eventi volti a promuovere le culture e il territorio per i giovani, i quali ultimamente hanno organizzato visite alla Rocca Rangoni di Spilamberto e, successivamente, altre attività inerenti utilizzando il dialetto. Iniziative del genere hanno un valore, a mio avviso, spropositato per la terra e la salvaguardia della tradizione».

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Nei tuoi brani canti della Ghirlandeina, dei giaraun, di Pavarotti e della Maserati. Cos’è Modena per te?

«Per me Modena è un insieme di tradizioni tramandate per secoli. Modena è la storia di un popolo che non si è mai arreso, partendo dalla Resistenza contro l’Italia fascista, fino ad arrivare alla forza di rialzarsi sempre, anche dopo il terremoto del 2012.

Modena è anche un insieme di prodotti tipici di pregio mondiale, anch’essi frutto del sudore di generazioni passate e delle loro tradizioni. Secondo me Ghirlandeina è la canzone nel cui testo meglio sono riuscito a esprimere l’importanza delle tradizioni e delle persone che hanno fatto la storia della nostra terra».

Screenshot dal video di Ghirlandeina.
Il tuo è un progetto senza dubbio originale e insolito. Quali sono state le reazioni del pubblico?

«Le reazioni del pubblico sono state, innanzitutto, tante. Quando per scherzo mi è venuta l’idea della prima canzone, non pensavo che così tanta gente avrebbe apprezzato. Devo dire che le persone che mi scambiano un saluto quando mi incontrano, e la stragrande maggioranza dei feedback online sono molto positivi.

Questo mi rende felice perché dimostra la voglia dei giovani di non perdere il dialetto, di rimanere attaccati a ciò che è stato. Inoltre amo il fatto che ci siano ascoltatori delle mie canzoni di ogni età: giovani, adulti e anziani. C’è sia chi vede il prodotto come una riuscita canzone trap, ma in dialetto, e c’è chi lo interpreta come una scherzosa parodia volta non solo a tramandare il dialetto ma anche a screditare satiricamente la reale scena trap italiana. Quale delle due è la verità? Lascio libera l’interpretazione».

Quali sono i tuoi progetti per il futuro personale e musicale?

«Per il mio futuro personale ho come obiettivo principale il percorso di laurea magistrale in ingegneria informatica. Per quello musicale, al momento nessun progetto in programma, dato il poco tempo a disposizione.

Nonostante ciò rimane una passione che non esclude assolutamente altri possibili progetti in futuro. È probabile che quando sentirò di dover comunicare, nel mio piccolo, qualcosa di importante ai modenesi lo farò col mio metodo».

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Marco Capriglio

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