Nonostante la ritrovata fama portata dalla serie TV HBO, Pripyat è raramente stata protagonista delle narrazioni su Chernobyl più famose e note al grande pubblico. La città è però uno dei più grandi simboli del costo umano dell’incidente di Chernobyl, ed è forse la più grande rappresentazione reale di come sarebbe il nostro mondo in uno di quei scenari post apocalittici che siamo abituati a vedere nei film.
La città si trova a soli tre chilometri dalla centrale, e ospitava 56.000 abitanti composti per lo più da lavoratori e relative famiglie. L’età media della popolazione era di ventisei anni. Trentasei ore circa dopo l’incidente, i cittadini vennero avvisati dell’imminente evacuazione, e istruiti a portare con sé effetti personali necessari per soli due o tre giorni. Oggi sappiamo che non avrebbero mai più fatto ritorno alle loro case. Questo è il racconto del nostro toccante viaggio nel luogo simbolo del costo umano della tragedia di Chernobyl, Pripyat.
Il documentario video della visita, curato da Forgotten Wonders e sottotitolato in varie lingue, è dispobile qui. In ogni paragrafo di questo articolo troverete delle parole evidenziate sulle quali potrete cliccare per andare direttamente alla parte specifica del video che le riguarda.
Pripyat, la città-vetrina dell’Unione Sovietica
Pripyat venne fondata nel 1970 con lo scopo di essere una città futuristica per gli standard dell’epoca, per attirare i giovani ingegneri del Paese, convincerli a cercare lavoro presso la centrale di Chernobyl e, più in generale, per arricchire la narrativa sovietica sulla “bontà dell’atomo” e gli incredibili vantaggi dell’energia nucleare.
Il cartello di ingresso a Pripyat. A sinistra, in occasione di un matrimonio negli anni Ottanta, a destra oggi. Foto: Pripyat.com e Forgotten Wonders.
Bisogna ricordare che la centrale venne costruita nell’estremo nord dell’Ucraina, vicino al confine con la Bielorussia, in una zona remota e popolata solamente da una serie di piccoli villaggi tradizionali composti da case in legno. Era necessario quindi fornire ai lavoratori e ai funzionari governativi una città vera e propria, fornita di tutti i comfort possibili e di alcuni privilegi non concessi nel resto dell’Unione Sovietica. Ritorneremo su questo punto più avanti nel testo.
Leggi anche: Chernobyl oggi: in visita alla centrale 35 anni dopo.
La foresta radioattiva attorno a Chernobyl
Terminata la nostra visita alla centrale nucleare, trascorriamo la notte in un vecchio villaggio vacanze costruito in epoca presovietica e situato oggi ai bordi della zona di esclusione. Per la sua posizione vantaggiosa, venne usato dai sovietici come base operativa nei giorni successivi all’incidente e poi abbandonato.
Oggi è un luogo non segnato sulle mappe, immerso nella più totale oscurità della foresta di Chernobyl. Nelle vicinanze troviamo un vecchio laboratorio scientifico dell’epoca, pieno di affascinanti strumenti e oggetti antichi che ci catapultano indietro di decenni nel passato.
Foto: Forgotten Wonders.
DUGA, il radar antimissile top secret
Nascosta dalla foresta giace una gigantesca struttura completamente ignota ai cittadini ucraini dell’epoca sovietica, scoperta solo dopo l’incidente nucleare durante le spedizioni organizzate per ripulire e analizzare quella che conosciamo oggi come zona di esclusione. Il radar DUGA è composto da una serie di antenne, lunga settecento metri e alta centocinquanta, che aveva lo scopo di intercettare in volo eventuali missili sparati dal blocco occidentale verso l’Unione Sovietica. È impressionante pensare come questa struttura titanica totalmente nascosta dalla foresta sia stata a tutti gli effetti scoperta per caso.
Ne esistevano due coppie in Ucraina, due trasmettitori e due ricevitori. A causa dei loro segnali intermittenti, intercettati da radioamatori e professionisti in tutto il mondo nel corso degli anni, queste antenne si sono guadagnate il soprannome di Russian Woodpecker (Picchio russo). Il loro contributo alla storia non si è spinto molto oltre a questo punto, dato che il diffondersi delle tecnologie satellitari le ha rese obsolete poco tempo dopo la loro costruzione.
Ad oggi, questa è l’unica delle quattro antenne in Ucraina ad essere sopravvissuta, nonostante un primo tentativo di smontaggio svolto dai governi precedenti, i danni delle radiazioni e degli agenti atmosferici e il vandalismo che ciclicamente si ripresenta nella zona di esclusione. È notizia del 21 aprile 2021 che il DUGA sia stato dichiarato monumento nazionale dal governo ucraino, il quale ne garantirà la conservazione nel tempo.
L’arrivo a Pripyat e l’Ospedale 126, punto di primo soccorso delle vittime
Superato un checkpoint militare e un’ex stradina pedonale inghiottita dalla vegetazione, arriviamo finalmente all’ingresso della città di Pripyat. La nostra visita inizia dall’Ospedale 126, dove ancora oggi si trovano le uniformi radioattive dei primi pompieri chiamati a spegnere l’incendio della centrale. Qui vennero trasportate tutte le prime vittime dell’incidente, molte delle quali furono poi trasferite negli ospedali di Mosca una volta identificate le enormi dosi di radiazioni che avevano assorbito.
Alex e Mihaela, dosimetristi ed esperti della zona di esclusione, ci spiegano come nemmeno loro si siano mai spinti nel famoso sotterraneo dell’ospedale, dove i livelli di radioattività sono “astronomici” a causa di tutto il materiale radioattivo che vi venne frettolosamente depositato nei momenti successivi all’incidente. Esistono tuttavia alcuni video di esploratori entrati illegalmente nell’ospedale. A causa loro, il governo ha deciso di chiudere gli ingressi del sotterraneo con sabbia e cemento.
Cafè Pripyat, il terminal dei traghetti della città
La città prende il nome dal fiume Pripyat che scorre nel territorio. Il Cafè Pripyat era sia un bar di tendenza sia il terminal dei traghetti cittadino. In passato era possibile ammirare il fiume e le barche in transito direttamente dalle finestre del locale e una scalinata conduceva direttamente al punto di attracco delle imbarcazioni. Oggi, a causa della massiccia crescita della vegetazione e del ritiro delle acque dal bacino idrico, rimangono solo vecchie foto sgranate a ricordo della bellezza di un tempo.
Il Café Pripyat oggi e prima dell’incidente. Foto Pripyat.com e Forgotten Wonders.
All’esterno ci imbattiamo nei resti dei tipici distributori automatici che erano disseminati in tutta la città. Distribuivano acqua e, pagando un extra, anche uno sciroppo aromatizzato. Stando ai racconti delle nostre guide, i giovani abitanti di Pripyat furono tra i primi “hacker sovietici”, dato che ben presto impararono a manomettere le macchine per far sì che distribuissero gratuitamente lo sciroppo.
Il Cinema Prometheus, uno degli edifici più vecchi di Pripyat
Proseguendo il nostro cammino sotto la pioggia scrosciante, spuntiamo davanti al Cinema Prometheus, location originale della statua di Prometeo, simbolo della città, spostata successivamente alla centrale di Chernobyl. Qui sorge uno degli edifici più antichi della città, il Cinema Prometheus.
Come tantissimi altri edifici dell’epoca, è decorato da uno stupendo mosaico: l’artista che li realizzò fu scosso duramente dalla notizia dell’evacuazione della città, perché a sua detta nessuno avrebbe ma più potuto ammirare la sua arte. Purtroppo morì prima dell’inizio delle visite guidate a Pripyat, senza sapere che migliaia di visitatori ogni anno possono finalmente ammirare di nuovo le sue opere.
L’Hotel Polyssia, residenza di Valery Legasov
Superata la densa vegetazione che ha ormai preso il controllo della città, ci ritroviamo improvvisamente su una delle strade principali che conduce alla piazza principale della città. Gli spettatori della serie TV Chernobyl prodotta dall’americana HBO ricorderanno i due edifici sulla destra: l’Hotel Polissya e l’ex municipio, successivamente edificio dedicato agli scienziati nucleari.
Valery Legasov e Boris Shcherbina trascorsero qui le loro giornate a Pripyat nel periodo immediatamente successivo all’incidente nucleare. L’ex municipio venne messo a disposizione loro e di tutti gli scienziati occupati a contrastare il più grande disastro nucleare della storia.
Fortunatamente esistono alcune foto storiche di questa zona, che ci permettono di osservare come in realtà il cinema e l’hotel fossero molto vicini tra loro e facessero parte del paesaggio in un percorso pedonale a disposizione dei cittadini.
È impressionante notare quanto la natura abbia ripreso il controllo di Pripyat oggi: posizionandosi nello stesso punto in cui venne scattata la foto storica, questo è il paesaggio visibile.
Sfortunatamente, lo scorrere del tempo sta iniziando ad avere serie conseguenze su questi ricordi della presenza umana a Pripyat: a inizio aprile 2021, la pagina Facebook Černobyľ ha diffuso queste foto del tetto dell’Hotel Polissya, parzialmente crollato e che sembra sostenuto ormai solo da pochi, sottili mattoncini.
Il Palazzo della Cultura Energetyk
Come in ogni città sovietica dell’epoca, la piazza principale ospitava anche il Palazzo della Cultura. In questi locali si svolgevano spettacoli teatrali, serate musicali, mostre, ovviamente sotto stretta sorveglianza del Partito Comunista. La propaganda sovietica era estremamente radicata in tutte le istituzioni cittadine, dalle scuole ai supermercati.
I DJ responsabili delle serate musicali al Palazzo della Cultura vennero trasferiti a Slavutich, una città costruita appositamente per i rifugiati di Pripyat. Continuano a organizzare serate ancora oggi nonostante l’età, ma soprattutto senza dover ottenere l’approvazione del governo per le canzoni che scelgono di suonare.
La ruota panoramica di Pripyat
Il parco divertimenti con i suoi autoscontri e la ruota panoramica è diventato il simbolo di Pripyat oggi. Anche le persone meno informate sulla vicenda si saranno imbattute in numerose foto di questo luogo, che forse più di ogni altro trasmette il senso di angoscia e abbandono che permea tutta la città. Vedere un parco divertimenti, storicamente simbolo di gioia e spensieratezza, in queste condizioni aiuta anche i più stoici a rendersi conto di quanta vita sia stata spazzata via per sempre, e quanto velocemente sia successo.
Il parco divertimenti di Pripyat. Foto: Forgotten Wonders.
La ruota panoramica non è mai entrata ufficialmente in funzione, ma i cittadini poterono usufruire di alcune corse gratuite di prova prima dell’incidente. L’inaugurazione ufficiale era prevista per il primo maggio 1986, cinque giorni dopo la catastrofe.
Questo spiazzo fino a pochi anni fa era talmente radioattivo da non poter essere percorso in sicurezza, e a causa dell’acqua che scorre nel sottosuolo, ci sono ancora oggi punti in cui le guide ci vietano anche solo di transitare.
Leggi anche: Chernobyl: la breve storia dello Stroitel Pripyat.
Il supermercato e la “Casa Bianca” di Pripyat
A differenza delle tipiche città sovietiche, servite da piccole botteghe che vendevano varietà ristrette di prodotti in quantità limitate che spesso andavano esaurite, Pripyat era provvista di numerosi negozi all’avanguardia per l’epoca. Questo faceva parte della strategia del governo per rendere Pripyat una città desiderabile e appetibile per i giovani ingegneri e lavoratori di cui la centrale di Chernobyl aveva bisogno.
Questo supermercato era quindi sempre ben fornito, anche di prodotti occidentali (o loro cloni) considerati proibiti nel resto dell’Unione Sovietica. Una nota di colore riguarda i registratori di cassa: erano anch’essi occidentali in un certo senso, in quanto acquistati la prima volta da una ditta svedese e poi copiati.
Salutiamo infine la città di Pripyat osservando l’edificio che ospitava gli appartamenti più esclusivi e desiderati della città, tanto da guadagnarsi il soprannome di Casa Bianca. Oggi versa in condizioni critiche, abbandonato e pesantemente danneggiato dai fattori ambientali.
Un mondo post apocalittico nelle periferie dell’Europa
Chi mai si sia chiesto come sarà la Terra dopo l’uomo non deve far altro che osservare Pripyat oggi. A poche ore di volo da qui esiste un vero mondo post apocalittico, come se improvvisamente The Walking Dead o The Last of Us fossero divenuti realtà. Camminare per le vie di questa città è un’esperienza difficile da assimilare, perché non esiste niente di simile al mondo.
Vista dall’interno, Pripyat oggi non sembra nemmeno più una città. Si fatica a riconoscere la forma delle strade, a intravedere gli altri edifici che ci circondano. I lampioni e i parapetti dei percorsi perdonali sono ormai parte della vegetazione stessa, e all’improvviso si può passare dall’essere immersi in una giungla ad ammirare un gigantesco palazzo o una delle vie principali della città.
In questi momenti si viene colpiti dalla realtà del luogo in cui ci si trova, cioè la casa di tantissimi lavoratori, ragazzi e ragazze, bambini e bambine a cui è stata rubata la giovinezza e segnata l’esistenza per sempre. In occasione dell’anniversario della catastrofe di Chernobyl è giusto pensare a loro, a come abbiano vissuto l’ultimo istante normale della loro vita senza nemmeno rendersene conto, e a come Pripyat oggi sia per loro solamente un costante, tragico ricordo di tempi migliori.
Grazie a Chernobyl Lab per aver organizzato la nostra visita a Pripyat e alla centrale nucleare di Chernobyl, che potete trovare qui.