Nomadland ha vinto il premio come miglior film; Chloé Zhao come miglior regista; Anthony Hopkins come miglior attore e Frances McDormand come miglior attrice. Questi i principali verdetti emessi durante la 93ª edizione dei premi Oscar 2021, che si è tenuta nella notte del 25 aprile nel Dolby Theatre di Los Angeles. La cerimonia si è svolta due mesi dopo quanto originariamente previsto, a causa della pandemia di Covid-19, e ha ammesso film usciti in due diversi anni solari. Ma questa non è stata l’unica novità: sempre a causa della pandemia, i criteri di ammissibilità dei film in gara sono stati modificati. Per la prima volta, infatti, vengono prese in considerazione anche le pellicole uscite esclusivamente sui servizi di streaming.
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Lo show, andato in onda sulla ACB negli Stati Uniti e su Sky Oscar in Italia, è stato una cerimonia “intima”, con solo i candidati e un loro ospite connessi da diverse location. I votanti per questa edizione sono stati 9427, divisi in diverse categorie di addetti ai lavori: attori, registi, costumisti, montatori, produttori, scenografi, sceneggiatori, musicisti, animatori eccetera.
Inoltre, per il terzo anno consecutivo, lo spettacolo non è stato presentato da un unico conduttore. Le famose statuette sono state consegnate ai vincitori dai loro colleghi, tra cui Brad Pitt, Joaquin Phoenix, Harrison Ford e Laura Dern.
Il miglior film di questa edizione dei premi Oscar è Nomadland. Come da titolo, Nomadland è un racconto che espone delle possibilità di vita alternative, un’esistenza da vagabondi (senza però essere dei senzatetto) senza una fissa dimora. Non è il tipico viaggio alla ricerca di una meta, ma la dimostrazione che la felicità è un sentimento dato dalla spontaneità della vita.
Una decisione cosciente che permetterà alla protagonista, interpretata da una bravissima Frances McDormand (miglior attrice protagonista), di occupare un suo posto specifico nel mondo. Un mondo che la regista Chloé Zhao (premio alla miglior regia) dipinge magnificamente, formato da distese che si perdono a vista d’occhio in una marea di colori e luci dentro cui i personaggi umani sembrano quasi degli invasori, totalmente fuori posto.
Ottimi risultati anche per The Father, che conquista la statuetta per la migliore sceneggiatura non originale. Il film riesce nel difficile compito di raccontare un argomento triste e doloroso senza risultare né troppo eccessivo né troppo distaccato. La narrazione si sviluppa in modo apparentemente sconnesso e non attendibile, sintomo di una soggettività umana malata che segue una logica disturbata da salti logici, buchi e ripetizioni.
Seguendo la relazione tra una figlia e l’anziano padre che sta deteriorando, le consuete scansioni temporali del racconto si fondono in un unico e indistinguibile blocco che non permette nemmeno di distinguere i riferimenti ambientali. Anthony Hopkins, miglior attore protagonista, offre una prestazione spiazzante, riuscendo a convincere lo spettatore a seguirlo nel suo deterioramento mentale.
La miglior attrice non protagonosta è stata Yoon Yeo-jeong in Minari, film autobiografico del regista Lee Isaac Chung (coreano-statunitense). Un racconto minimalista e bucolico sull’autenticità e sull’ottimismo. A differenza di un altro film coerano però (l’ultimo vincitore della statuetta come migliore film, Parasite), Minari non presenta una feroce critica sociale, ma si caratterizza per la messa in scena dei valori tradizionali della cultura coreana tramite gli stilemi tipici del cinema statunitense indipendente.
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A Soul sono invece andati i premi come miglior film d’animazione e migliore colonna sonora. Il film è un racconto visivo che, come ogni prodotto della Pixar, appare a prima vista rassicurante, ma che cela nella sua trama domande esistenziali come il modo per trovare una fonte di ispirazione o uno scopo nella propria vita. Il film non ha elementi rivoluzionari come ci si potrebbe aspettare, ma riesce a trasmettere un senso di pace con sé stessi.
Per i temi trattati e i riferimenti alla musica jazz, Soul è un film che sarà più apprezzato dagli adulti che dai bambini, che però potranno comunque godere pienamente della stupenda colonna sonora e delle animazioni sempre di alto livello.
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Emerald Fennel con Una donna promettente (Promising Young Woman) ha vinto il premio come miglior sceneggiatura originale. Nell’era post #MeToo, questo film ha l’obiettivo di provare a dare voce a molte storie che non sono state raccontate o ascoltate. Emeral Fennel scrive una storia diversa dai soliti archetipi, che sfugge alla rigida catalogazione classica. Promising Young Woman è infatti un film appartenente al filone revenge ma a cui sono state aggiunte tinte estremamente pop.
Una storia che colpisce lo spettatore con un forte shock emotivo, realistica e attuale. La vittima qui viene elegantemente glorificata, i carnefici spietatamente condannati.
Da segnalare anche il miglior cortometraggio animato If Anything Happens I Love You. Una rappresentazione sulle conseguenze della violenza; eppure questa ultima non viene mai mostrata. Il cortometraggio racconta una storia tanto semplice quanto straordinaria sulla perdita e sul lutto. Senza che i personaggi proferiscano mai una parola, sono i colori grigi e smorti che, insieme alla colonna sonora, espongono allo spettatore ciò che sta accadendo. La narrazione è perfettamente accostata a uno stile di animazione bidimensionale e minimalista (come i disegni di una bambina), con gli sfondi realizzati in acquarello a mostrare un ambiente crudo e rustico. Si può trovare su Netflix.
Il premio come miglior film straniero lo ha vinto Un altro giro (Another Round). La trama sembra essere quella tipica di una commedia demenziale: quattro amici insegnanti di liceo sulla cinquantina si riuniscono per cena. Scherzando, si rendono conto di come l’essere umano abbia alcune caratteristiche migliori quando ha un po’ di alcol nel corpo. Decidono quindi di bere sempre qualcosa durante l’orario lavorativo. Dietro questo espediente si cela però un tentativo (molto nordico) di cercare il contatto umano in maniera strana e, spesso, disperata. Il film mostra ovviamente le condizioni negative di questa scelta, ma esemplifica anche come in effetti l’alcol possa essere un facilitatore nei rapporti sociali.
Delusione invece per Laura Pausini, in gara come miglior canzone originale con Io sì (Seen), battuta però dal brano Fight For You tratto dal film Judas and the Black Messiah. Un film che narra una storia dal forte impatto, unendo impegno civile e cinema di genere. Un black cinema che, mai come in questa edizione degli Oscar, si sta sviluppando sempre di più.
La potenza narrativa si basa tutta sull’antagonismo tra Fred Hampton – interpretato dal miglior attore non protagonista Daniel Kaluuya – leader della sezione locale delle Pantere Nere, e Bill O’Neill (Lakeith Stanfield), infiltrato agli ordini dell’FBI. Fred incarna l’anima militante più socialista del movimento nel 1968, mentre Bill quella del borghese individualista pronto a tradire una causa a lui comunque cara. Il titolo, così come il suo sottotesto cattolico, spiegano fin dall’inizio questa dicotomia.
Tutto sommato si è trattato di una cerimonia dal risultato abbastanza scontato, senza particolari verdetti inattesi. La maggior parte dei film in gara sono di un livello decisamente alto e assolutamente godibili. Si possono trovare sulle principali piattaforme di streaming, nella speranza di poterli presto vedere anche al cinema.
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