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Abbiamo la propaganda cinese in casa

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Stefano Cavallini

Sui social, le pagine dedicate alla Cina si moltiplicano velocemente. È evidente lo sforzo di Pechino di costruirsi una reputazione positiva invadendo le piattaforme digitali. China Daily, We are China, Cina in Italia, Radio Cina International sono tutti strumenti di propaganda cinese, chi più chi meno. Il punto apicale di questa strategia è sicuramente il giornale China Daily.

Eccellenza, cuccioli e distorsione della realtà

L’attività principale di China Daily è una sola: mostrare che la Cina è un Paese perfetto ed esteticamente bellissimo che sta vivendo una nuova età dell’oro, dove tutti sono felici e contenti. Così, si magnificano i risultati della lotta alla povertà e l’innovazione tecnologica in materia di energie rinnovabili, trasporti, agricoltura, comunicazioni e infrastrutture; si esalta la storia millenaria del Paese con video e fotografie dedicate ai maggiori monumenti; si evidenziano le bellezze naturalistiche come fiumi, montagne, campi e alberi fioriti; si pone l’accento sulla tradizione gastronomica tanto decantata.

Inoltre, gli abitanti della Cina vengono presentati come esseri eccezionali, abilissimi artigiani (vasai, pittori, pastai) capaci di incredibili e meravigliose creazioni, geniali uomini d’affari, studenti ligi al dovere. Per quel che riguarda il resto del mondo invece, in generale l’attitudine è quella di riportare, oltre ai fatti troppo rilevanti per essere ignorati, solo notizie negative, come ad esempio la crisi monetaria in Libano, gli attentati in Afghanistan e la malagestione del Covid-19 in Inghilterra. In questo modo China Daily può evidenziare il contrasto tra la Cina, prospera e ordinata, e gli altri Paesi, in decadenza e preda del caos.

Le attività secondarie, che si traducono in un numero minore di post, sono invece due: pubblicare foto o video di cuccioli e distorcere la realtà. I media cinesi dimostrano di aver imparato perfettamente la lezione di Antonio Ricci e Paperissima. Ovvero: se vuoi controllare le persone, mostragli video di gattini che giocano. Così, ogni dieci-quindici contenuti appaiono sulla nostra bacheca gattini, cagnolini, panda, scimmie, uccelli, anatre o un qualsiasi altro cucciolo di animale. Questi hanno una sola funzione: rimbambire la gente e nascondere la spietata realtà del regime dietro una facciata zuccherosa di morbidosa tenerezza. L’obiettivo è quello di annullare il senso critico degli utenti e trasformarli in lobotomizzati da “buongiornissimo caffè. Il risultato è straordinario. La tattica di China Daily funziona perfettamente, soprattutto tra arabi e indiani, i quali lasciano commenti sdolcinati che sono la definizione del cringe.

Leggi anche: Cina, la linea sottile tra sorveglianza e privacy.

L’ulteriore attività secondaria è la propaganda pura e semplice, cioè l’alterazione della realtà attraverso le vignette fumettistiche. Nella quasi totalità dei casi, queste sono rivolte verso il mondo occidentale, in particolare gli Stati Uniti, accusati di dipingere la realtà della Cina in maniera calunniosa e falsa. L’opinione dell’Occidente è sempre riportata come sbagliata, quella della Cina sempre come corretta.

I gattini della propagande cinese.

La Cina è vicina

China Daily e le altre pagine che abbiamo elencato all’inizio sono belle vetrine, in cui la Cina espone i suoi pezzi pregiati, agghindati da una propaganda collaudata e studiata in ogni dettaglio. Ovviamente, non c’è mai il minimo accenno non solo a una critica, ma nemmeno a un approfondimento sugli eventi che accadono nel Paese. La profondità analitica è sistematicamente evitata.

Non si parla dei campi di rieducazione in cui sono rinchiusi gli Uiguri, delle rivolte che ogni tanto scoppiano nelle città, dei checkpoint con riconoscimento facciale nello Xinjiang, del serrato controllo dei media, degli arresti a Hong Kong, dell’IJOP, dell’espulsione dei giornalisti statunitensi, della pena di morte, dei casi di tortura, delle sparizioni forzate, della discriminazione delle persone LGBT, della sorveglianza di massa sulla popolazione, della distruzione dei templi buddisti, taoisti e delle chiese, della sinizazzione forzata delle minoranze, delle vessazioni e delle carcerazioni subite dai difensori dei diritti umani e dalle Ong.

Leggi anche: La Cina, la questione degli Uiguri e noi.

Di tutto questo non si discute, come se fosse rimosso dal ritratto che la propaganda cinese patinata e pubblicitaria dà del suo paese. Con la sua massiccia presenza sui social e le piattaforme digitali, la Cina gioca a fondo la carta del soft power, attraverso il quale cerca di costruirsi una immagine positiva (che ovviamente è solo una facciata) in campo internazionale, lanciando la sua sfida culturale agli Stati Uniti, all’Europa e soprattutto all’Italia, candidandosi a guida morale del mondo. La Cina è più che vicina, è in casa nostra.

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Stefano Cavallini

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