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Il Red Star FC: la squadra più interessante di Parigi

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Federico Baldelli

Sabato 17 aprile a Parigi c’è il sole ma fa freddo: sono allo stadio Bauer per Red Star FC-Cholet, valida per la trentesima giornata di National, la terza serie francese a girone unico. Red Star FC e Cholet sono quarti a 39 punti, e insieme a loro altre quattro squadre sono racchiuse in quattro punti a giocarsi il terzo posto, piazzamento che dà la possibilità di giocarsi i playoff promozione contro la terzultima di Ligue 2. Il Red Star, mi dicono due giornalisti venuti da Cholet, è favorito. In tribuna le interazioni con gli altri giornalisti vengono interrotte sul nascere: una signora sulla cinquantina, dopo aver portato dei panini per i giornalisti, estrae lo smartphone e fa partire dalle casse dello stadio una playlist trap mista anglo-francese, probabilmente selezionata da suo figlio.

Lo Stade Bauer e la sua playlist trap.

Il Red Star FC

Il Red Star FC è la terza squadra di Parigi dietro PSG e Paris FC, che giocano rispettivamente in Ligue 1 e Ligue 2, ma è pur sempre la più ricca di storia: viene fondata nel 1897 da Jules Rimet, che conoscete come il signore in giacca fondatore del Campionato Mondiale di Calcio, ma che al tempo aveva solo ventitré anni. Il Red Star, che inizialmente gioca all’ombra della Tour Eiffel, si stabilisce a Saint-Ouen, appena fuori dal comune di Parigi nel dipartimento 93, nel 1909. Vince cinque Coppe di Francia tra il 1921 e il 1942, ma nel dopoguerra inizia una decadenza che lo vedrà subordinato nell’ambiente parigino prima al Racing Club de France e, dopo il fallimento di quest’ultimo, al Paris Saint-Germain. Il Red Star vivrà fino ad oggi oscillando tra la terza e la seconda divisione, con annessi momenti di caduta nelle serie amatoriali.

In questi decenni di cadute e faticose riprese, il Red Star si vede costretto più volte ad abbandonare e poi a ritrovare la sua casa originaria, lo Stade Bauer: ristrutturato un’ultima volta nel 1975, diventa sempre più fatiscente, situazione peggiorata dalle tempeste che colpiscono l’Europa nel 1999. Il Bauer non è considerato a norma per la Ligue 2, e la federazione costringe il Red Star a spostarsi dalla sua casa proprio nelle stagioni più importanti, arrivando a giocare perfino a Beauvais (dove atterra Ryanair), a più di un’ora da Saint-Ouen. 

Lo Stade Bauer

Eppure, come dicono i tifosi, «Le Red Star…c’est Bauer». Mentre aspetto il fischio d’inizio lo osservo e scatto qualche foto: la tribuna ovest, scarna, scoperta e decadente, è per metà ricoperta da erbacce. Sul muro che la delimita, su un’estremità c’è scritto Bauer renovation, mentre dall’altra un graffito rosso firmato Red Star lab recita FOOTBALL CULTURE FUTURE. Un lato corto è occupato da un grande palazzo triangolare che può lontanamente ricordare le Vele di Scampia, mentre la tribuna est, coperta da una tettoia sorretta da colonne di ferro che ostacolano la vista, è quella principale. La parte dove si siede la tifoseria abituale si chiama Tribune Rino della Negra. È importante capire perché.

Rino della Negra era nato nel 1923 in Francia da genitori italiani. Era un calciatore del Red Star, ala destra, e aveva diciannove anni nel 1942 quando il Red Star vinse la sua ultima Coppa di Francia. Pochi mesi dopo Rino della Negra entra in clandestinità e va a combattere nel distaccamento italiano dei Francs-tireurs et partisans – Maind’oeuvre immigrée di Parigi. Verrà arrestato dai nazisti nel 1943, e fucilato il 21 febbraio 1944.

Il Red Star è il Bauer, e il Bauer sono i suoi tifosi: antirazzisti, solidali, popolari. Il Red Star è quindi una squadra urbana, inevitabilmente immersa nel tessuto della città che ospita la sua casa, inevitabilmente una squadra popolare. Per rendersene conto, bisogna anche comprendere cos’è Saint-Ouen.

Saint-Ouen, il 93 e il Red Star FC


Per arrivare a Saint-Ouen dal centro di Parigi si prende la linea 4 della metropolitana, direzione Porte de Clignancourt, fino al capolinea. Una volta scesi, ci si dirige verso il boulevard périphérique, che come il nome suggerisce è una tangenziale che circonda Parigi, e indica per quasi l’intero percorso il confine del comune di Parigi. Le périph è la fortificazione “aperta” che separa Parigi dalle banlieue. Spesso il périphérique marca differenze visibili a occhio nudo: fuori ci sono edifici più bassi, negozi etnici diversi, persone diverse. Chi è fuori è banlieausard, chi è dentro è parigino. Ovviamente è importante distinguere banlieue da banlieue: i dipartimenti che circondano Parigi (75) si chiamano Essonne (91), Hauts-de-Seine (92) e Seine-Saint-Denis (93). Saint-Ouen si trova nel 93 (neuf-trois), come Aubervilliers, Saint-Denis o Bobigny. È il 93 il dipartimento più povero e disagiato tra i tre.

Sarebbe sbagliato immaginarsi situazioni tragiche e catastrofiche, ma si tratta pur sempre di un contesto segnato da enormi diseguaglianze, in cui il tasso di disoccupazione si attesta a circa il doppio della media nazionale e il tasso di povertà tocca il 17,5%, con più di 280.000 persone che vivono con meno di 885 euro al mese.

Il tratto di Boulevard Phériphérique che separa Parigi da Saint-Ouen.

Popolare e locale

In questo contesto, il Red Star è immerso significativamente e interpreta il suo ruolo oltre il calcio. Tra i suoi obiettivi, quello fondamentale in un territorio come il 93: combattere le diseguaglianze.

Il Red Star Lab è un programma creato e guidato dal club in cui sono offerti laboratori culturali e artistici ai giovani del Red Star. L’obiettivo esplicito è quello di “favorire l’equo accesso alla cultura, asse centrale per l’uguaglianza di opportunità”. Gli scorsi anni hanno visto i giovani del Red Star cimentarsi nel circo, nella musica, nella cucina, nella danza, nella fotografia. Quest’anno il Red Star Lab ha subito l’impatto della pandemia, e le attività si sono inevitabilmente ridotte. «Siamo riusciti comunque a fare un atelier di eloquenza e un laboratorio d’inglese» mi dice Paul Ducassou, addetto stampa del Red Star, che mi rivela anche il recente annuncio del Red Star Music, un concorso che punta a scoprire e sostenere giovani talenti musicali nel 93.

Perfino la maglia di gara del Red Star ha trovato un utilizzo sociale e popolare: sponsorizzata VICE, oltre a essere bellissima contiene diverse immagini della storia del Club che il Red Star utilizza per fare delle lezioni di storia nelle scuole. Ovviamente, per la Seconda guerra mondiale l’immagine di riferimento è quella di Rino della Negra.

La Maillot d’Histoire.

Il legame col 93 è rappresentato anche dall’Académie de Marville, a pochi chilometri da Saint-Ouen nel comune di Saint-Denis. L’Académie è un centro di formazione in cui i ragazzi delle giovanili possono coltivare la carriera calcistica in modo professionale, continuando a frequentare la scuola e ad abitare nel loro luogo d’origine. «Molti ragazzi sono costretti ad andare in centri di formazione fuori Parigi, o addirittura all’estero. Noi perdiamo questi giocatori, e le famiglie si trovavano davanti a scelte difficili. L’accademia vuole diventare un centro di riferimento del 93, per permettere ai ragazzi di qui di poter restare». Del resto, Paul Ducassou mi fa anche notare che Mbappé, originario di Bondy nel 93, avrebbe potuto passare da Marville, se fosse esistita prima.

Ovviamente bisogna evitare di cadere nella tentazione di rappresentare il Red Star come una squadra operaia. Il campo sintetico, brutto e ormai decadente come concetto, ha il merito di non esasperare un romanticismo retorico dietro al Red Star FC che sarebbe stucchevole oltre che falso: il Red Star FC è una squadra professionistica, ha una proprietà imprenditoriale e multinazionali come sponsor (VICE e Adidas). Allo stesso tempo però è la dimostrazione che un progetto strutturato, privato e mainstream, può comunque fungere da agenzia sociale, impattare positivamente sul suo territorio e sulle diseguaglianze, e salvaguardare valori e pratiche popolari.

Squadra popolare, periodo anti-popolare

La pandemia da coronavirus ha avuto un forte impatto sul Red Star FC e sul 93. Del resto, questo si tratta del momento più anti-popolare della storia recente. Paul Ducassou mi conferma che l’impatto non è tanto sul punto di vista sportivo: tutte le squadre non hanno i tifosi, i giocatori si abituano a giocare a porte chiuse. «E poi noi abbiamo l’ultima tribuna aperta ancora aperta nel mondo: dal palazzo si affacciano sempre un sacco di tifosi, nel match contro l’Olympique Lyonnaise era pieno di gente». Da un punto di vista ambientale però, la perdita di quell’appuntamento bisettimanale al Bauer si sente, «prima c’era un fervore incredibile a ogni match». Il Red Star FC ha provato in tutti i modi a mantenere i contatti con la propria comunità, ma l’elemento che più aiuterà a tornare alla normalità è la renovation Bauer.

Dopo vent’anni, infatti, il Red Star FC ha trovato l’accordo con il comune di Saint-Ouen per la vendita dello stadio, in cui cominceranno i lavori di rinnovamento quest’estate per finire nel 2024. Il club e i tifosi hanno vissuto questo annuncio come una grande vittoria, in quanto riusciranno a preservare la loro casa senza rinunciare agli standard di uno stadio moderno. «L’obiettivo è creare uno stadio moderno, che abbia le caratteristiche tecniche adatte per Ligue 1 e Ligue 2, ma che resti al centro della città, con le stesse possibilità di accesso: vogliamo salvaguardare il nostro legame con la gente e con Saint-Ouen», conferma Paul Ducassou.

Alla fine, il 17 aprile il Red Star FC ha battuto per 3-0 il Cholet allo Stade Bauer, grazie a una prestazione solida e priva di errori. Le speranze di arrivare ai playoff, tuttavia, sono fievoli: al primo maggio, con sole tre partite ancora da giocare, ben due squadre hanno margine sul Red Star. L’obiettivo rimane la promozione però, e l’anno prossimo il Red Star si giocherà le sue chance in uno Stade Bauer pieno, anche durante i lavori di ristrutturazione. A breve uscirà un documentario di VICE TV in due puntate sul Red Star FC: l’étoile rouge farà parlare di sé.

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