Finalmente, con la calendarizzazione del voto sul cosiddetto DDL Zan, ci si poteva aspettare che le discussioni durate ormai settimane fossero giunte a una conclusione. Così non è stato. La sera del 1 maggio, infatti, sulla cornice del palco più noto d’Italia, Fedez non si è limitato ad appoggiare il disegno di legge in questione scrivendolo, come molti prima di lui, sul palmo della mano. Con quella stessa mano ha direttamente tirato un sonoro schiaffo coinvolgendo parte della politica italiana e, al contempo, la Rai stessa.
Certo, le posizioni sul tema del noto rapper-influencer, almeno per chi lo segue, non sono mai state un segreto. Tuttavia nessuno si sarebbe aspettato un monologo così diretto, fatto di nomi, cognomi e citazioni. Una presa di posizione dalla quale è difficile dissentire, che tocca temi particolarmente cari, in particolare alla popolazione giovane, che spaziano dal diritto all’uguaglianza, passando per l’aborto fino ad arrivare alla censura degli artisti.
Ma andiamo con ordine.
Già nel pomeriggio si poteva respirare l’aria tesa fra il cantante e gran parte della Lega che, giocando d’anticipo, lo aveva diffidato dall’utilizzare un palco pubblico, quello del concertone del Primo maggio, per scopi personali o politici. Di contro, Fedez aveva espresso fermamente la propria volontà nel voler portare su quel palco un messaggio o, meglio, la propria libertà di espressione premettendo, fra l’altro, di aver già ricevuto un parere sfavorevole anche dalla Rai nello stesso senso.
Il fulcro del discorso, per chi non lo sapesse, è quello della proposta di legge che prende il nome di “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità” conosciuta, appunto, per il nome del suo relatore: il deputato Alessandro Zan. Un disegno di legge che, in sostanza, è diretto alla repressione delle condotte di discriminazione, violenza e istigazione nei confronti di determinate categorie attraverso la previsione di specifiche norme incriminatrici.
Gran parte del mondo dello spettacolo, in realtà, si era già espresso in favore della legge lanciando e promuovendo l’hashtag di tendenza #diamociunamano che prevede, appunto, il richiamo al DDL Zan scritto sul palmo della mano. Questo era quello che, bene o male, tutti si aspettavano anche da Fedez. Ma così non è stato.
All’arrivo del cantante sul palco l’attenzione del pubblico non può che essere ricaduta sui fogli che lo stesso teneva in mano e che riportavano, appunto, il “discorso” che di lì a poco avrebbe tenuto. Dopo aver richiamato l’attenzione sul mondo dello spettacolo e, in particolare, sulla carenza di aiuti verso il settore chiamando in causa niente di meno che il Presidente del Consiglio Mario Draghi, il focus si è spostato sul tentativo di censura.
Il cantante, in un j’accuse nemmeno troppo velato, ha riferito di essere stato oggetto di censura da parte dell’ente pubblico per eccellenza, la Rai. Da qui si è spostato sul tema principale del proprio intervento, attaccando ancor più direttamente diversi esponenti della Lega, ma anche del Movimento Pro Vita. In un mix fra rabbia e ansia, ha snocciolato, con particolare dovizia, irripetibili commenti pubblici lasciati dagli stessi politici nei più noti social. Facendo nomi e cognomi, prova definitiva che nessuno, in particolare una carica pubblica, rimane anonimo dietro a uno schermo e toccando, perfino, il tema dell’aborto.
Non c’è da nasconderlo, Fedez ha portato sul palco un’opposizione, nel senso stretto della parola, come non si vedeva da anni in Italia.
La telefonata registrata da Fedez come la Iena più scaltra si inserisce nel dibattito alla perfezione. Unisce l’opinione su una cosa che è facile odiare: la censura. E soprattutto lega vari gruppi di interesse anche piuttosto diversificati, tutti saldi nel portare battaglia alla veneranda “Mamma” che stavolta proprio l’ha fatta grossa.
La battaglia comunicativa è già persa, perché a Fedez non verrà neanche chiesto di pubblicare la versione originale del testo che avrebbe dovuto presentare sul palco. Si è oltre il punto di non ritorno.
Ancora una volta i vertici Rai si dimostrano lenti e scomposti nel controllare la polemica, in un mondo che non parteggia più unitariamente per loro, anche grazie all’indipendenza che si può permettere. E non sono più quei quattro musicisti scalcagnati degli Elii a passare il fio della censura, ma i pezzi grossi. Fedez ha i canali per essere indipendente, e questo spaventa moltissimo, soprattutto quando distrugge gli spazi apolitici della Rai, spazi a cui la rete nazionale ha sempre tenuto molto.
La Rai si trova in una guerra che non può vincere contro una stella del panorama musicale italiano. L’opinione pubblica giovanile, a cui la Rai sta puntando attivamente per svecchiarsi, ha già uno schieramento e non cambierà idea adesso.
Paolo Cannazza e Michele Corato.
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