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Vlahovic: l’arciere serbo della Fiorentina

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Eugenio Guido

Ad appena ventuno anni l’attaccante serbo Dusan Vlahovic sembra aver conquistato la Serie A dopo un’ottima stagione con la maglia della Fiorentina.

Finora per lui diciannove reti in trentatré partite: numeri da vero protagonista. Dopo il primo gol segnato alla terza di campionato contro la Sampdoria, il giocatore ha sofferto la concorrenza e le scelte di Beppe Iachini. Il cambio sulla panchina viola, con l’arrivo di Cesare Prandelli, ha dato nuova linfa al numero nove. Il periodo d’oro è continuato anche dopo il nuovo avvicendamento tra i due tecnici.

Da metà dicembre in poi, infatti, l’attaccante ha iniziato a segnare con una frequenza da vero bomber, meritandosi l’interesse di club di primissimo livello. Prima di timbrare il cartellino nell’ultima di campionato contro il Bologna (doppietta per lui), il serbo si è tolto la soddisfazione di segnare con un cucchiaio dal dischetto nella partita contro la Juventus (sfida terminata 1-1).

Partizan e Fiorentina

È cresciuto calcisticamente nel Partizan Belgrado, squadra della città in cui è nato nel 2000 e con cui ha esordito a soli sedici anni, segnando la prima rete ufficiale in Superliga (la Serie A serba) nella prima stagione tra i professionisti.

Nel 2018 l’approdo alla Fiorentina per una cifra di poco inferiore ai due milioni di euro. Primo anno di ambientazione in primavera, poi diverse aggregazioni in prima squadra che gli hanno garantito le prime dieci presenze in Serie A.

L’anno successivo è quello della conferma in prima squadra: sei reti in trenta presenze (meno della metà dal primo minuto). Vlahovic ha sicuramente subito la concorrenza nel folto reparto viola, sapendosi ritagliare, però, spazio e, soprattutto, la riconferma per la stagione in corso.

Potenziale macchina da gol

Non solo freddo dal dischetto: Vlahovic è il classico numero nove completo. Prorompente fisicamente, ma allo stesso tempo veloce e tecnicamente dotato. Il serbo ha dimostrato di saper segnare in tutti i modi grazie alle ottime capacità di inserimento e a un tiro potente. Il gol con cui è balzato agli onori della cronaca è stato sicuramente quello segnato nel campionato scorso contro l’Inter.

Leggi anche: Il diciannovesimo scudetto dell’Inter è figlio di orgoglio e pregiudizio.

Con i nerazzurri in vantaggio per uno a zero nel finale di gara, Vlahovic prende palla a centrocampo. Lo insegue il difensore avversario Skriniar che, per evitare il fallo, cerca di fare l’unica cosa possibile: portarlo verso l’esterno.

Vlahovic, però, non è solo veloce palla al piede, tanto che il difensore avversario fatica a stargli dietro, ma anche bravo a sfruttare il corpo e il braccio per tenere a distanza lo slovacco, prima di entrare in aria ed esplodere un sinistro potente e preciso che non lascia scampo ad Handanovic.

Non troppo dissimile dal gol segnato nei primi minuti della sfida di fine 2020 contro la Juventus (il primo dei tre gol con cui la Fiorentina ha avuto la meglio sui bianconeri). Veloce ripartenza sull’asse Milenkovic-Ribery, con il francese che serve il numero nove viola. Il disperato tentativo di recupero di De Ligt è totalmente inutile vista la velocità dell’attaccante. Quest’ultimo, arrivato in area, anziché optare per la soluzione di potenza, approfitta dell’uscita dell’estremo difensore bianconero per superarlo con un colpo sotto.

Freddezza e colpi che a tratti ricordano, con le dovute differenze, uno degli idoli del serbo: Zlatan Ibrahimovic. In una recente intervista a la Repubblica, il serbo ha parlato entusiasta della maglia con dedica ricevuta proprio dallo svedese: «Mi ha impressionato la dedica: “In bocca al lupo per tutto, ti auguro il meglio”. L’ha scritta in serbo, la mia lingua. È stato unico».

Nella stessa intervista il numero nove viola ha parlato del talento norvegese Haaland, dimostrando di aver capito che per arrivare a grandi livelli il lavoro da fare è tanto e occorre migliorare ancora: «Sarò presuntuoso ma col lavoro duro e la testa giusta posso arrivare anche io. Haaland lo guardo, cerco di capire come si muove, come finalizza. Però poi mi concentro sui miei punti forti e su quelli deboli».

Già, i punti deboli. Nonostante tutto il buono che ha mostrato e l’esperienza accumulata (oltre cento da professionista a ventun’anni soltanto), Vlahovic ha ampi margini di miglioramento.

Sicuramente più continuo del passato e con una migliore freddezza sotto porta, ha ancora difficoltà nel gioco spalle alla porta che ora tanto viene richiesto alla punta centrale. Le giocate in profondità del compagno di reparto Ribery e la manovra larga che la Fiorentina esprime con i due terzini che spingono sulle fasce stanno “nascondendo” la difficoltà del giocatore in tal senso. Un ipotetico cambio di maglia, però, necessiterebbe miglioramenti importanti in quel genere di situazioni.

Allo stesso modo, la fiducia nei mezzi lo porta spesso a cercare la conclusione da posizioni complicate o dei dribbling in velocità talvolta evitabili. Piccoli difetti di gioventù che sicuramente l’attaccante saprà limare.

Quale squadra c’è nel suo futuro?

Accostato fortemente al Milan nel corso dell’anno, ora viene avvicinato a diversi club inglesi e soprattutto al Borussia Dortmund, viste le voci che danno Erling Haaland in partenza. Qualora continuasse con questo ruolino di marcia sarebbe difficile ipotizzare una sua permanenza alla Fiorentina, vista anche quest’ultima stagione tutt’altro che entusiasmante da parte dei viola.

Qualunque sia la sua prossima destinazione, la speranza è quella di vederlo in una squadra capace di valorizzarne le qualità e, al bisogno, aspettarlo. Fin troppo comune negli ultimi tempi è, infatti, l’abitudine ad etichettare immediatamente un giocatore come “campione” dopo una sola stagione. Così come, altrettanto frequentemente si etichetta come “bidone” un calciatore che patisce un avvio difficile.

Leggi anche: André Silva, ottima cessione o rimpianto Milan?

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Eugenio Guido

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