«Era la notte buia dello Stato italiano, quella del 9 maggio ’78, la notte di via Caetani, del corpo di Aldo Moro, l’alba dei funerali di uno Stato». Queste le parole che si possono sentire, pronunciate da Stefano “Cisco” Bellotti, ex frontman dei Modena City Ramblers, nel brano I cento passi del 2004. Il testo racconta la storia di Giuseppe “Peppino” Impastato, ritrovato morto proprio quel 9 maggio 1978.
Peppino Impastato nacque a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948. Sulle spalle portava «un cognome ingombrante e rispettato». Lo zio e altri parenti erano infatti mafiosi e il cognato del padre era il capomafia del paese, ucciso in un attentato nel 1963.
Fin da giovane, dimostrò intolleranza verso quel mondo. Fu cacciato di casa dal padre per dedicarsi all’attività politica nelle file della sinistra e alla lotta contro la mafia. Aderì al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria e nel 1965 fondò il giornalino L’idea di sinistra.
Per contribuire e sostenere la sua causa politica, culturale e sociale, Peppino Impastato fondò nel 1977 Radio Aut, una radio libera e autofinanziata, tramite la quale denunciava i crimini dei mafiosi di Cinisi e Terrasini. La radio aveva sede a Terrasini ed era ascoltabile sulla frequenza di 98,8 MHz nel paese e nei dintorni.
Il programma più seguito era Onda pazza a Mafiopoli. In questa trasmissione satirica in cui Peppino sbeffeggiava mafiosi e politici, il capomafia Gaetano Badalamenti fu addirittura definito in modo sarcastico «Tano Seduto». La trasmissione andava in onda ogni venerdì sera e vedeva la presenza di Peppino e altri tre colleghi.
La radio cessò le trasmissioni qualche mese dopo la morte di Peppino Impastato. Il suo omicidio non destò molto clamore all’epoca, poiché, in quelle stesse ore, veniva rinvenuto in Via Caetani a Roma, nella Renault 4 rossa, il corpo dell’onorevole Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse.
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Nel 2010 iniziarono le trasmissioni di Radio 100 Passi, una webradio nata dall’impegno di Danilo Sulis, amico di Peppino Impastato. Lo scopo della radio è quello di continuare il percorso di lotta e denuncia alla mafia intrapreso da Radio Aut più di trent’anni prima. Dal 2014, la radio ha sede nella ex casa del boss Badalamenti, oggi bene confiscato.
Nel 1978 Peppino Impastato si candidò nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Non fece in tempo a sapere l’esito delle votazioni. Nonostante i diversi avvertimenti durante la campagna elettorale, tutti ignorati, decise di andare avanti. La notte tra l’8 e il 9 maggio 1978 venne ucciso da Gaetano Badalamenti.
Fu inscenato un suicidio con il suo cadavere, ponendo una carica di tritolo sotto il suo corpo, adagiato sui binari della ferrovia, al fine di distruggerne anche l’immagine pubblica. Non riuscirono. In consiglio comunale, gli elettori di Cinisi votarono simbolicamente il nome di Peppino Impastato, eleggendolo in municipio come consigliere.
La matrice mafiosa del delitto emerse per merito del fratello Giovanni e della madre Felicia, che presero pubblicamente le distanze dalla propria famiglia mafiosa. Sulla base della documentazione da loro raccolta, si riaprì l’inchiesta giudiziaria.
Nel maggio del 1984 l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo emise una sentenza che riconosceva la matrice mafiosa del delitto, con attribuzione però a ignoti. Il processo era stato iniziato dal giudice Rocco Chinnici, assassinato nel luglio 1983, e la sentenza fu firmata da Antonino Caponnetto, che subentrò a Chinnici dopo la morte dello stesso.
Nel giugno del 1996 il collaboratore di giustizia Salvatore Palazzolo indicò Gaetano Badalamenti, insieme al suo vice Vito Palazzolo, come mandante dell’omicidio di Peppino Impastato. I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione Comunista, il Comune di Cinisi e l’Ordine dei giornalisti si costituirono parte civile.
Nel marzo 2001 la Corte d’assise condannò Vito Palazzolo a trent’anni di carcere e nell’aprile 2002 Badalamenti venne riconosciuto colpevole e condannato all’ergastolo.
La storia di Peppino Impastato e di Radio Aut è stata raccontata nel film di Marco Tullio Giordana intitolato I cento passi, vincitore del premio per la migliore sceneggiatura al Festival di Venezia del 2000.
Non ci si deve mai dimenticare che «la mafia è una montagna di merda».
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