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Spettacolo

Franco Battiato, anarchico del pensiero e proletario dello spirito

Published by
Michele Larosa

Prima idolo e ideologo della nuova destra, poi assessore per il centro-sinistra. In un’Italia spaccata fra Est e Ovest tutti hanno tentato di tirare per la giacca uno dei pochi intellettuali non apertamente politicizzati, Franco Battiato.

Ma dove sta la verità?

DESTRA

«Alexander Platz / Auf Wiedersehen / C’era la neve / Faccio quattro passi a piedi / Fino alla frontiera / Vengo con te». Con questo ritornello Franco Battiato intonava nello struggente brano Alexander Platz la drammatica situazione nella capitale della Germania comunista nel 1989, anno di caduta del muro. Una Berlino Est dipinta da dietro le sbarre della metaforica prigionia del regime, in un’atmosfera che sembra uscita dal romanzo 1984. La fine di un percorso di descrizione del socialismo sovietico già iniziata dal Maestro con Prospettiva Nevskij, brano contenuto nel primo timido successo di Battiato Patriots e che descrive San Pietroburgo dopo la Rivoluzione d’Ottobre, la protesta che nel 1917 portò all’instaurazione del regime comunista russo. Una San Pietroburgo fredda, tetra, deserta e angosciosa, dove «è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire».

La copertina dell’album Patriots.

Un metaforico viaggio che porta Battiato da un lato all’altro del Blocco Orientale lungo oltre settant’anni di socialismo, inframezzati da «chi scappava in occidente» in Radio Varsavia e «l′imperialismo degli invasori russi» di L’esodo.

Un’anima sicuramente anticomunista quella che emerge da questo Battiato, che unita a qualche ospitata alle feste di Alleanza Nazionale e a una verve tradizionalista, a volte addirittura sconfinante nel reazionario, aveva attirato sul siciliano le simpatie della destra post anni di piombo. Battiato si è infatti spesso scagliato contro la deriva che secondo lui stava prendendo la civiltà occidentale, fondata sull’illusione, e dove «non c’è più rispetto per nulla e per nessuno»; arrivando poi a cantare «Nei valori tradizionali/Il senso di una via» ne Il mito dell’amore.

A testimone di questa volontà restauratrice Battiato identificherà anche, a mo’ di provocazione, nei faraoni egizi e nei re-sacerdoti indiani i suoi modelli politici; in un’ideale di compenetrazione fra il potere temporale e quello spirituale che avrà il suo manifesto nella celebre canzone L’era del cinghiale bianco, dove Battiato rifacendosi a miti e leggende celtiche auspica un ritorno all’«era del cinghiale bianco», un’epoca mitologica durante la quale ogni uomo raggiunge la conoscenza assoluta in senso spirituale. E infine i suoi modelli filosofici, l’esoterista Renè Guènon, che Battiato cita in Re del Mondo e Magic Shop; Ezra Pound, da cui discende il nome del partito di estrema destra CasaPound; e infine Gurdjieff. Tutti filosofi più o meno legati ad ambienti di destra.

SINISTRA

Alle speculazioni riguardo delle sue presunte simpatie per la destra ha risposto invece lo stesso Battiato: «Io di destra? Ma se non sono mai stato di destra in vita mia». Un attivo antiberlusconismo ha poi caratterizzato una parte dei suoi ultimi decenni di vita. Il cantautore siciliano ha infatti spesso criticato il Cavaliere sia per la sua attività politica che per la sua attività di editore; reo secondo Battiato di contribuire con la televisione spazzatura all’impoverimento culturale dell’Italia.

Battiato ha poi chiarito del tutto la questione dicendo: «Qualcuno si è inventato la storia per cui sarei di destra, non è vero. Se uno legge bene le mie cose sa da tempo che sono un proletario dello spirito. Sono sempre stato vicino a una certa sinistra; non certo quella sovietica; la sinistra dei diritti e delle libertà». Diritti e libertà, come quelli che difendeva il Partito Radicale di Marco Pannella, l’unico a favore del quale Battiato si sia mai apertamente schierato, sostenendolo in numerose battaglie. Non proprio un partito di sinistra, ma certamente lontano dalla destra sociale alla quale il cantante veniva accostato.

Poi arriva la definitiva discesa in politica, nella sua Sicilia come Assessore regionale al turismo, allo sport e allo spettacolo, nella giunta di centro-sinistra guidata da Rosario Crocetta. Un’avventura che dura però pochissimo. Infatti il 26 marzo 2013, pochi mesi dopo la nomina, Battiato dice al Parlamento Europeo: «Queste troie che si trovano in Parlamento farebbero qualsiasi cosa. È una cosa inaccettabile, sarebbe meglio che aprissero un casino». Una frase sicuramente provocatoria ma sicuramente non con intento misogino: con «troie», infatti, Battiato intende coloro che in politica si svendono. Ma le intenzioni non bastano, il cantautore siciliano viene investito da una primordiale ondata di politicamente corretto, e il Presidente della Regione Sicilia Crocetta gli revoca l’incarico.

Franco Battiato nella veste di assessore.

BATTIATO

Ma la verità è che Franco Battiato non era né a destra né a sinistra. Franco Battiato per sua stessa ammissione era in alto. Attento osservatore della politica italiana da una posto in tribuna d’onore, come un’eremita nel suo rifugio di Milo; sempre pronto però a scendere metaforicamente dal suo eremo per “bacchettare” la nostra, secondo lui sempre più inadeguata, classe politica. Con i suoi versi in Povera Patria alle porte di Mani Pulite aveva già condannato con mesi d’anticipo una politica ormai marcia: «Povera patria! / Schiacciata dagli abusi del potere / Di gente infame, che non sa cos’è il pudore / Si credono potenti e gli va bene quello che fanno / E tutto gli appartiene».

Un concetto che ritroviamo a ritroso in uno dei più grandi successi del Maestro, Bandiera bianca: «Quante squallide figure che attraversano il Paese / Com’è misera la vita negli abusi di potere / Sul ponte sventola bandiera bianca». Bandiera bianca, come bianco era il pensiero di Battiato, privo di qualsivoglia preconcetto e sempre pronto ogni giorno a colorarsi di qualcosa di nuovo, in piena libertà. Perché la vera costante della vita e della carriera di Franco Battiato è sempre stata la libertà più totale. Un’anarchia di pensiero che musicalmente gli ha permesso di viaggiare fra i generi più disparati, e che si è pesantemente riflessa sulla sua vita e sul suo pensiero.

Un libero pensatore, questo e nient’altro era Franco Battiato; capace di sgattaiolare fra le maglie di chi cercava di ingabbiarlo in questo o quello schieramento. Capace di passare da un concerto per il Papa alla Festa dell’Unità, con in mezzo un convegno di Alleanza Nazionale. La libertà che cantava in Re del Mondo, dove delle entità superiori tolgono agli uomini il libero arbitrio, la possibilità di trovare la retta via attraverso i mezzi che reputa più opportuni. La stessa libertà di pensiero e di lingua ha posto fine alla sua carriera politica; ed è la stessa libertà che probabilmente lo ha reso eterno.

Leggi anche: Franco Battiato non è morto, è nell’Ombra della luce.

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Michele Larosa

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