Il 7 maggio 2021 è uscito Paesaggio dopo la battaglia, il quinto album di inediti (e il primo da solista) di Vasco Brondi. Il lavoro segue Talismani per tempi incerti, raccolta live del tour dell’estate 2020. Nella prima tiratura limitata, la versione LP presenta il vinile trasparente, mentre il CD è a forma di libro e contiene Note a margine e macerie, «un diario on the road in un’Italia deserta».
Il disco è stato autoprodotto da Cara Catastrofe e distribuito da Sony. Ha visto la direzione artistica di Taketo Gohara e Federico Dragogna e la partecipazione di musicisti di rilievo internazionale, come Mauro Refosco (Red Hot Chili Peppers, David Byrne), Paul Frazier (David Byrne), Enrico Gabrielli e Alessandro “Asso” Stefana (PJ Harvey, Vinicio Capossela, Mike Patton).
Paesaggio dopo la battaglia è il racconto della pace incerta che c’è dopo ogni battaglia. È il racconto di un’Italia tra «mille governi, mille profeti […] tra ristoranti e cuori sempre aperti», ma è anche il racconto di una città aperta, una bella dichiarazione quasi post-bellica del fatto che la battaglia sia (quasi) finita. Emblematica la copertina dell’album. Una foto inedita scattata dal fotografo reggiano Luigi Ghirri nel ferrarese, terra di origine di Vasco Brondi, che mostra una Fiat Panda nella “bassa”, con alle spalle quello che sembra essere l’inizio (o forse la fine) di un temporale.
Se dovessimo indicare tre brani da ascoltare assolutamente, questi sarebbero, in ordine rigorosamente casuale, Chitarra nera, 26000 giorni e Paesaggio dopo la battaglia.
Chitarra nera è il primo singolo estratto da Paesaggio dopo la battaglia. Una poesia accompagnata da una chitarra, più che una canzone vera e propria. Ha dichiarato lo stesso Vasco: «L’ho scritta senza neanche pensare alla forma che dovrebbero avere le canzoni. È uscita serena e lancinante, già fatta, senza rispettare nessuna regola musicale o di metrica». Come tutti i brani firmati dal ferrarese, è da interpretare. Pare chiaro però il riferimento alla pandemia e alle problematiche legate alle carceri italiane: «Ho saputo quello che è successo, me l’hanno detto. Se eri fortunato, finivi a Bollate, non a Ferrara nella casa circondariale. Lì era una casa di reclusione, c’erano docce più calde, più attività da seguire. Era più facile da sopportare».
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26000 giorni è la traccia che apre l’album. Come scritto su Note a margine e macerie, il brano si intitola in questo modo poiché Vasco Brondi ha letto «da qualche parte» che ventiseimila giorni, ovvero settantuno anni, è la speranza di vita media mondiale. Scrive: «In termini di giorni, suona più fragile la vita, diventa quasi un’emergenza. Avere letteralmente i giorni contati dà più valore a tutto». A chiudere il brano, la frase del regista teatrale Jerzy Grotowski: «Siamo qui per rivelarci, non per nasconderci».
Paesaggio dopo la battaglia è la title track dell’album e racconta l’Italia colpita dal virus, «in fila indiana a fare la spesa». Non manca però la speranza, rappresentata dall’immagine di una persona sotto le macerie che cerca aiuto, chiamando un nome. L’immagine di un’Italia maledetta, benedetta e solitaria nel paesaggio dopo la battaglia.
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Difficile non cercare un confronto con Le luci della centrale elettrica. Vasco è (e sempre sarà), in qualche modo, Le luci della centrale elettrica. Ma non sono loro, non è più il Vasco Brondi de Le ragazze stanno bene o di Cara catastrofe. Un nuovo inizio, più elettronico, pop e musicalmente cosmopolita, già iniziato nel 2017 con Terra.
Il disco è accompagnato da un piccolo e denso diario: Note a margine e macerie.
Nello spazio di poche pagine sono condensati i pensieri dell’artista, ordinati in maniera sparsa nei suoi viaggi lungo l’Italia e non solo. Si parte da Ferrara, quando Brondi sta iniziando a costruire l’album, ma si finisce fino in India, seguendo un fiume a tratti calmo e a tratti in piena.
L’acqua ben rappresenta il flusso di coscienza in cui Vasco vuole immergersi. Come quando decide di immergersi con i piedi nella melma di un canale di pianura, come quando raggiunge il lago sacro nei pressi di Tso Pema in India o quando arriva fino a Lampedusa, circondata dal mare, per vedere con i suoi occhi cosa sta accadendo su quella minuscola isola sovraffollata.
Lo stile è diaristico. Mancano riferimenti di tempo e talvolta la linearità è interrotta da sprazzi di ricordi lontani che si fanno nuovamente presenti nella vita del cantante. Parla delle sue ispirazioni, del confronto con gli artisti che l’hanno affiancato e guidato in prima linea lungo la creazione del disco.
In questo modo album e diario si fondono in un’opera unica, che sì, può essere ascoltata e letta in momenti separati, ma che diviene completa solo quando le parole della pagina si riflettono nei versi dei testi. Così il cerchio si chiude e ci si ritrova a viaggiare con Vasco, ad ascoltare le sue avventure.
«Questo forse è un disco sulla resistenza umana, su persone fiduciose e in ricerca in Italia, in India, in Francia, in America. La voce si muove in uno spazio sacro tra i cori, tra i mellotron, tra gli archi. Naviga a vista in un cielo bianco, in questi tempi incerti».
I paesaggi che l’inchiostro trascina e dipinge sulla pagina sono lo sfondo della genesi del disco. In questo diario il tema principale è proprio l’avventura di scrivere testi, ispirati da libri, altre canzoni, immagini. Non ci sono solo i passi in avanti e le conquiste, anzi. Spesso si torna indietro, a rimaneggiare testi, fino a cancellarne alcuni dalle tracce del disco.
Sono diversi i passaggi in cui Vasco lascia un’atmosfera allegra per rivolgersi a un momento cupo, di chiusura e di pura riflessione.
Di cielo in cielo l’artista racconta cambi di programma, scelte che tardano ad arrivare e pause mentali volute dall’ispirazione.
Quasi a metà del diario si apre una meditazione sulla genesi di questo ultimo lavoro: «Dal tour del 2018 e per tutto il 2019 non ho più suonato e non ho neanche toccato una chitarra. Mi sono allontanato completamente dalla musica, o forse è lei che si è tenuta alla larga da me».
Questo è uno dei grandi cerchi concentrici che guidano tutta la stesura diaristica. Vasco racconta quanto sia difficile e altalenante il rapporto con la musica, così presente in tutta la sua vita e che a tratti invece appare così lontana.
Però, quando la creatività colpisce, l’unica cosa che un artista può fare è lanciarsi a capofitto nell’ispirazione per vederla infine realizzata. E così il diario racconta anche di una corsa contro il tempo per mettere insieme tutti i pezzi di una vera e propria battaglia.
Note a margine e macerie non è solo un diario della battaglia intimistica di un cantante italiano. La vita quotidiana infatti è completamente immersa nell’attualità.
Spesso la riflessione personale si apre sul paesaggio reale del Paese. In questo piccolo libro si condensano tutti gli avvenimenti che hanno segnato l’ultimo anno, a partire dal lockdown totale dei primi mesi del 2020 fino alle piccole, centellinate aperture che precedono l’uscita del disco.
Qui vi è il secondo grande cerchio entro il quale gravitano le vicende raccontate dall’artista, che spesso si trova a dover e voler viaggiare attraverso un’Italia che sembra quasi sospesa. «Ma questo non è tempo sospeso», riflette l’artista, «non siamo in stand-by, anche questa è vita. Non è un periodo irreale ma è la realtà che sfonda le nostre illusioni di controllo».
Dunque l’artista è anche il protagonista di questa avventura, di questa battaglia vissuta attraverso le canzoni e i testi che compone.
Alla fine dello scontro lo attende un paesaggio che sa di pioggia, con le nuvole ancora grigie per la rabbia che si allontanano aprendo il cielo.
Artista e ascoltatori stanno lì ad ammirare quella quiete che apre la strada, quando arriva una vecchia Panda, pronta ad andare incontro alla prossima battaglia.
Valentina Calissano e Marco Capriglio
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