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Spettacolo

Exuvia, il disco del cambiamento di Caparezza

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Giacomo Castiglioni

Il 7 maggio è uscito Exuvia, il nuovo album di Michele Salvemini, in arte Caparezza. Per l’artista pugliese si tratta dell’ottavo album in studio, a quasi quattro anni di distanza dal precedente, Prisoner 709. Il titolo del disco fa riferimento al processo con cui diversi insetti compiono la muta, fenomeno noto in biologia con il termine “esuvia”, in latino “exuvia”, che comporta il cambiamento dell’intero esoscheletro, abbandonato dall’insetto lasciandosi dietro un calco perfetto del proprio corpo.

Exuvia è un concept album, un album in cui tutte le canzoni sono collegate tra di loro da una storia o da un tema. Il concept del disco, il cambiamento, si riflette anche nella copertina. Il simbolo presente su di essa – due cerchi concentrici collegati da delle spirali – rappresenta infatti il passaggio tra due condizioni (i due cerchi) attraverso un processo di morte e rinascita, di cui la spirale è simbolo in molte culture.

La copertina di Exuvia. Foto: pagina Facebook ufficiale di Caparezza.

Da Prisoner 709 a Exuvia

Exuvia è il seguito di Prisoner 709, come affermato dallo stesso Caparezza in diverse interviste. Se Prisoner 709 raccontava la prigionia – soprattutto mentale – in cui l’artista si sentiva intrappolato, Exuvia racconta invece la sua fuga verso la libertà. La storia del disco è quindi quella di un fuggiasco che evade dalla prigionia per addentrarsi in una foresta dove far perdere le proprie tracce. Attraverso la metafora del prigioniero in fuga, il rapper e cantautore pugliese mette dunque in scena la sua personale exuvia, il suo percorso verso il cambiamento, verso una nuova fase della sua vita, artistica e personale.

L’inizio di questo percorso, come detto, può essere individuato nel finale dell’album Prisoner 709, nella canzone Autoipnotica. Sul finire del brano, infatti, Caparezza annunciava l’avvenuta evasione del sé stesso prigioniero e l’inizio della sua fuga: «Fuggo da me stesso come se / Costui mi volesse un po’ come sé / Quando un uomo cresce come me / Il rischio può correre, perciò dovrò correre».

Leggi anche: La metamorfosi di Caparezza (e dei suoi concerti).

L’album, traccia per traccia

È proprio con la fuga dal sé passato che si apre Exuvia. Nella prima canzone del disco, Canthology, il rapper compie un caotico viaggio a ritroso nella propria carriera come Caparezza, attraverso una serie di citazioni dai suoi precedenti sette album. Il brano costituisce una presa di coscienza di ciò che è stato, di un passato in cui l’artista fatica a identificarsi ancora. Il «get away» del ritornello rappresenta perciò la volontà di Caparezza di evadere dal vecchio sé, anche a costo di perdersi nell’imprevedibilità della foresta. La sensazione di incertezza è ben rievocata dalla parte strumentale della canzone (che a tratti ricorda il sound dei Pink Floyd), con il basso di Matthew Marcantonio dei Demob Happy – sua la voce nel ritornello – a delineare l’atmosfera alternative rock del brano.

Con la seconda canzone dell’album, Fugadà, ha inizio la fuga vera e propria. Il brano, dal ritmo irrequieto, si apre con una voce femminile, il richiamo della selva, seguita da alcuni versi del poeta toscano Dino Campana, nelle cui opere spesso ricorre il tema della fuga: «Me ne vado per le strade strette, oscure e misteriose / Non c’è un cane, qualche stella nella notte fantasiosa».

La traccia successiva, Una Voce, è uno skit – un breve intermezzo – che introduce la quarta canzone del disco, El Sendero. Il brano, che vede la collaborazione della cantautrice messicana Mishel Domenssain, è uno dei più suggestivi dell’intero album: dopo la fase più concitata della fuga, la corsa, è tempo per il fuggiasco di camminare e di intraprendere un sentiero. Caparezza cerca quindi il proprio sentiero, tra quelli presi da suo padre e da suo nonno – le cui storie sono raccontate nella canzone – e quelli che l’artista pugliese può solo limitarsi a immaginare: «Non ho mai lasciato la Nigeria / Con i miei risparmi chiusi dentro il palmo / Non ho mai sfidato la miseria / Nei deserti caldi chiuso dentro un camion». La risposta sembra essere quella di mettersi in cammino qualunque sia il sentiero percorso, come cantato dalla ospite della traccia nel ritornello: «Camina, guerrero, camina / Por el sendero del dolor / Y la alegría / Camina».

Nel brano che chiude la prima parte del disco, Campione dei Novanta, Caparezza rivolge un ultimo sguardo al passato, questa volta chiamando in causa il suo vecchio alter-ego Mikimix, nome d’arte con cui aveva iniziato, con scarso successo, la carriera musicale negli anni Novanta. La canzone, una delle migliori dell’album, rappresenta un elogio del fallimento, un’accettazione del proprio passato anche a distanza di anni. L’artista pugliese, infatti, si è sempre vergognato della sua precedente identità musicale pop rap, con cui però sembra finalmente essersi riappacificato, riconoscendola come un primo passo, seppur falso, del suo percorso artistico: «Sai, a volte il traguardo comincia da un passo falso».

Leggi anche: «Non ascolto trap e indie. Il rap rimarrà». theWise incontra Murubutu.

La tracklist dell’album. Foto: pagina Facebook ufficiale di Caparezza.

La parte centrale dell’album vede invece Caparezza riflettere sul presente. Un presente fatto di contraddizioni, come in La Matrigna (Skit) e nell’ipnotica e tribale Contronatura, dove il rapper ragiona sulle contraddizioni insite nella natura stessa, con riferimenti che vanno dal Dialogo della Natura e di un Islandese di Giacomo Leopardi agli spiazzanti monologhi di George Carlin. Un presente fatto di scelte, come in Marco e Ludo (Skit) e La Scelta, altro pezzo forte dell’album, dove Caparezza, giunto a un metaforico bivio, mette in scena i propri dubbi, indeciso se continuare a fare musica fino alla morte come Ludwig van Beethoven (Ludo) o invece ritirarsi dalle scene come Mark Hollis (Marco), compianto leader dei Talk Talk: «Non serve nient’altro che fare una scelta / Patetica, eroica / Questa è la mia vita non dimenticarlo». Scelte, dunque, da comprendere e rispettare, in ogni caso.

Dopo le ulteriori contraddizioni personali (Azzera Pace, al contrario E Caparezza) e artistiche (Eyes Wide Shut, ispirata all’omonimo film di Stanley Kubrick), il disco entra nella sua ultima parte, dedicata al tempo e ai cambiamenti che il suo scorrere comporta. In Come Pripyat Caparezza esprime le sue difficoltà nel rapportarsi con una realtà sociale e politica che muta ma rimane immobile, proprio come la città fantasma di Pripyat dopo il disastro nucleare di Chernobyl. In particolare, l’artista pugliese fa riferimento all’ondata di populismo che negli ultimi anni ha travolto il dibattito politico, portando, ad esempio, anche il Sud Italia a votare Lega. La canzone è una delle più interessanti dell’album anche dal punto di vista musicale, con un’atmosfera anni Ottanta à la Daft Punk e The Weeknd e il suono del contatore Geiger (strumento usato per misurare le radiazioni) in sottofondo, omaggio al brano Radioactivity del gruppo tedesco dei Kraftwerk, di cui Caparezza si è più volte detto grande ammiratore.

Leggi anche: Pripyat oggi: l’umanità spazzata via da Chernobyl.

Una delle frasi cardine del disco si trova invece nella successiva traccia, Il mondo dopo Lewis Carroll, un’immaginaria lettera rivolta all’Alice del famoso romanzo di Carroll Alice in Wonderland che nella canzone impersonifica la Meraviglia, la capacità di meravigliarsi e di stupirsi, persa dall’artista e motivo del suo vagare nella selva: «Dove sei, Meraviglia?».

L’album si chiude con un’altra lettera, questa volta al tempo (Zeit!, “tempo” in tedesco), ispirata a La lettera al padre di Kafka, seguita dai due brani finali dell’album, La Certa ed Exuvia. Uno dei più bei testi mai scritti dal rapper e cantautore pugliese, La Certa vede l’artista riflettere sulla morte, vista come forza positiva, motivatrice che spinge a vivere la vita fino in fondo, vero motore del cambiamento: «Prima che l’uscio si chiuda / Voglio che tu viva la tua vita proprio come se ne avessi una».

Cambiamento che finalmente avviene nell’ultima canzone del disco, Exuvia. Un cambiamento difficile, scomodo (come sottolineato anche dall’atmosfera inquieta del brano e dal suo tempo, un quasi impercettibile 7/4), ma per Caparezza necessario: «Chi ti spinge dopo quella soglia? / Se non è la noia sarà il tuo dolore / L’occasione buona per andare altrove, tipo fuori / Fuori di me, Exuvia».

Exuvia e il cinema di Fellini

Exuvia è un vero e proprio racconto musicale e presenta come tutti gli album di Caparezza numerosi riferimenti al cinema e alla letteratura. Oltre a quelli già citati in precedenza, uno dei più evidenti è sicuramente la selva: tema ricorrente in molte opere letterarie, da Dante ad Ariosto, fa da sfondo all’intero tragitto del disco ed è da sempre il luogo dei dualismi – meravigliosa di giorno e inquietante di notte – metafora della vita stessa con i suoi momenti sia di allegria che di sconforto. Qualsiasi sarà il suo prossimo passo dopo questo disco, in Exuvia il rapper e cantautore pugliese riflette infatti ancora una volta sul suo continuo perdersi e ritrovarsi, come in una foresta, tra l’essere Michele e l’essere Caparezza. Ed è proprio il rapporto tra artista e persona ad aver ispirato il disco.

Tra le principali fonti d’ispirazione di Exuvia c’è infatti il cinema di Federico Fellini, in particolare uno dei suoi film più noti e apprezzati, . Il film vede per protagonista un regista in crisi che non riesce a girare il suo nuovo lungometraggio perché continuamente in preda a dubbi e perplessità sul suo lavoro e su sé stesso, e che rimane quindi sospeso in questo limbo di incertezza: vorrebbe agire ma non sa come. Nell’album il film viene citato nel brano Eterno Paradosso: «Cito sempre / Non ho più niente da dire ma / Ma voglio dirlo lo stesso», traendo spunto da uno dei dialoghi della pellicola.

Un ultimo riferimento al capolavoro di Fellini si può infine trovare in coda al disco, negli ultimi secondi della canzone Exuvia. È possibile udire infatti un rumore proprio sul finire della traccia che, se ascoltato senza cuffie o in modalità di riproduzione mono, si rivela essere un breve messaggio nascosto: «Ricordati che è un disco allegro». Il messaggio – che potrebbe in un primo momento spiazzare data l’atmosfera inquieta del brano e dell’intero album – rappresenta in realtà la giusta dose finale di leggerezza e ironia in fondo al tortuoso viaggio nella foresta, ispirandosi ancora una volta a . Infatti, pare che durante le riprese del film Fellini avesse fatto attaccare alla macchina da presa un foglio con la scritta «Ricordati che è un film comico», proprio per evitare che la pellicola prendesse una piega troppo malinconica.

Exuvia è questo: un disco che tratta tematiche non leggere, ma con la giusta leggerezza; un disco introspettivo, ma in cui rispecchiarsi; un disco che parla di contraddizioni, ma con una narrazione coerente; un disco che invita a perdersi, ma anche a ritrovarsi; un disco che abbraccia il cambiamento, ma senza rinnegare il passato; un disco con testi su cui riflettere, ma con musiche su cui cantare e ballare. Il disco di Michele Salvemini, in arte Caparezza.

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