Come descrivere Bayard Rustin, attivista per i diritti LGBT e degli afroamericani, una volta membro del Communist Party USA e in seguito neoconservatore e sostenitore di Reagan? Controverso è il primo aggettivo a venire in mente, ma sarebbe errato ritenerlo un opportunista pronto al saltare sul carro dei vincitori. Prima di tutto, ripercorriamo la sua storia.
Bayard Rustin nasce nel 1912, nella città industriale di West Chester, Pennsylvania. Suo padre lascia presto la famiglia e Bayard eredita il cognome della madre Florence, vivendo nella grossa casa dei facoltosi nonni materni. Florence è una quacchera e un’attivista della National Association for the Advancement of Colored People [la più influente associazione per i diritti civili, soprattutto degli afroamericani, N.d.R.]. Il grande intellettuale nero W.E.B. Du Bois frequenta assiduamente la casa dei Rustin. Queste influenze portano Bayard a diventare un attivista in età precoce, e a scuola raduna i compagni per protestare contro le odiose leggi segregazioniste vigenti a West Chester.
A ventiquattro anni viene cacciato dal college di Wilberforce, prestigiosa università per studenti afroamericani, dopo aver organizzato uno sciopero studentesco contro la pessima qualità della mensa scolastica. Si trasferisce a Harlem per studiare al City College di New York e diventa membro del Communist Party USA, formazione che lascia rapidamente per collaborare con il sindacalista afroamericano Asa Philip Randolph. Insieme, durante la seconda guerra mondiale, organizzano una marcia su Washington per forzare il governo statunitense a mettere fine alla discriminazione razziale nell’industria bellica e nelle forze armate. Roosevelt concede la prima richiesta e Randolph mette via la marcia, ma Rustin protesta vigorosamente: si deve continuare a combattere.
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Rustin continua la sua lotta politica con azioni eclatanti: nel 1942 sale a bordo di un autobus segregato, rifiutando di sedersi in fondo. La polizia lo arresta e lo percuote prima di rilasciarlo. Predica la non-violenza e fa obiezione di coscienza alla coscrizione, e viene arrestato di nuovo. In prigione, protesta contro la segregazione della mensa dei detenuti. Rilasciato nel 1946, viaggia tra Africa e India denunciando il colonialismo britannico, finendo arrestato più volte dalle autorità locali.
Negli anni Cinquanta Bayard Rustin è tra i maggiori promotori delle campagne dei Freedom Riders, attivisti afroamericani che violano scientemente le leggi segregazioniste in materia di transporti pubblici, sedendosi nei posti riservati ai bianchi. La sua carriera da attivista lo porta a conoscere Martin Luther King e a convincerlo della bontà di un approccio non-violento e gandhiano alla contestazione delle ingiustizie. Fino a quel momento, King teneva in casa una pistola per difendersi. King è affascinato dalle abilità organizzative di Rustin e vorrebbe “assumerlo” come collaboratore nelle sue campagne, ma l’aderenza di Rustin a pittoresche correnti socialiste alternative e la sua controversa sessualità finiscono per dissuadere il reverendo.
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Legandosi politicamente ai movimenti sindacalisti americani negli anni Sessanta, in maggioranza composti da operai bianchi, Rustin rifiuta le identity politics del movimento Black Power e promuove invece una forma di solidarietà trasversale tra i lavoratori americani. Le sue posizioni di centrosinistra e la sua difesa dell’intervento di LBJ in Vietnam, occasione in cui Rustin offre delle feroci critiche contro la New Left, avvicinano lui e altri falchi liberal al nascente movimento neocon. Tale scuola di pensiero, codificata dall’accademico Irving Kristol, pone particolare enfasi sulla politica estera e sull’uso accentuato degli interventi militari come strumento d’imposizione dei valori liberaldemocratici americani. A capo del collettivo Social Democrats USA, Rustin guida una fazione di socialisti dissidenti verso quella che considera una deriva sottilmente filosovietica e terzomondista del movimento hippie e delle nuove controculture.
Rustin scrive alcuni articoli per Commentary, il magazine di Norman Podhoretz, e sposta le sue attenzioni alla politica estera: è un fiero sostenitore di Israele durante la guerra del Kippur e attacca le attività militari sovietiche e cubane in Etiopia e Angola, descrivendole come una forma di imperialismo marxista compiuto ai danni delle popolazioni africane. Collabora con un altro grande falco “di sinistra”, il senatore Henry “Scoop” Jackson, nella redazione dell’emendamento Jackson-Vanik che pone pressione sul trattamento degli ebrei in URSS, impossibilitati a emigrare in Israele.
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Nonostante l’aderenza al movimento neoconservatore, Rustin non abbandona la comunità LGBT. Negli anni Ottanta lui e il suo compagno Walter Naegle si battono per i diritti gay, le unioni civili e l’adozione da parte di coppie omosessuali. In un’intervista del 1986 dichiara che le persone omosessuali sono «i nuovi negri», a causa dell’assenza di legislazione volta a contrastarne la discriminazione. È particolarmente attivo nel sensibilizzare la NAACP e altri gruppi storicamente afroamericani sull’epidemia di AIDS che falcidia le comunità queer d’America. Rustin crede che, senza una reale accettazione e rispetto dei sieropositivi da parte la società, gli sforzi per combattere la malattia rimangono futili.
Rustin scompare un anno dopo in un torrido agosto di New York, vittima di un’appendicite fulminante. Viene elogiato dall’allora presidente Ronald Reagan, che celebra la sua carriera come attivista per i diritti civili e combattente per la democrazia, ma glissa ampiamente sul suo legame all’attivismo gay. Nell’epoca reaganiana, che vedeva una forte opposizione della comunità afroamericana alle politiche dell’amministrazione, l’approccio moderato e di coalizione interrazziale promosso da Rustin era spesso considerato l’unica via fattibile per migliorare la condizione delle minoranze etniche.
Il controverso, e per alcuni versi catastrofico, lascito del movimento neoconservatore ha danneggiato particolarmente l’immagine postuma di Rustin, messo normalmente in secondo piano rispetto al sempreverde King, al rivoluzionario Malcolm X e al grande politico John Lewis. Nonostante ciò, le grandi intuizioni organizzative di Rustin, il suo approccio non-violento e la sua promozione del nascente movimento dei diritti LGBT sono marchi difficilmente cancellabili dalla storia dell’attivismo politico americano, di cui è un vero e proprio Lost Prophet, il titolo della biografia scritta da John D’Emilio.
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