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Economia

Piano nazionale di ripresa e resilienza: spazio ai giovani?

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Elisa Cardillo

È giunto il momento: la Commissione europea ha finalmente approvato il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) italiano. Ursula von der Leyen è volata a Roma il 22 giugno scorso per consegnare al Presidente del Consiglio Mario Draghi la valutazione positiva del Piano. Ora spetterà al Consiglio dell’Unione Europea pronunciarsi prima del via definitivo allo stanziamento delle risorse. Ma cosa prevede il PNRR?

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In che cosa consiste il Piano nazionale di ripresa e resilienza?

Come da indicazioni della Commissione europea, il Piano italiano si compone di investimenti e riforme. Le azioni previste dal PNRR si articolano in sei missioni, che equivalgono a sei aree di intervento. La missione 1 riguarda digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo, mentre la missione 2 è dedicata a rivoluzione verde e transizione ecologica. Le infrastrutture per una mobilità sostenibile sono oggetto della missione 3, seguita dalla missione 4 relativa a istruzione e ricerca. La missione 5 si concentra su inclusione e coesione e, infine, la missione 6 ha come oggetto la salute. Alle missioni così delineate si affiancano alcune riforme in materia di pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione e concorrenza.

In termini di risorse, il Piano dispone di oltre 221 miliardi di euro, di cui 191,5 miliardi provenienti dal Dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF) e circa 30,6 miliardi stanziati tramite un piano complementare nazionale. Di questi, il 40% sarà destinato alla transizione ecologica e il 27% alla trasformazione digitale. Circa 10% servirà invece a finanziare azioni destinate alla coesione sociale. Non è infatti un mistero che l’attenzione sia stata dedicata principalmente alla doppia transizione verde e digitale, in cima alle priorità politiche dell’UE.

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I giovani in Italia

Mario Draghi, però, ha più volte ribadito che una quota significativa delle risorse sarà destinata ai giovani, come previsto anche dalle indicazioni dell’UE. D’altronde, nella stessa premessa del Documento ufficiale si legge che «il Piano è fortemente orientato […] al sostegno all’istruzione, alla formazione e all’occupazione dei giovani». L’etichetta “giovani” racchiude però una realtà piuttosto vasta, che include persone di un’età approssimativamente compresa tra i quattordici e i trentaquattro anni. Un insieme così vasto di persone non può che avere prospettive di vita ed esigenze molto varie e diverse tra loro. Le misure previste dal Piano saranno sufficientemente ampie per rispondere ai bisogni di una categoria così eterogenea?

Tasso di occupazione giovanile in Italia e nell’Unione Europea per fasce d’età dal 2014 al 2020. Fonte dati: Eurostat

Secondo i dati Eurostat, il tasso di occupazione giovanile in Italia, nel 2020, è diminuito in maniera significativa. Lo stesso è accaduto per la media dei ventisette Stati membri dell’Unione Europea. Fa eccezione solamente la fascia d’età compresa tra i trenta e i trentaquattro anni, per cui il tasso medio di occupazione nell’UE è rimasto stabile nell’anno della pandemia.

Il tasso di occupazione giovanile

In termini assoluti, però, il tasso di occupazione giovanile del 2020, in Italia, è nettamente al di sotto della media europea. Per la classe di età compresa tra i quindici e i ventiquattro anni, il tasso di occupazione in Italia è del 16,8%, mentre quello medio UE è del 31,4%. Per quanto riguarda invece i giovani tra i venticinque e i ventinove anni, l’occupazione in Italia è pari al 54,2%, mentre quella media UE è del 72,9%. Infine, per le persone che hanno tra i trenta e i trentaquattro anni, l’Italia registra un tasso di occupazione del 66,9%, a fronte del 79,1% della media UE.

Tasso di occupazione 2020 nell’UE per Stato membro. Fonte dati: Eurostat

I NEET

La situazione risulta ancora più preoccupante se si considerano i giovani NEET (Not in Education, Employment or Training). L’Italia detiene il triste primato di registrare la più alta percentuale di giovani tra i quindici e i ventinove anni che non risultano inseriti in contesti di istruzione, impiego o formazione. Nel 2019, la percentuale di NEET tra i quindici e i ventinove anni in Italia era pari al 22,2%, mentre la media europea si attestava sul 12,6%. La situazione italiana – già critica – è stata ulteriormente aggravata dalla pandemia: con un aumento di 1,1 punti percentuali, la percentuale di NEET nel 2020 ha raggiunto il 23,3%.

Percentuale di NEET nell’UE per Stato membro. Fonte dati: Eurostat

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza e i giovani

Alla luce di ciò, il Piano prevede degli stanziamenti mirati a favorire la formazione e lo sviluppo di competenze e ad agevolare l’inserimento professionale. La missione 4 è infatti dedicata a rafforzare il ciclo dell’istruzione e della ricerca, mentre la missione 5 si propone di «assicurare un’integrazione efficace tra le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali».

La missione 4: istruzione e ricerca

Fonte: Piano nazionale di ripresa e resilienza.

In particolare, la missione 4 ha una dotazione totale di poco meno di 31 miliardi di euro. Di questi, oltre 19 miliardi saranno dedicati al potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione, dagli asili nido alle università, e oltre 11 miliardi serviranno a favorire il passaggio dalla ricerca all’impresa. Tali misure interessano, quindi, principalmente i giovani in età scolastica o universitaria e quelli specializzati in materie considerate ad alto potenziale innovativo.

Il Piano pone infatti particolare attenzione alle attività di ricerca e innovazione, con un focus sullo sviluppo tecnologico e sulla promozione di competenze tecnico-scientifiche. Sembrerebbe però rimanere esclusa la generazione di giovani che si trova a metà strada tra il sistema educativo e l’inserimento effettivo nel mondo professionale. Tale esclusione riguarderebbe in particolare chi ha deciso di studiare materie diverse dalle classiche “facoltà dell’élite” – giurisprudenza, medicina o economia, per citare le principali – o le ormai quotatissime STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics).

La missione 5: inclusione e coesione

Fonte: Piano nazionale di ripresa e resilienza.

All’interno della missione 5, invece, dello stanziamento complessivo di quasi 20 miliardi di euro, circa 6,6 miliardi saranno dedicati alle politiche per il lavoro. In particolare, questa sezione del Piano fa esplicito riferimento, tra le altre misure previste, a interventi volti alla formazione e alla riqualificazione dei lavoratori, alla qualità dei posti di lavoro creati, e all’incremento delle prospettive occupazionali dei giovani. In quest’ultimo ambito, sono previste azioni per incentivare «l’apprendistato duale (che unisce formazione e lavoro) e il servizio civile universale» per i giovani tra i diciotto e i ventotto anni.

L’apprendistato duale

L’apprendistato duale – a cui sono destinati 600 milioni di euro – «mira a favorire l’introduzione e lo sviluppo di corsi di formazione che rispondano alle esigenze delle imprese e del tessuto produttivo locale, riducendo così il mismatch tra le competenze richieste dal mercato del lavoro e i programmi formativi del sistema di istruzione e formazione».

Il servizio civile

Al servizio civile spettano invece 650 milioni per il periodo 2021-2023. Tali risorse serviranno a finanziare attività volte a «disporre di un numero più elevato di giovani che, attraverso il Servizio Civile, compiano un percorso di apprendimento non formale, attraverso il quale accrescano le proprie conoscenze e competenze e siano meglio orientati rispetto allo sviluppo della propria vita professionale». Questo strumento sembra rivolgersi a un bacino più ampio di utenti. Consente infatti di sviluppare competenze in settori quali l’assistenza, la protezione civile, la cultura, l’educazione, il turismo, l’agricoltura, la tutela dei diritti umani e la cooperazione allo sviluppo.

Che prospettive per i giovani?

Le misure incluse nel PNRR rivolte ai giovani sono varie. Nonostante ciò, non è chiaro se saranno in grado di rispondere alle esigenze di tutta la categoria e di sopperire ai preoccupanti squilibri occupazionali che caratterizzano l’Italia. È però importante ricordare che le risorse stanziate dall’Unione Europea attraverso l’emissione di debito comune dovranno, presto o tardi, essere ripagate. Per questo è essenziale che i Piani nazionali impieghino al meglio i fondi a disposizione. Per far ciò, è necessario che realizzino riforme strutturali in grado di favorire la ripresa e la crescita sostenibile delle rispettive economie.

La responsabilità di ripagare i debiti spetterà ai “giovani di oggi”, alla generazione “mille euro” e a quelle successive. Già gravate dal peso di una società anziana e statica, le nuove generazioni rischiano di pagare un prezzo altissimo per le conseguenze economiche della crisi generata dalla pandemia. Perché ciò non accada, sarà fondamentale che il PNRR si dimostri all’altezza della sfida, «senza lasciare indietro nessuno».

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Elisa Cardillo

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