«E dove sta la novità?», si chiederà più che giustamente il lettore. D’altronde, sin dall’avvento della gestione qatariota, il PSG ha sempre speso nelle maniere più disparate possibili. Anche se, a volte, non ha poi saputo abbinare i trionfi agli sforzi economici. Stavolta però l’asticella è più alta per svariate ragioni.
Perché l’obiettivo del PSG non è più “stradominare” la Francia ma conquistare l’Europa. Perché il club ricerca finalmente la credibilità da top team, un riconoscimento intangibile che può arrivare solo attraverso quelli tangibili: le vittorie.
E, soprattutto, perché mai come in questa stagione, dopo le polemiche pesantissime sul “calcio del popolo” e sulla Super League, il PSG – che alle spalle ha un colosso finanziario devastante – può approfittare di un calciomercato da cacciatore e non da pescatore. Può spendere, dunque, in un contesto in cui gli altri sono costretti invece a pazientare e aspettare. E lo ha già fatto, seppur impostando il suo mercato in una maniera totalmente diversa, dettata – come spiegato – dalle attuali condizioni del mercato calcistico mondiale.
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Svincolati on the road
A dispetto di altre sessioni di guerriglia pallonara, infatti, in questo caso il PSG non è andato a impostare l’asta (perché un club come questo non partecipa, genera) sui calciatori contro altre squadre, bensì ha deciso – piuttosto saggiamente – di prendere i giocatori a parametro zero più forti attualmente in circolazione. Lasciando quindi da parte trattative estenuanti o durature.
Bisogna subito puntualizzare come, a livello economico, questa non rappresenti una scelta al risparmio per il PSG. Attualmente infatti, come riassunto perfettamente da un’infografica della testata Minuti di Recupero, il PSG ha già speso 32,5 milioni di euro in ingaggi di calciatori acquistati. Nello specifico si parla di 9,5 milioni per Georginio Wijnaldum, 8 milioni per Achraf Hakimi e 15 milioni per l’ultimo acquisto in ordine di tempo, l’ex leggenda del Real Madrid Sergio Ramos.
Nel caso specifico di Hakimi, inoltre, il PSG ha pagato anche un cifra di cartellino di 71 milioni di euro. Un’operazione comunque intelligente anche se dispendiosa, poiché i francesi sono andati diretti su un calciatore talentuoso e sacrificabile di una squadra con palesi e autoproclamati problemi economici come l’Inter.
La cifra può lievitare inoltre con l’acquisto di Gianluigi Donnarumma, una cosa praticamente fatta ma non ancora ufficiale (si attende probabilmente la fine degli Europei). Il pesante ingaggio di 12 milioni di euro del portiere italiano ormai ex Milan alzerà la spesa fino a 44,5 milioni di ingaggi per quattro giocatori. Aggiungendo anche la spesa per il cartellino di Hakimi (potenzialmente da rendicontare in maniera diversa), il PSG ha finora speso in pochissimi giorni di ufficialità del mercato 115,5 milioni di euro. E a quanto pare, secondo fonti giornalistiche, starebbe preparandosi anche a dare l’assalto a Paul Pogba del Manchester United.
Non si tratta però neanche di una scelta totalmente negativa, proprio perché – come spiegato in precedenza – il PSG ha deciso di giocare d’anticipo e di prepotenza in un mercato in cui tutti gli altri, piccoli e grandi, sono costretti ad aspettare per via di una crisi evidente scaturita dalle conseguenze della pandemia di Covid-19.
Il punto debole?
Una tale spesa implica – anzi, esplicita – una importante ed enorme responsabilità per il PSG: vincere la Champions League. Parliamoci chiaro: a parte qualche uscita a vuoto (come l’anno scorso o nel 2012, con la vittoria del Montpellier), i titoli in Francia sono praticamente tutti del PSG, che potrebbe schierare una squadra in pantofole e vincere comunque. Non tanto per il livello del campionato francese, sempre in aumento, quanto invece per la forza dei parigini. L’obiettivo chiaro e conclamato, a questo punto, non può che essere quello di vincere una coppa europea a cui il PSG si è avvicinato molto in questi anni, senza però mai riuscire a mettere realisticamente le mani sulle “grandi orecchie” del trofeo.
A livello puramente teorico, la squadra sembra avere davvero pochissime criticità. Anzi, il PSG si può definire senz’altro una corazzata (anche se poi ovviamente non sempre chi spende di più per forza è più forte). In maniera paradossale, il punto debole di questa stagione potrebbe essere un allenatore talentuso ma non ancora vincente come Mauricio Pochettino.
L’argentino ha idee, gioco e mentalità. Ma per ora è un perdente di lusso e le ultime due stagioni – esonero al Tottenham e avvento senza campionato al PSG – non sembrano aver favorito la sua percezione come allenatore top. Di certo, con tante stelle in squadre, Pochettino dovrà essere bravo soprattutto a mantenere un certo livello di equilibrio, evitando alle prime donne di pestarsi i piedi a vicenda e portando tutti sulla stessa lunghezza d’onda. Sarà molto importante anche la scelta del modulo con cui schierare così tanti giocatori forti. Calciatori che, peraltro, andranno resi una squadra. Un’impresa non semplice.
Sicuramente Pochettino troverà un aiuto in fatto di carisma da giocatori come Ramos e Neymar, o anche Di Maria e Verratti. Altri invece, pur essendo luminosi e intriganti, di certo sono giovani (Kean), un po’ impulsivi (Icardi?) o, semplicemente, potrebbero non essere all’altezza di una piazza come quella di Parigi.
Incoerenza (fino a un certo punto)
Ovviamente l’estate del PSG non è balzata agli onori della cronaca esclusivamente per via degli acquisti in sé ma soprattutto per l’esborso monetario. Un fattore che, secondo molti, sembra essere andato in contrasto con le tematiche che combattevano la Super League, su cui Al-Khelaifi si è sempre scagliato. Lo stesso patron del PSG ha poi preso il posto di Agnelli all’ECA. Ma, al di là di queste posizioni di potere, per il PSG fondamentalmente nulla è cambiato: spendeva prima, lo sta facendo adesso. E questo, per molti, può aver stonato con i propositi e i concetti di libertà, parità di diritti e salute di bilancio del partito di chi si è schierato contro il progetto.
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D’altro canto, bisogna sempre ricordare che chi possiede soldi è libero di spenderli nelle maniere in cui desidera. Preso atto che il fair play finanziario è stato un buco nell’acqua, se il PSG riuscirà a dimostrare di poter spendere quanto guadagna senza creare voragini che un aumento di capitale non possano rimpiazzare, probabilmente quest’argomentazione non sarà molto utile ai contestatori.
Spendere non vuol dire vincere
Ormai da anni, di certo, la situazione del PSG è cambiata. Adesso è diventata la squadra da battere e non quella costretta a inseguire. Proprio la pressione di dover per forza vincere (anche se a parole, magari, si cercherà di volare bassi) potrebbe essere un nemico potente per i piani parigini.
A prescindere da come si concluderà, questo calciomercato del PSG è letteralmente una condanna a vincere. E non sempre – anzi, quasi mai – questa concezione porta poi a trionfare in maniera scontata. Proprio in base a questo il PSG dovrà mostrare la tenuta mentale che realmente appartiene a una squadra di livello superiore. La stessa tenuta manifestata contro il Bayern Monaco nel doppio conflitto recente, in cui si è visto un PSG bello, moderno, autoritario e vincente. Che non sia un fuoco di paglia. Perché la dolce condanna di perdere pur spendendo resta in agguato.