Lo scorso primo luglio 2021, il Partito Comunista Cinese, unico ancora rimasto in vita, ha festeggiato il proprio centenario. Tra parate pirotecniche, folle oceaniche accuratamente scelte e istruite c’è stato il discorso, di circa un’ora, del presidente della Repubblica popolare cinese e segretario generale del Partito, Xi Jinping, il volto del nuovo “secolo cinese”.
Le sue parole hanno infiammato non solo il popolo cinese, bensì anche l’ambiente internazionale, rilanciando la missione di Mao, scacciando ogni nemico e oppressore possibile. Rimarcano la forza e potenza trasversale della Cina, e rilanciano nuovamente il secolo cinese.
Quelle che riecheggiano dal podio di piazza Tienanmen, lo stesso dal quale Mao Zedong proclamò la nascita della Repubblica popolare cinese nel 1949, sono parole forti, autoritarie, decise. A pronunciarle è Xi Jinping, il presidente della Repubblica popolare cinese, attualmente l’uomo più potente del pianeta.
Per la Festa dei cento anni del Partito comunista cinese, il Presidente non lascia nulla al caso, dalla giacca che riporta alla mente quella di Mao Zedong, al discorso intero che ripesca a piene mani nel profondo della storia della Cina.
La sua Cina è prospera, determinata e fiduciosa della propria forza. Rimarcata con forza la continuità rivoluzionaria tra la Cina e lui, Xi Jinping, il nuovo grande timoniere.
Cento colpi di cannone a infervorare la folla cinese, poi la voce del leader asiatico dal rostro della Porta d’accesso alla Città proibita, simbolo del potere imperiale, con l’immagine di Mao Zedong a fare da cornice.
Solenne e lenta a scandire un discorso destinato a rimanere suggellato nella storia, la voce di Xi Jinping. «Il popolo cinese non ha mai oppresso nessuno e ora non permetterà ad alcuna forza straniera di intimidirlo, prevaricarlo, soggiogarlo, renderlo schiavo. Chiunque volesse cercare di farlo si schiaccerebbe la testa e verserebbe il suo sangue contro una muraglia d’acciaio forgiata da un miliardo e quattrocento milioni di cinesi».
Prosegue poi con: «Dichiaro a nome del Partito e del popolo che è stato raggiunto l’obiettivo del primo centenario: abbiamo costruito una società moderatamente prospera, abbiamo risolto il problema della povertà in Cina e ora non accetteremo prediche ipocrite da chi pensa di avere il diritto di darci lezioni».
C’è spazio anche per le questioni Taiwan e Hong Kong: «Nessuno deve sottovalutare la determinazione, la volontà e la capacità del popolo di riunificare la Cina e di schiacciare i complotti indipendentisti di Taiwan, la questione della sovranità e integrità nazionale sarà risolta».
Una chiusura imponente dei Xi Jinping, il nuovo Mao che si trova tra le mani una Cina molto più potente di quella del Fondatore, e sarà lui a indicare la via del nuovo secolo cinese: «Lunga vita al grande, glorioso e giusto Partito comunista! Lunga vita al grande, glorioso ed eroico popolo cinese!».
La Cina è sul banco degli imputati, sotto assedio, dalla tutt’altro che facile coesistenza con Biden alla pandemia, passando per i casi diplomatici e dei diritti umani da Taiwan a Hong Kong. Non poteva cascare in un periodo migliore questo centenario, e con esso le parole sopracitate di Xi Jinping.
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Il grande timoniere, al comando dal 2012, ha dato il via a un’ascesa “irreversibile” della Cina, un corso che da colonia umiliata l’ha trasformata in grande potenza mondiale. Mire e occhi puntati su Xi Jinping da tutto il mondo, il volto del nuovo secolo cinese.
Nato a Pechino nel 1953, il leader del PCC fa parte del gruppo dei Taizi, ovvero dei “principi rossi”, che riunisce i figli e i nipoti dei protagonisti della lunga marcia e della vittoria del Partito Comunista nella guerra civile del 1946-1949.
Xi Jinping nasce sotto l’influenza politica del padre, Xi Zhongxun, comunista di fede e personalità degli anni Ottanta. Dopo l’epurazione del padre a causa della Rivoluzione culturale, conseguenza del fallito balzo in avanti, Jinping entrò in contatto diretto con attività di partito. Diventò segretario di una cellula nello Shanxi, area settentrionale del Paese.
Già a metà anni Settanta era definitivamente entrato nel Partito Comunista e, dopo gli studi in legge, lavorò come segretario del vice primo ministro e segretario generale della Commissione militare centrale. Successivamente ricoprì differenti ruoli dirigenziali sparsi nel Paese, improntando spesso le sue attività sugli investimenti esteri.
Sarà con l’avvento del nuovo millennio che Xi Jinping riuscirà a risalire le gerarchie del Partito, divenendo personalità di spicco. Nel 2002 è governatore della zona Zhejiang (situata sulla costiera orientale), rendendo tale provincia una delle più virtuose dal punto di vista economico, grazie a un alto tasso di investimenti stranieri.
Ricoprì un altro ruolo di rilievo nel 2007 come segretario del partito a Shanghai, come sostituto, segno di apprezzamento dagli organi centrali e più alti del partito. Nello stesso anno si terrà il XVII Congresso, nel quale fu eletto membro dell’Ufficio politico del Partito comunista cinese e del Comitato permanente dell’ufficio politico.
Quindi, Xi Jinping fu nominato primo segretario della Segreteria del Comitato centrale, entrando in contatto ravvicinato con il presidente in carica Hu Jintao.
L’anno successivo, nel 2008, l’Assemblea popolare nazionale lo elesse vicepresidente della Repubblica, consacrandolo definitivamente. Le tre cariche e incarichi inanellati negli anni lo resero il possibile e più papabile successore di Hu come leader supremo della RPC.
Come vicepresidente Xi Jinping si occupò particolarmente delle relazioni internazionali, intraprendendo molteplici viaggi che lo portarono in giro per il mondo. Dalla Corea del Sud alla Mongolia, con Arabia Saudita, Qatar, Yemen, Venezuela e Messico, tra gli altri.
Anche incarichi interni gli diedero maggior lustro e carriera. Fu a capo dei lavori per le Olimpiadi del 2008 a Pechino, incaricato per gli affari esteri per Hong Kong e Macao. Nel 2009 fu presidente del comitato preparatorio dei festeggiamenti per il sessantesimo anniversario della Repubblica popolare. Infine, nel 2010 fu eletto vicepresidente della Commissione militare centrale, uno degli organi più importanti e difficili del partito.
Il quindici novembre del 2012, al termine del XVIII Congresso nazionale del PCC, Xi Jinping fu eletto segretario generale del Partito comunista cinese. Lo stesso giorno divenne anche capo della Commissione militare cinese. In una sola giornata il grande timoniere prese il comando delle due cariche più importanti del partito, e di fatto della Cina stessa.
Il quattordici marzo del 2013, seguendo le consuetudini e quindi quattro mesi più tardi, Jinping fu eletto presidente della Repubblica dell’Assemblea nazionale del popolo.
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L’era Xi è stata ed è tutt’ora collegata all’espressione “sogno cinese”. Tale citazione è diventata simbolo e slogan per Jinping e per la sua politica, per descrivere il piano generale per il futuro della Cina. Missione unica è la prosperità del Paese, la ripresa della nazione, la felicità del popolo, di cooperazione, di sviluppo, di pace e di win-win. Evidente il richiamo al più famoso “sogno americano”, e secondo molte testate illustri, come il The Economist, la natura astratta e che non preclude nessuna politica precisa dell’espressione è un segno e cambiamento volontario rispetto al passato maoista, fortemente legato all’ideologia.
Inoltre ha sempre rimarcato la supremazia e forza del PCC, secondo cui le riforme economiche efficaci possono avere luogo solo sotto la guida di un partito unico. Sempre secondo questa logica, Jinping sostiene che il suo PCC sia l’unico partito legittimo e costituzionale. Esso rappresenta in sostanza gli interessi e mire della maggior parte delle persone.
Il grande timoniere non ha mai nascosto la sua direzione di potere politico centralizzato, per raggiungere il fine ultimo di ristrutturazione economica di larga scala. Stessa linea ferrea sul pensiero e sui valori socialisti, in contrapposizione al modello occidentale.
Anche il controllo, la forza e autorità, nel sistema cinese sono punto fondamentale per Xi Jinping. Il partito deve controllare e regolare la vita politica dello Stato, e a cascata le autorità centrali del partito controllano ogni attività. Un duplice controllo che rafforza dall’interno il partito, e permette organizzazioni di “massa” di varie attività politiche, nello stile Maoista e del “modello cinese”.
Indubbiamente, la più grande iniziativa di Xi Jinping è stato il lancio della nuova via della seta (Belt and Road Initiative, BRI), inaugurata nel 2013. L’idea è quella di integrare sempre in maniera più stringente gli spazi euroasiatici, in materia economico-commerciale.
Tanti hanno pensato alla BRI come a una sfida alla globalizzazione iniziata dagli Stati Uniti, perenni antagonisti.
L’altra mossa più eclatante è stata quella del 2018, in chiave di politica interna, ma non solo. Fino a tale anno, il Presidente, e con esso il vice, potevano svolgere solo due mandati consecutivi, di cinque anni l’uno. Dall’undici marzo 2018, Xi Jinping ha modificato la Costituzione, abrogando tale limite e di fatto potendo essere il leader cinese e del PCC fino alla sua morte.
Questo è Xi Jinping, lo stesso che sontuosamente ha parlato qualche giorno fa dal podio “cesareo” allestito all’interno dell’antica Città proibita. Un monito al mondo intero e a coloro i quali in Cina sperano ancora in una democrazia, nei diritti, nella libertà.
Il “secolo cinese” lanciato anni fa da Mao ora non è più solo un pensiero o una speranza: ora è realtà con una forma e un volto.
Il viso è quello di Xi Jinping, con dietro di sé un miliardo e oltre di cinesi, un’economia solida, una forza dittatoriale, potenza industriale globale, un’identità da regime che difficilmente si farà schiacciare nuovamente dall’occidente.
L’ambizione di Jinping, statista con uno sguardo al futuro, è quella di aprire ufficialmente il secolo cinese fatto di avanguardia, modernizzazione, cyber-controllo, economia schiacciante e tutto ciò che ha caratterizzato la Cina in questi anni, ma evoluto nel tempo, nello spazio e nella forza. Conquiste che sbalordiranno il mondo, con un occhio al 2049, in occasione del centenario della Repubblica popolare cinese.
Xi Jinping sarà il volto del nuovo secolo cinese, mentre l’ombra di Mao sbiadirà a poco a poco.
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