Un diamante è per sempre. Questa è una frase che capita spesso di sentire, ma si tratta di una falsità. Il diamante è il materiale più duro finora conosciuto. Preziosissimo, rarissimo e affascinante, da secoli viene utilizzato nella creazioni di gioielli dai giochi di luce incantevoli. Potrebbe tuttavia non essere così duraturo come si immagina. Ma per comprendere perché ciò accade è necessario parlare di carbonio.
Diamanti e carbone
Il banalissimo carbone nero, sporco e umile, ha veramente molto in comune con il nobilissimo diamante. Infatti, da un punto di vista meramente chimico, essi sono fatti solo ed esclusivamente da atomi di carbonio. Questa è senza dubbio un aspetto tra i più affascinanti di tutta la chimica. Le caratteristiche chimiche e fisiche di un materiale non dipendono solo da cosa è fatto, cioè da quali elementi è formato, ma anche da come gli atomi di questi elementi sono legati fra loro.
Il carbone presenta atomi di carbonio in struttura amorfa, cioè senza forma: sono disposti praticamente in modo casuale. Nel caso del diamante, essi sono disposti in maniera ordinata in un reticolo cristallino, secondo una geometria ben precisa. Ogni atomo di carbonio ne lega altri quattro, disposti ai vertici di un tetraedro, ovvero una piramide regolare a base triangolare. La differenza dunque sta nell’estremo ordine con cui sono disposti gli atomi. Questo ordine dona la durezza e il particolare modo in cui il diamante rifrange la luce. Gli atomi di carbonio posso disporsi anche in “pile di fogli”, formati da esagoni di carbonio (esattamente come i favi negli alveari delle api). In questo caso si tratta di grafite, ovvero ciò che si usa nelle matite per scrivere.
Tutte queste forme del carbonio sono dette forme allotropiche o allotropi del carbonio.
Il destino del diamante
In chimica non tutti i composti sono ugualmente stabili. Spontaneamente, quelli che lo sono di meno tendono a trasformarsi in alcuni che lo sono di più. Così come una palla che si trova in cima a una collina alla minima perturbazione scivolerà inesorabilmente verso il basso, un composto instabile tenderà a trasformarsi in uno o più composti stabili. Questi concetti (termodinamici) si possono riassumere affermando che in una reazione chimica spontanea i prodotti sono sempre più stabili dei composti di partenza.
Ma ciò non è sufficiente a caratterizzare una reazione chimica: è importante anche la velocità con cui avviene (cinetica). In altre parole, è come se ogni molecola dovesse pagare una “tassa” (si parla di barriera energia di attivazione) per poter reagire, ma non tutte possiedono la stessa quantità di denaro. Più grande è la tassa, meno molecole potranno permettersi di pagarla e quindi reagire. Il risultato è una reazione lenta.
Il diamante è termodinamicamente meno stabile della grafite, ma la reazione che porta dal diamante alla grafite è estremamente lenta. Ecco spiegato perché il destino del diamante è segnato. Esso è condannato a divenire grafite, esattamente come la palla che rotola giù dalla collina, ma la velocità con cui subirà questo processo rende il tutto assolutamente inosservabile in tempi rapidi. Si parla di milioni e milioni di anni.
Distruggere un diamante
Il diamante deve la resistenza alla sua struttura, così rigida e ordinata, che mal si presta a essere riassemblata. Questo si traduce in un elevato costo energetico richiesto agli atomi per poter andare in contro alla trasformazione in grafite in tempi brevi.
Non volendo attendere così tanto tempo per provare che ciò è stato descritto, è “sufficiente” scaldare un diamante a circa 1600 °C, in assenza di ossigeno, per vederlo trasformarsi in grafite. La temperatura di un corpo è sostanzialmente la misura di quanta energia possiedono i suoi atomi o molecole. Scaldando il diamante forniamo energia. In altri termini, cioè non “abbassiamo” la tassa da pagare, ma “arricchiamo” di denaro gli atomi, che in numero molto maggiore potranno reagire. Aumentando la temperatura acceleriamo la reazione.
Un diamante non è per sempre, ma ci è andato molto vicino.