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Finals NBA 2021: Bucks sul tetto dopo cinquant’anni

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Lorenzo Ricchitelli

«3… 2… 1… finisce qui! Con i 50 di Giannis Antetokoumpo! I Milwaukee Bucks sono campioni NBA per la stagione 2021!». Queste le parole di Flavio Tranquillo, voce celebre della nostra tv di Sky, alla fine di gara 6. Si erano appena concluse, martedì notte, le Finals NBA di quest’anno, che hanno celebrato il trionfo della squadra del Wisconsin. Quel numero, il 50, sembra quasi essere un segno del destino. Non sono solo i punti messi a referto da Giannis Antetokoumpo, stella dei Bucks, ma sono anche gli anni che sono passati dall’unico e solo titolo di Milwaukee. Perché nel 1971 due grandissimi di questo sport, Oscar Robertson e Kareem Abdul-Jabbar, furono gli eroi di quel titolo. Andiamo ad analizzare invece come Giannis e co. sono riusciti nel 2o21 a riportare a casa questo titolo.

La resilienza nelle Finals NBA dei Bucks

Non è raro che una squadra rimonti in una serie sotto 0-2, 31 volte su 435 occasioni simili nei Playoff (circa il 7,1%). Già riuscirci in una singola serie è una bella impresa, ma farlo anche nelle Finals NBA dello stesso anno è qualcosa di differente. La prima “impresa” dei Bucks avviene nelle semifinali dei Playoff contro i Brooklyn Nets. Non staremo qui ad analizzare il come e il perché, ma sicuramente possiamo dire che una grande chiave di volta sono stati gli infortuni dei due terzi delle superstar dei Nets. Con Kyrie Irving e James Harden fuori dopo le prime due partite vinte da Brooklyn, il solo Kevin Durant è stato lasciato a un compito più grande di lui. Ma il corso della storia ha voluto questo, quindi andremo avanti analizzando cosa è cambiato dopo le prime due gare a Phoenix, vinte dai Suns.

GARA 1 e 2: il preludio di un dominio Suns

Frame dell’abbraccio tra Devin Booker e Chris Paul dopo la vittoria in Gara 2. Foto: YouTube.com

Le prime due gare in Arizona hanno delineato dei trend che sembravano descrivere uno scenario quasi senza ostacoli per i Phoenix Suns. Nelle prime due gare la squadra del Sud ha ingabbiato i Bucks con un gioco molto veloce, fatto di tanto giro-palla, molti handoff e soprattutto una “pioggia” di triple. Prima delle Finals NBA, i Suns hanno tenuto in Regular Season la seconda media assist (23,4% dei punti generati da assist), e nella serie contro i Bucks si è visto. Una media di 22 assist nelle prime due uscite, e questo trend si accoppia con la percentuale di triple di squadra. L’exploit è arrivato in Gara 2 con un clamoroso 18/35 da oltre l’arco.

Difesa vs attacco: i suns davanti

Come si è venuta a creare questa situazione? La scelta difensiva dei Bucks. La presenza di un centro mobile e tecnico come Ayton (difatti coinvoltissimo nelle prime due gare) e di tiratori abili nei Suns necessitava di contromisure. Che cosa aveva inizialmente pensato coach Budenholzer? Aggredire alto il portatore di palla con una difesa che pressa sui tiratori. Una volta che arriva il Pick and Roll, la scelta è quella di rimanere in drop. Nel gergo tecnico sta a significare, semplificando, che si rimane bassi in area a proteggere il ferro.

Percentuali offensive di phoenix elevatissime

Cosa succede allora? Si “costringe” l’attacco a dei tiri non troppo comodi, come i jumperdal mid-range. Quando hai però contro due maestri di questo tiro, come Chris Paul e Devin Booker, i problemi potrebbero essere tanti. Difatti nelle prime due partite hanno tenuto, rispettivamente il 42% Booker e un irreale 56,5% Chris Paul, percentuali dal campo elevatissime. Questo è frutto dei molti tiri in area lasciati ai giocatori dei Suns. Allora la scelta di Milwaukee è quella di pressare sulla penetrazione e impedire il tiro in area. La catena di ostacoli aumenta, perché piazzati sull’arco ci sono specialisti da 3 come Crowder, Bridges, Payne, Johnson. Non a caso i Suns hanno tenuto quasi il 40% dall’arco per tutte le Finals NBA. Dunque i Bucks si ritrovavano con un puzzle difensivo intricato.

difesa vs attacco pt.2: i bucks davanti

In attacco invece come si comportavano nelle prime due gare i Bucks? Innanzitutto bisogna partire, come fatto prima, dalle scelte difensive della squadra opposta. La scelta dei Suns era quella di una difesa mobile che cambiasse su tutti i blocchi. Questa strategia ha pagato fortemente, perché ha snaturato l’attacco di Milwaukee, attacco dinamico e che corre molto. Nelle due trasferte in Arizona invece Giannis e compagni sono stati lenti e macchinosi.

Lenti e macchinosi, milwaukee aggrappata al solo giannis

La squadra in trasferta è stata costretta allora a tanti isolamenti e a 1 vs 1 che si sposavano a nozze con la difesa mobile dei Suns. Guardando il +/-, ovvero indicatore di efficienza di un giocatore su cento possessi, nelle prime due gare il solo Antetokoumpo ha tenuto una piccola media positiva (+2 tra ambedue le sfide). L’unico faro offensivo che riusciva a fare punti in proprio e che ha migliorato la sua produzione di assist. Ma anche qui i Suns avevano la soluzione: fare fallo sistematico sul numero 34. Sì, perché il più grande tallone d’Achille (in gara 6 non si è visto) di questo straripante atleta greco sono i tiri liberi. In Regular Season non era riuscito neanche a toccare il 70% dalla lunetta, quindi per i Suns era più facile scommettere su un suo errore che permettergli di passare la palla.

La chiave di volta da Gara 3: l’epica rimonta dei Bucks nelle Finals NBA

Frame del saluto tra i due pilastri della squadra, Antetokoumpo e Middleton, dopo la vittoria dei Bucks di Gara 3. Foto: video.sky.it

Per far capire quanto sia straordinario rimontare uno 0-2 nella serie decisiva per il titolo, basta solo far parlare i numeri. Una situazione simile a quella di queste Finals NBA si è generata solo altre trentacinque volte (questa è la numero trentasei) e già un numero così esiguo, in settantacinque anni di storia di questa lega, fa riflettere. Di queste trentasei occasioni, i Milwaukee Buks sono solo la quinta squadra che centra quest’impresa. E quando si è guidati da un personaggio con una storia così incredibile come quella di Antetokoumpo tutto è possibile. Oltre alla persona, basta anche solo guardare all’impatto che ha avuto da quando i Bucks lo scelsero nel 2013 al numero 15 del Draft.

Leggi anche: Milwaukee: una rivoluzione che parte da Atene.

Lo shift in attacco dei bucks: percentuali dal campo che salgono

Dopo le due vittorie di Phoenix, la serie tornava in Wisconsin per una Gara 3 che era un crocevia per i Bucks. Il piano d’attacco rimaneva uguale: correre, aggredire e tirare subito. I Suns continuavano a proporre questa difesa a zona, con una formazione 3-2 (tre vicino l’arco, due indietro più sotto canestro). Quando Giannis portava palla contro la difesa schierata, i 3 di Phoenix più vicini facevano “muro” chiudendosi a centro area (denominato infatti Giannis Wall). Questa scelta impediva ad Antetokoumpo di trovare punti facili in penetrazione, costringendolo a passare la palla. La vittoria del titolo nei Suns era tutta racchiusa nelle “percentuali” dei Bucks: se la scommessa di far tirare gli altri fosse stata accompagnata da pochi canestri, la strada sarebbe stata spianata per Phoenix. Ma purtroppo, dopo le prime due gare, inevitabilmente i comprimari di squadra di Giannis sono saliti di livello. Chris Middleton e Jrue Holiday su tutti cominciavano a infilare canestri, e in tutta la serie i Bucks hanno tenuto quasi il 50% dal campo.

punti da tutti,rimbalzi offensivi e uscite dai time-out: la ricetta per la vittoria

Dunque i Suns dovevano cominciare a preoccuparsi non solo di Giannis, e questo inevitabilmente gli concedeva più spazio (come dimostrano i 37 punti di media tenuti da gara 3 in poi). I 40 punti di Middleton in Gara 4 e i 27 di Holiday in gara 5 sono l’emblema dell’inversione di tendenza. Questa tendenza si esplica nella straordinaria percentuale dal caco in gara 5 dei Bucks (oltre il 60%). Alzandosi il livello del gioco, i Suns avevano subito anche lo sfortunato infortunio di Dario Saric, unico ricambio come lungo per Ayton. Questa mancanza ha portato a un utilizzo maggiore del centro titolare, il quale cominciava a perdersi sempre più nelle gare successive. Dunque in attacco i rimbalzi offensivi iniziarono ad essere dominati dai Bucks (in tutta la serie 29,2% contro il solo 17,4 dei Suns). Cogliere tanti rimbalzi in attacco significava “seconde opportunità” per segnare: ecco in questo dato i Bucks erano 20-2 sui Suns. Vi era un altro trend particolare che sottolineava il lento predominio che stavano prendendo i Bucks. L’utilizzo dei time-out è fondamentale per interrompere situazioni di gioco difficili e per utilizzare schemi: i Bucks in tutta la serie hanno avuto 103 punti su 100 possessi dopo un time-out (i Suns meno di 70).

Difesa più efficiente che diventano più punti in transizione

Ma nel basket tutto parte dalla difesa. Dopo le piogge di triple dei Suns nei primi due incontri, le percentuali della squadra di Arizona cominciavano a scendere. Con un Ayton più stanco per il grande impiego e un Paul limitato dal problema alla mano destra, improvvisamente l’attacco dei Suns si ferma. Se nelle prime due gare vi era tanto movimento e giro palla, nelle ultime quattro sfide erano giù gli isolamenti di Booker e Paul che gioco di squadra. Questo anche frutto della presenza di due fenomeni difensivi come Antetokoumpo e Holiday. La stoppata di Giannis su Ayton in gara 4 e il recupero di Holiday su Booker in gara 5 (in due possessi decisivi per le sorti delle sfide) sono due giocate da antologia. Difendere meglio, recuperare palloni significa avere anche opportunità di più attacchi in contropiede senza dover affrontare la difesa schierata: nella gara decisiva, la sesta, i Bucks hanno messo a referto oltre 17 punti in contropiede contro i neanche 9 punti dei Suns. Come sempre i numeri sono solo l’esemplificazione di quello che le squadre mettono in campo, e i Milwaukee Bucks da gara 3 in poi hanno portato tutti i numeri a loro favore.

Gara 6: i cinquanta punti di Giannis e il titolo dopo cinquant’anni

Immagine di Giannis Antekoumpo che tiene tra le braccia il trofeo di squadra e il premio personale come MVP. Foto: instagram.com

Questa marea verde che ha investito i Suns culmina la sua potenza distruttiva nella notte italiana di martedì 20. La fotografia della gara, come al solito, sono i numeri di Giannis Antekoumpo: 50 punti, 14 rimbalzi e cinque stoppate. Per chi non fosse pratico dello sport, cinque stoppate nella gara decisiva per un titolo rappresentano un dominio atletico e mentale di livelli inimmaginabili. E questo concetto è confermato dal record che vi è dietro: dal 1974 Giannis è il primo giocatore a far registrare in una partita almeno 40 punti, 10 rimbalzi e 5 stoppate contemporaneamente. Questo strapotere fisico lo ha portato a tanti paragoni: proprio con il Kareem Abdul-Jabbar del titolo del 1974, ma anche con Dr. J. Julius Erving e Hakeem Olajuwon. La compagnia non è proprio comune, e la sua partecipazione ai club esclusivi non è finita. Finita la partita, inizia la cerimonia di premiazione, e il Commissioner Adam Silver, dopo aver consegnato il trofeo alla squadra, assegna anche il premio Bill Russell per il miglior giocatore delle finali (il famoso MVP). Non c’erano grandi dubbi sul vincitore, il quale però è riuscito ad accumulare più riconoscimenti quest’anno. Difatti, dopo i soli Hakeem Olajuwon e sua maestà aerea Michael Jordan, Giannis ha conquistato i titoli di MVP della stagione, miglior difensore dell’anno e MVP delle finali. Solamente un fenomeno di questo calibro, ma chiaramente supportato da un cast e da un allenatore di primo livello, poteva riportare a casa un titolo dopo cinquant’anni, in una città che solo fino a cinque anni sembrava estranea a questo sport.

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