Le Olimpiadi di Tokyo 2020 giungeranno presto al termine, chiudendo un eccezionale e unico ciclo olimpico di cinque anni. Le medaglie spettacolari e sorprendenti sono state tantissime, complice anche la straordinarietà di questa edizione dei Giochi. Dai fantastici ori italiani nell’atletica alle prime storiche medaglie olimpiche di San Marino, questa rassegna a cinque cerchi non sarà facile da dimenticare. Il silenzio assordante degli spalti ha però consentito di scoprire le persone dietro alle sportive, le donne dietro alle campionesse. Molte atlete di Tokyo 2020 resteranno nella storia delle Olimpiadi. Nella magia delle giornate olimpiche, infatti, sono moltissimi i talenti femminili che hanno emozionato e fatto riflettere, mostrando che essere forti significa anche saper accettare la propria speciale normalità.
Diciannove ori, tre argenti e tre bronzi mondiali; quattro ori e un bronzo olimpici. Questo il palmarès di Simone Biles, classe 1997, quando comincia la sua avventura alle Olimpiadi di Tokyo 2020. La ginnasta statunitense è una delle più grandi nella storia del suo sport, e lo sa bene. Arriva in Giappone per ribadire la sua indiscutibile superiorità e, soprattutto, per guidare la sua squadra alla conquista del terzo oro olimpico consecutivo.
La pressione è tanta: già dalle gare di qualifica si percepisce che qualcosa non va come dovrebbe. Biles sbaglia molto più del solito e sembra non godersi la gara. Gli Stati Uniti si qualificano per la finale, ma come secondi, alle spalle della squadra del Comitato Olimpico Russo. Quando, due giorni più tardi, si scende in pedana per la finale, la gara comincia in salita. Simone Biles sbaglia clamorosamente in uno dei suoi attrezzi preferiti, il volteggio. Lo stupore delle altre atlete è visibile, ma la vera sorpresa arriva pochi minuti dopo.
La campionessa statunitense si ritira dalla competizione, ma non sembra infortunata. Le compagne di squadra continuano a gareggiare e portano a casa una bellissima medaglia d’argento. Solo più tardi l’atleta spiegherà le ragioni della scelta: a causa del forte stress a cui è sottoposta, ha degli episodi di disorientamento, molto pericolosi per la sua incolumità fisica in gara. Nei giorni successivi, Biles decide di rinunciare anche all’evento più atteso, la finale olimpica all around, in cui le ginnaste si confrontano su tutti e quattro gli attrezzi. Per preservare la propria salute fisica e mentale, non partecipa neanche alle finali di specialità alle parallele asimmetriche e al corpo libero.
Con la sua saggezza e l’incredibile trasparenza, Simone Biles ha dimostrato di avere rispetto per sé stessa, per la propria salute e per lo sport che pratica. Ha fatto una scelta da campionessa indiscussa. Si è fermata quando era necessario e, ricaricate le batterie, è tornata sulla trave per vincere un meritatissimo bronzo. Non si tratta, certo, della sua medaglia più prestigiosa, né dell’unica medaglia individuale che ci si sarebbe aspettati da lei alla vigilia dei Giochi. Senza dubbio, però, è un risultato che pesa molto, anche per l’incredibile storia – umana e sportiva – che racconta.
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Una storia che parla allo stesso tempo di paura e di coraggio, quella della velocista bielorussa Krystsina Tsimanouskaya a Tokyo 2020. L’atleta di ventiquattro anni avrebbe dovuto gareggiare nei 200 metri, ma gli allenatori l’avevano iscritta senza il suo consenso anche alla staffetta 4×400. Dopo aver denunciato l’accaduto sui social, Tsimanouskaya è stata rimossa dalle competizioni per un presunto stato emotivo e psicologico non idoneo.
Alcuni funzionari bielorussi hanno poi scortato la giovane donna in aeroporto, dove avrebbe dovuto prendere un volo per essere rimpatriata. Tsimanouskaya si è rifiutata di salire in aereo e, temendo per la propria sicurezza, ha chiesto e ottenuto l’aiuto delle autorità giapponesi e del Comitato olimpico internazionale (CIO). Dopo aver parlato con l’ambasciata polacca in Giappone, Tsimanouskaya ha ricevuto un visto umanitario dalla Polonia, dove poi si è ricongiunta con il marito.
Il caso di Krystsina Tsimanouskaya è l’ennesimo tentativo di repressione attuato dal governo bielorusso ai danni di chi si contrappone alle sue decisioni. Anche se le Olimpiadi della velocista hanno dovuto concludersi prima del tempo, la sua partecipazione a Tokyo 2020 ha contribuito ad accendere nuovamente i riflettori sul regime del presidente Alexander Lukashenko. Grazie ai suoi comportamenti, Tsimanouskaya ha dato nuova speranza a tantissimi bielorussi che, come lei, temono per la propria incolumità e sperano in un futuro libero da costrizioni.
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Dopo anni di successi a tutti i livelli, la karateka spagnola Sandra Sánchez ha finalmente conquistato il titolo olimpico nella specialità del kata. Perché non ci era ancora riuscita? Semplicemente perché questi Giochi sono stati i primi – e probabilmente gli ultimi – a ospitare il karate tra gli sport olimpici.
Sánchez si è confrontata in finale con l’atleta di casa, la giapponese Kiyou Shimizu, contro cui ha vinto per un punteggio di 28,06 a 27,88, diventando così la prima campionessa olimpica nella storia del karate. Nella stessa gara, le storiche medaglie di bronzo sono state conquistate dall’atleta di Hong Kong Grace Lau Mo-sheung e dall’azzurra Viviana Bottaro. Nell’istante in cui ha preso la medaglia d’oro, Sánchez si è sciolta in un pianto commovente. Salita sul gradino più alto di un podio visibilmente emozionato, tra i singhiozzi e le lacrime, ha mostrato fiera la medaglia, a coronamento di una carriera eccezionale.
Il kata è una specialità estremamente caratteristica e tradizionale, in cui le atlete (o gli atleti) si esibiscono individualmente sul tatami simulando un vero e proprio combattimento. Purtroppo, però, sembra che non avremo più l’opportunità di godere di questo spettacolo durante i Giochi. Sandra Sánchez potrebbe essere la prima e ultima campionessa olimpica in questa specialità. La consapevolezza di aver colto al volo un’occasione unica nella sua straordinaria vita sportiva l’ha resa un simbolo di perseveranza e orgoglio a Tokyo 2020.
Le medaglie conquistate dalle due judoka italiane sono dello stesso metallo – bronzo –, ma hanno un sapore completamente diverso. Se alla viglia Odette Giuffrida era considerata tra le favorite della categoria fino a 52 kg, Maria Centracchio, che ha gareggiato nella categoria fino a 63 kg, è salita a sorpresa sul podio.
Giuffrida proveniva da un argento vinto alle Olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016 ed era determinata a portare a casa il titolo olimpico. La gara non è andata come sperava: eliminata in semifinale dalla giapponese Uta Abe, la judoka romana ha poi sconfitto l’ungherese Réka Pupp vincendo la medaglia di bronzo. Pronta a puntare l’oro nelle Olimpiadi che si terranno a Parigi tra soli tre anni, nei giorni successivi ai suoi incontri Giuffrida ha continuato a sostenere i compagni di squadra ancora in gara a Tokyo.
Due giorni più tardi è stato il turno della molisana Maria Centracchio. Judoka determinata e combattiva, Centracchio è considerata meno dotata della collega romana. Ventisettesima nel ranking, ha ceduto in semifinale alla campionessa olimpica di Rio, la slovena Tina Trstenjak, ma nella finale per il terzo posto ha avuto la meglio sull’atleta dei Paesi Bassi Juul Franssen. Finito l’incontro, Centracchio, incredula e in lacrime, ha camminato piano verso gli spalti. Lì ha trovato Giuffrida ad aspettarla, tenderle le braccia ed esultare con lei. Una medaglia conquistata con le unghie e con i denti da un’atleta che ha mostrato quanto conta non arrendersi davanti alle difficoltà.
Una bellissima immagine del judo al femminile, quella dell’amicizia tra le due atlete. Si sono spronate e stimolate a vicenda, condividendo la fatica della corsa verso la meta e gioendo dei successi propri e dell’altra.
Le campionesse che queste Olimpiadi hanno regalato alla storia sono moltissime, provenienti da tutti gli angoli del pianeta. Tra queste, due sportive italiane hanno fatto appassionare e commuovere: la nuotatrice Federica Pellegrini e la ginnasta Vanessa Ferrari.
L’addio alla vasca da parte della Divina – così è soprannominata Federica Pellegrini – ha emozionato l’Italia. Pellegrini, giunta alla sua quinta e ultima rassegna olimpica, ha centrato la quinta finale consecutiva nella sua gara preferita, i 200 m stile libero, diventando la prima donna della storia a raggiungere questo obiettivo.
Alla sua quarta partecipazione ai Giochi, Vanessa Ferrari ha invece conquistato la sua prima medaglia, uno storico argento al corpo libero eseguito sulle note di Con te partirò. L’ultima – e unica – medaglia italiana al femminile nella ginnastica artistica alle Olimpiadi risaliva al 1928. Il risultato è straordinario, ma la magia era nell’aria a Tokyo 2020.
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