Non c’è ad oggi obbligo vaccinale per il personale scolastico, ma sono state imposte restrizioni, ad avviso di chi scrive legittime, per chi lavora a scuola. A settembre è prevista la ripartenza delle attività in presenza e il decreto legge, approvato qualche giorno fa, prevede che tutto il personale scolastico, docente e ATA, debba essere in possesso del green pass per lavorare a scuola.
Dunque vaccinazione, guarigione o tampone negativo: tutto questo fino al 31 dicembre 2021. Il mancato rispetto di questa norma è considerato come assenza ingiustificata e al quinto giorno di assenza il rapporto di lavoro è sospeso. Non è dovuta la retribuzione né altro compenso. Secondo il decreto, è il dirigente scolastico a vigilare sul possesso del green pass per chi lavora a scuola, mediante una circolare che ne indicherà le modalità. Nessun obbligo è posto per studentesse e studenti: previsti invece test di screening di massa, con tamponi salivari. Restano l’obbligo di mascherine e il distanziamento, con una riduzione della quarantena a sette giorni per i vaccinati.
A proposito di obbligo vaccinale
Ferme restando le posizioni personali favorevoli all’obbligo vaccinale per certe categorie, fra cui il personale scolastico, forse per quanto riguarda il comparto scuola parlare di obbligo vaccinale potrebbe essere controproducente. Gli ultimi dati affermano che oltre l’ottantacinque per cento del personale docente è stato vaccinato e si spera che questo dato possa solo crescere.
Introdurre un obbligo vaccinale per una categoria quasi totalmente vaccinata è un controsenso. Le persone, giustamente o meno, sono spaventate dalla parola obbligo, per cui è necessario utilizzarla con cautela, quando e se sarà necessaria. «Tutto dipende dall’andamento della pandemia»: frase sentita e risentita. L’obbligo vaccinale, peraltro perfettamente compatibile con la nostra Costituzione, potrebbe essere conservato per tempi peggiori e non sperati, senza che le persone arrivino a mal sopportare le autorità e le istituzioni per le loro scelte a volte troppo azzardate, altre volte troppo attese.
Il buon esempio
«L’insegnante mediocre racconta. Il bravo insegnante spiega. L’insegnante eccellente dimostra. Il maestro ispira». Questa frase è attribuita al filosofo greco Socrate e si addice perfettamente al periodo che stiamo vivendo. Nessuna decisione è ancora stata presa riguardo l’obbligo vaccinale per studenti e studentesse. L’unica arma che si può usare nel mondo scolastico è il buon esempio.
Come si riportava qualche riga sopra, il personale scolastico si è dimostrato altamente responsabile, con oltre l’ottantacinque per cento di dosi somministrate, considerando comunque tutte le differenze regionali del caso. Di conseguenza la possibilità di dare il buon esempio c’è ed è innegabile. L’abbiamo già affermato qualche settimana fa su theWise Magazine: l’obbligo non è solo di possedere il green pass (a scuola nello specifico), ma è anche morale.
Va tutelato il bene della classe, dell’istituto scolastico e della collettività. Gli insegnanti lavorano con minori sotto i dodici anni, i quali ancora non possono vaccinarsi, o con alunni disabili e/o malati, che per i più svariati motivi non possono sottoporsi alla vaccinazione.
Esiste un’alternativa?
Il green pass a scuola, così come per ristoranti, palestre, piscine eccetera, è uno strumento non sanitario ma politico. Questo è volto al ritorno a una vita sociale, lavorativa e scolastica il più possibile vicino alla normalità. Del resto un’alternativa al green pass ottenuto mediante la vaccinazione, detto in modo cinico, esiste. Anzi ne esistono due: da un lato aver superato indenni la malattia, dall’altro effettuare un tampone ogni quarantotto ore.
Ricordate, a marzo 2020, quando si diceva «andrà tutto bene», «troveranno una cura», «avremo presto un vaccino efficace»? Ora c’è. Non sarebbe più facile vaccinarsi, riconoscendo la grandezza e credendo nel lavoro di medici e ricercatori che hanno speso la loro vita professionale (e a volte privata) per salvare le vite altrui?