Oggi theWise Magazine ha incontrato Innocenza Grillone, presidente della Fondazione Durante e Dopo di Noi di Reggio Emilia. La Fondazione, tramite il costante e permanente coinvolgimento delle persone con disabilità e delle loro famiglie, svolge attività volte alla progettazione del loro modello di vita futuro. Gli obiettivi sono quelli di favorire l’inclusione, il sostegno e una migliore qualità di vita, in piena collaborazione con i servizi pubblici e privati.
«Parto da lontano. Nel 2006 l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha emanato una convenzione sui diritti delle persone con disabilità. Essa comprendeva tre aspetti: l’inclusione nella società, la libertà di autodeterminarsi e la possibilità di vivere fuori casa in modo indipendente. Nel 2007 queste istanze sono state accolte anche dal Comune di Reggio Emilia e da lì è partito un lungo percorso con gli enti locali, i servizi e le famiglie che ha portato, nel 2012, a vincere un bando per dare vita a un progetto che rispondesse ai principi della convenzione. Dal 2012 al 2014, con una serie di incontri, si è arrivati a capire che lo strumento migliore fosse una fondazione di partecipazione.
Una fondazione è un qualcosa dove ci sono dei soldi destinati a uno scopo. I soci possono poi aumentare negli anni: per questo si parla di partecipazione. Si sono riunite associazioni e famiglie, e nel 2014 siamo nati formalmente. Eravamo ottantasette soci, tra associazioni di volontariato, cooperative e famiglie. Lo scopo, insieme con i ragazzi, le famiglie e le istituzioni, è quello di pensare a progetti di vita personalizzati nel durante, mentre i genitori sono vivi, e preparare il dopo, quando i genitori non ci saranno più. Nel 2016 è nata proprio la legge riguardante il dopo. Tra le persone firmatarie ci sono alcuni nostri soci, come l’onorevole Vanna Iori e Ottavia Soncini, presidente della Commissione sanità della regione Emilia-Romagna».
«Il nostro logo simboleggia una farfalla, la quale nasce dal bruco. Diciamo che il bruco non è esattamente attraente. Quando lo si vede, si pensa solo agli aspetti negativi: è piccolo, brutto e viscido. Dentro al bruco c’è però una farfalla. Noi vogliamo far uscire da ogni ragazzo e da ogni famiglia la farfalla che è al loro interno.
L’aspetto più faticoso è convincere i genitori del bruco che all’interno ci sia questa farfalla. Spesso i genitori vedono sempre il figlio come soggetto da proteggere. La grande difficoltà è creare le condizioni di vita per cui ognuno possa volare. Tutto questo con tutti gli aiuti e i sostegni necessari, che non sono da nascondere».
«La cosa che meno i ragazzi fanno (e che spesso i genitori fanno loro fare) è quella di scegliere. Noi promuoviamo quelli che chiamiamo percorsi di accrescimento della consapevolezza e dell’autonomia. Nella provincia di Reggio Emilia abbiamo vari progetti, tra cui A cena con gli amici. Per noi, andare a cena significa decidere cosa mangiare, rispettando i gusti e le eventuali allergie di ciascuno, cercare la ricetta, andare insieme a fare la spesa, cucinare, apparecchiare e pulire. Nel frattempo si sta insieme, si ride e si chiacchiera. Questo è già un percorso di accrescimento dell’autonomia a livello domestico. Allo stesso tempo, si lavora sulle relazioni. Questi ragazzi sono spesso abituati a essere “eterni bambini”. Combinare insieme i desideri di tutti e essere autonomi nel raggiungere i propri scopi è molto importante ed è un fattore necessario per la crescita.
Sempre in provincia di Reggio Emilia, abbiamo un appartamento in cui i ragazzi passano insieme una notte a settimana. L’operatore è reperibile, ma i ragazzi cercano di fare tutto da soli. L’obiettivo di quest’anno è fare due notti. Vorremmo arrivare ad avere gruppi di tre, massimo cinque, ragazzi, come consente la legge in materia, che vivono tutti insieme in un appartamento durante la settimana, per poi tornare il sabato e la domenica a casa dai genitori. Quando un domani i genitori non ci saranno più, i nostri ragazzi avranno una vita indirizzata e saranno conosciuti nel loro quartiere».
«Quando si pensa al dopo, si fanno scongiuri. Sappiamo tutti che dobbiamo morire, ma “ci penseremo poi”. Diventa necessario comprendere le necessità del ragazzo fin da subito, nel durante, e investire in questo senso. Proprio nel durante si prepara il futuro e si comincia a vivere un graduale distacco dalla famiglia. Non lo si può rimandare.
Se anche una persona dovesse fare un testamento, in cui lasciare le proprie indicazioni nei confronti del figlio, nessuno potrebbe realmente garantire il rispetto di quest’ultime. Ad esempio, è bene indicare fin da subito un amministratore di sostegno e che il ragazzo lo conosca e gli sia amico. Bisogna preparare i ragazzi al fatto che prima o poi i genitori non ci saranno più e che dovranno vivere con qualcuno. Meglio scegliere adesso gli amici e il luogo in cui farlo!».
«Il periodo del coronavirus è stato tragico. Le persone con disabilità si trovano dentro a “scatole”, come la scuola o i centri diurni. Poi c’è la famiglia. Dal momento in cui tutte le scatole vengono a mancare, rimane solo la famiglia, ventiquattro ore al giorno. Questo ha causato grandi problemi a livello psicologico e di dipendenza totale dai genitori.
Appena possibile, nell’estate 2020, abbiamo riattivato gradualmente i nostri servizi. Per noi è necessario che i ragazzi abbiano una seconda casa e una vita che sia al di là della famiglia. È impensabile che la famiglia sia in grado di farsi totalmente carico di una persona con disabilità, soprattutto nel caso dei genitori più anziani».
«All’attivo abbiamo un servizio di accoglienza, un servizio di consulenza giuridica un servizio di accompagnamento educativo e tutti i percorsi di autonomia, sparsi nella provincia di Reggio Emilia. Recentemente abbiamo vinto un bando regionale per una palazzina, nella quale vogliamo ospitare ragazzi disabili gravi. Ci sono spazi personali, spazi da condividere con i compagni e spazi da condividere con il quartiere.
Abbiamo in progetto di fare un convegno sulla residenzialità innovativa, ma soprattutto ampliare questi percorsi, in modo di avere, tra qualche anno, almeno un paio di ragazzi che possano vivere una vita indipendente, sia pur supportata. Inoltre, con la partecipazione di altri enti, stiamo organizzando nel nostro Appennino dei percorsi inclusivi per tutti, per fare percorsi di terapia, di autonomia e di vacanza in modo accessibile».
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