Definire esattamente che cos’è l’hyperpop è piuttosto difficile e, come afferma lo youtuber Mic The Snare, è una di quelle cose che non sai spiegare ma che quando lo incontri lo sai riconoscere in modo netto. Un mix di generi che varia dal bubblegum bass, al nightcore, alla emo trap, con una spruzzata di nu metal per non farsi mancare proprio niente: il tutto condito da un marcato retrogusto pop. Se questo minestrone ha reso difficile farsi un’idea di che cosa sia l’hyperpop, un po’ meno difficile è tracciarne le origini, sebbene non ci sia unanimità nell’individuarne i precursori: alcuni parlano di Grimes, altri di Crystal Castles, altri ancora di 3OH!3 o Kesha. In Italia, anche se fuori dal discorso internazionale potremmo vantare anche i Pop X e MusicaPerBambini.
Tutto parte da A.G. Cook, che nel 2013 fonda un collettivo e un’etichetta chiamata PC Music: l’idea alla base è quella di creare della musica pop che non fosse semplicemente un guilty pleasure ma della musica che, pur restando radicata nella cultura pop e accessibile ai più, fosse frutto di voglia di sperimentare cose nuove. Un altro caposaldo di questo collettivo è l’idea di collaborare con altri artisti e influenzarsi reciprocamente. Infatti sono stati influenzati dal collettivo artisti come Sophie, diventata un’icona del genere nonostante la sua prematura morte e un solo album rilasciato, e Charli XCX, avvicinatasi al genere dopo aver pubblicato due dischi e due mixtape, con la pubblicazione di Pop2, considerato un altro caposaldo del genere ai suoi esordi e con il quale ha saldato il suo riconoscimento a livello internazionale.
Il risultato di queste collaborazioni è una decostruzione del genere pop, non solo dal punto di vista musicale ma anche dal punto di vista performativo, estremizzando le varie componenti al punto da sembrare quasi parodiche nonostante le intenzioni genuine. La decostruzione, infatti può diventare quasi una critica, come nel lavoro che meglio riassume la prima fase del genere hyperpop e della etichetta PC Music: Hey QT. QT è un personaggio pop con tutti i crismi, personificazione di un finto energy drink, e il singolo portante del progetto sarebbe una sorta di finta campagna di marketing. Dietro la ragazza si celano proprio A.G. Cook e Sophie, che hanno prodotto e realizzato il tutto.
Il vero punto di svolta del genere, tuttavia, è avvenuto al di fuori del collettivo, con la pubblicazione, nel 2019 dell’album 1000 gecs da parte dei 100 gecs, ovvero il duo composto da Laura Les e Dylan Brady. Il disco fonde una gran quantità di generi e porta all’estremo quello che era stato l’hyperop fino a quel momento. Le voci sono modificate fino ad avere un effetto surreale, i bassi distorti fino all’overdrive, un mix di tematiche assurde e una generale difficoltà di trovare un filo conduttore, nonostante una inaspettata coerenza stilistica e una serie di melodie molto catchy. In un’intervisa di Anthony Fantano, Laura ha affermato che il loro lavoro non nasceva intenzionalmente come hyperpop. Il disco ha avuto un’ottima ricezione della critica ed è risultato molto divisivo per il pubblico, che lo ama o lo odia senza vie di mezzo, diventando un vero e proprio meme.
1000 gecs ha aperto una nuova era: in meno di un anno darà vita a 1000 gecs and The Tree of Clues, una raccolta di remix da parte di artisti tra i più disparati come i Fall Out Boy, band prevalentemente rock completamente estranea alla scena hyperpop. Se ciò non bastasse, il genere diventa una nicchia sempre più nutrita su internet, ispirando una nuova di generazione di artisti, per lo più molto giovani, e portandone altri con un minimo di esperienza all’interno della scena.
È proprio a questo punto che tutto esplode, principalmente a livello creativo. Complici le restrizioni dovute al Covid-19, si crea una comunità online molto fervida e inclusiva, in cui la distinzione tra fan e artista si viene a perdere in uno scambio di idee, featuring improbabili e una proliferazione di piccoli capolavori creati anche con mezzi casalinghi. Lo spirito inclusivo del collettivo PC Music rimane uno dei capisaldi della comunità, portandola al di fuori del piano musicale: la scena, infatti, è riuscita a comprendere diversi membri della comunità LGBTQI+ e nella nuova onda hyperpop non è raro che siano toccate tematiche care alla comunità.
Un’altra novità di questa nuova ondata è la connessione sempre più stretta con la cultura di internet: se il genere stesso viene reso un meme, perché non decostruire anche queste meccaniche e attingere a quel mondo e incorporarlo nell’estetica e nella musica hyperpop?
È questo rapporto ambiguo con internet che porta molti che si approcciano al genere a fare il paragone con il fenomeno vaporwave. Se in quest’ultimo l’elemento ironico è fondante dell’intera base filosofica del genere musicale, ed è parte di un rapporto di amore e odio con il mercato mainstream, nell’hyperpop l’ironia è solo un pezzo del gioco, più legato all’atmosfera generalmente festosa che ruota attorno al genere musicale e alla comunità in generale. Sicuramente anche l’hyperpop ha una forte componente nostalgica nel campionamento, nelle citazioni e nel ripescare generi invecchiati e dimenticati dal grande pubblico: tuttavia questa nostalgia non ha una base escapista ma è parte di un genuino apprezzamento a cui rifarsi con slancio proattivo e positivo.
Questo nuovo fervore non è passato inosservato dal mondo mainstream. Dagli svariati articoli di giornali internazionali, all’interessamento di alcune etichette, il genere hyperpop si sta facendo notare da un pubblico sempre più vasto. Persino Spotify ha notato l’importanza della scena, creando una omonima playlist, aggiornata con cadenza settimanale, che è diventata un luogo di legittimazione per artisti emergenti nonostante alcune scelte discutibili o alcuni errori grossolani (come la recidiva confusione tra Alice Gas, artista hyperpop, e Alice Glass, fondatrice ed ex membro dei Crystal Castles).
Arrivati a questo punto ancora non si è definito cosa sia l’hyperpop: il designer John Palmer lo usa per definire il concetto di scissor label, ovvero concetti che risultano essere molto divisivi, nonostante l’assenza di una definizione universalmente accettata.
Esistono, in realtà, dei tratti salienti e comuni a quella che è la scena oggi: voci alzate di tono artificialmente, bassi a palla (spesso distorti), una struttura musicale tradizionalmente pop, tematiche molto impegnate o del tutto nonsense, senza vie di mezzo. È proprio l’estremizzazione di una o più sfere del concetto di pop, alla base del genere e del suo nome. Per rendere il concetto più chiaro, tuttavia, il migliore dei modi è sicuramente portare degli esempi emblematici oltre ai lavori già citati fin qui.
My Agenda, secondo disco dell’artista non binario Dorian Electra (che ha recentemente annunciato un tour mondiale con una data in Italia) è un mix tra la parodia di un membro medio dell’alt-right e i suoi incubi peggiori. Il disco, infatti, si pone come aperta propaganda dell’agenda gay pronta a «rendere gay anche le rane», intervallata a brani dove sono gli stessi conservatori a essere impersonificati in modo ridicolo. Il tutto condito da una forte ed eclettica sperimentazione musicale e un’insieme di featuring improbabili come, per esempio, la coesistenza in un solo brano dei Village People e delle Pussy Riot. Sebbene Laura Les, nella precedentemente citata intervista, sostenga che sia il disco precedente (Flamboyant) a essere il perfetto emblema del concetto di hyperpop, è opinione dell’autore che quel disco sia ancora troppo pop e poco hyper.
Rebecca Black è principalmente nota per il singolo Friday, divenuto uno storico meme e noto come la peggiore canzone di sempre, quando ancora una ragazzina, rilascia una canzone semplice ma involontariamente trash sull’attesa del weekend. Successivamente, ha sorpreso tutto l’Internet quando, per il decennale della pubblicazione della canzone, ha pubblicato un remix prodotto da Dylan Brady con la partecipazione di vari artisti. In uno slancio auto-ironico, ha rivisitato il suo classico in chiave hyperpop ottenendo un’esperienza catartica in grado di ripulire la sua reputazione e far notare il suo tentativo di ricostruire una carriera da cantante, questa volta sul serio.
Teen Week è il concept album autoprodotto da un giovanissimo artista di nome dltzk di cui si sa poco. Il disco parla della sua esperienza come teenager e di come questa sia ben lontana dall’idea romanzata di gioventù fatta di momenti intensi e spensieratezza, e priva di ansie e preoccupazioni per il futuro. Il disco mischia vari generi elettronici in uno stile già consolidato dall’artista nei vari singoli rilasciati nell’arco di un anno. La bizzarria di questo lavoro è chem nonostante sia del tutto elettronico, riesce a ricordare fortemente il pop-rock del periodo a cavallo del millennio, stile Blink 182, Sum 41 e Offspring.
Ci sarebbero molti altri lavori interessanti da consgliare, tuttavia si finirebbe per promuovere una sola idea di quello che è il gener hyperpop, della sua costante evoluzione che ne espande i confini e di quello che può essere. Dunque la cosa migliore da fare è costruirsi una propria opinione, esplorando una scena che ne ha davvero per tutti i gusti.