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Napoli bianconera: il calcio nelle elezioni comunali

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Antonio Junior Luchini

Napoli avrà un sindaco juventino. È bianconera la fede calcistica espressa da Gaetano Manfredi, ex rettore dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e ministro dell’università e della ricerca nel governo Conte 2. Un amore, quello per la Juve, che il candidato alle elezioni comunali della coalizione Csx-M5S non aveva mai nascosto, nonostante lo avesse reso vulnerabile a peculiari attacchi personali da parte del suo principale sfidante, il magistrato Catello Maresca.

Il napoletano juventino è nell’immaginario partenopeo un Giuda, un individuo che preferisce tifare per una prestigiosa squadra del nord acerrima rivale del Napoli, un tifoso che si schiera dalla parte dei padroni di Mirafiori e Pomigliano d’Arco, molto spesso un provinciale ignorante delle bellezze della Vera Napoli e quindi portato a provare astio verso il capoluogo e i suoi cittadini. È forse a questo topos che Maresca si è affidato nel tentativo di indebolire l’immagine del suo avversario, caratterizzandolo più volte come uno juventino venuto dalla provincia [Nola, N.d.R.] e quindi ontologicamente incapace di comprendere i napoletani e l’importante ruolo del Napoli e dell’eredità sportiva di Maradona nell’identità partenopea.

L’uso strumentale della figura di Maradona è stata infatti una delle tattiche armi adoperate da Maresca in questa bizzarra lotta identitaria: una delle liste collegate al magistrato arrivò a candidare Hugo Maradona, fratello minore di Diego. I cartelloni della lista Napoli Capitale – il cui logo riprende colori, impostazione grafica e font di quello dell’SSC Napoli in epoca Ferlaino – scatenarono presto polemiche a causa dell’uso non-autorizzato dell’immagine di Diego Armando, accostato goffamente al fratello, quasi a indicare un endorsement postumo del Dio del Calcio alla campagna elettorale del Cdx.

Il fac simile della scheda elettorale per le elezioni comunali a Napoli.

L’uso degli attacchi politici in salsa calcistica non è soltanto il sintomo di una vita politica cittadina atrofizzata e incapace di assumersi responsabilità su temi concreti quali le disastrate finanze comunali – questione che portò lo stesso Manfredi a ritirarsi inizialmente dalla corsa – ma anche una discreta somma della crisi identitaria del centrodestra campano. Archiviata definitivamente l’esperienza berlusconiana, la nuova Lega “pan-italiana” di Salvini ha scarsamente attecchito nel Meridione dopo l’exploit contenuto del 2018, appesantita dal suo passato padano e secessionista e dalla fallimentare esperienza di governo con il M5S. Non sorprende quindi che in tal contesto Maresca abbia preferito presentarsi come candidato civico e coltivare un’identità politica autonoma da quella dei grandi partiti, poggiandosi sulla retorica nazionalpopolare e su nozioni elementari di orgoglio napoletano, pur incorrendo nell’ira di partiti storicamente radicati nel territorio napoletano come Fratelli d’Italia.

Da qui probabilmente la scelta di appellarsi anche alla fede calcistica dei napoletani, base di partenza identitaria alquanto forte. Le grandi manifestazioni di cordoglio all’indomani della morte di Maradona il 25 novembre 2020svoltesi nel pieno dell’emergenza pandemica – hanno testimoniato la capacità del calcio di movimentare le folle napoletane e creare momenti di alta partecipazione civica. D’altro canto, la felice annata 2015-2016 del Napoli di Maurizio Sarri arrivato a un passo dallo scudetto dimostrò la possibilità di canalizzare l’attaccamento della città alla squadra in una rudimentale filosofia sociopolitica, altresì detta sarrismo. A discolpa di Maresca, non va inoltre trascurato l’uso strumentale dell’identitario calcistico anche da parte di esponenti grillini e del centrosinistra, quali l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Nonostante tutto, complice anche un sostanziale abbandono di Maresca da parte dei vertici nazionali del centrodestra, la coalizione Csx-M5S ha vinto con comodità le elezioni comunali. Cosa ne pensa quindi Manfredi della questione calcistica? Ritiene che il tifo non abbia luogo nella politica, eppure la sua elezione è stata già salutata con ottimismo dal patron del Napoli Aurelio De Laurentiis, in passato protagonista di lotte serrate con il sindaco uscente De Magistris sull’annosa questione della proprietà dello stadio ex San Paolo: De Magistris aveva sempre, strenuamente difeso la gestione pubblica dell’impianto, considerata inefficiente dal presidente del Napoli.

C’è forse un pizzico d’ironia nella nozione che un sindaco juventino possa rivelarsi più disposto a collaborare rispetto a un conclamato napolista. Con l’elezione di Manfredi finisce anche il regno decennale di Luigi De Magistris e la sua visione di una città ribelle, anch’essa spesso innestata a narrazioni calcistiche. Dopotutto, calcio e politica convivono quotidianamente a Napoli e provincia, sede di piccole ma collaudate realtà sportive che uniscono la passione per il pallone con missioni sociali ben definite, dall’antirazzismo del Napoli United (un tempo Afro-Napoli) passando per le idee socialiste del Quartograd e della defunta Lokomotiv Flegrea.

Come sarà il tifo napoletano nell’era Manfredi, e come si collegherà alla questione politica? Sicuramente un eventuale terzo scudetto, magari assicurato nella stessa annata 2021/2022, non potrebbe che giovare al clima cittadino e alla luna di miele elettorale del neosindaco.

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Antonio Junior Luchini

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