Piazze piene, urne vuote. L’adagio di Pietro Nenni ha ormai settantatré anni, ma non invecchia. Basta guardare la performance del Movimento Cinque Stelle alle elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre. Perse Roma e Torino, ininfluenti nelle larghe vittorie delle coalizioni giallorosse al fianco del Partito Democratico, umiliati dall’ex Paragone a Milano, superati a Trieste dai no-vax del Movimento 3V (Vaccini Vogliamo Verità). Dei fasti del passato non resta che un pallido ricordo. Calano i consensi in tutta Italia: Savona 6,4%, Novara 5,3%, Grosseto 5,2%, Salerno 4,4%, Ravenna 3,9%, Latina 3,3%, Pordenone 3%, Rimini 2,4%, Varese 1,6%. Più che una serie di voti espressi, un elenco telefonico di percentuali da prefisso.
Non è bastato ai Cinque Stelle (o cinque voti, a giudicare dai numeri) il trionfale nuovo corso di Giuseppe Conte, il fu Avvocato del Popolo eletto capo politico dopo una fase convulsa e qualche attrito di troppo con il padre del Movimento, Beppe Grillo. Tanto amato dalla gente quanto ignorato, poco dopo, nel segreto della cabina. Strano a dirsi, dati i bagni di folla registrati nel suo tour in pompa magna nello Stivale. «L’avevo detto, ci avrei messo la faccia e ce la metto» ha commentato sconsolato al Tg1 dopo la disfatta. «Questo è il tempo della semina per il M5s, il nuovo corso non ha potuto dispiegare appieno le sue potenzialità. I risultati confermano le sue enormi potenzialità e la prospettiva seria di lavorare con le forze progressiste».
Quali siano i risultati positivi cui fa riferimento il nostro non è dato sapere, ma l’impegno da parte dell’ex presidente del Consiglio non è senz’altro mancato. Da Nord a Sud, Giuseppi ha attraversato la Penisola pedibus calcantibus (il tour si è chiuso l’8 ottobre), sciorinando le sue «inderloguzioni» e i suoi «bundi brogrammadigi» davanti a orde di curiosi e donne impazzite come a un concerto di un divo del rock. Perché dunque un fiasco simile, nonostante «il suo eccezionale e stakanovistico impegno» (parole loro)? A cosa imputare questa mancata corrispondenza di piazze e urne?
Non a un abbandono del pubblico femminile. Nemmeno a un astensionismo a tradimento, seppur il fenomeno sia presente e non possa essere ignorato. Proviamo a osservare, da Nord a Sud, le tappe del Giro d’Italia di Conte, escludendo i centri più importanti. Oderzo, Villorba, Albignasego, Chioggia, San Giovanni Lupatoto, Treviglio, Cassina De Pecchi, Pioltello, Desio, Varedo, Limbiate, San Giuliano, Arcore, Verano Brianza, Massa Finalese, Finale Emilia, San Giovanni Persiceto, Cattolica, Pinerolo, Beinasco, Nichelino, Carmagnola, Montevarchi, San Sepolcro, Città di Castello, Castelfidardo, Roseto degli Abruzzi, San Giovanni Teatino, Francavilla al Mare, Sannicandro Gargano, Gioia Tauro, Locri, Cisterna di Latina, Pontinia, Volla, Sapri, Vico Equense, Frattaminore, Arzano, Adrano, Grammichele, Giarre, Misterbianco, Pachino, Vittoria, San Cataldo, Alcamo. Non proprio città: piuttosto, paesi.
La distinzione è dirimente. Chiunque abiti in uno di questi posti sa come funziona. Le alternative alla monotonia e alla calma piatta, nei piccoli centri, sono spesso le partite di calcio al bar, il gioco d’azzardo, le slot machine, le piazze, i drink e altre innocenti evasioni, più o meno legali. Oppure, le feste patronali. In quelle occasioni, le pro loco e il Comune invitano un grande artista, un nome importante, a suonare o a esibirsi nella piazza centrale, attraendo visitatori e fornendo una serata diversa alla cittadinanza. Anche i più disinteressati, per amor di novità, si ritrovano a partecipare alla festa.
Giuseppe Conte altro non è che l’Anna Tatangelo, il Maurizio Battista, il Gue Peqeño di turno, arrivato ad Albignasego o a Sannicandro Gargano a portare una ventata di novità ed evasione. È l’uomo della pandemia, la faccia amica del lockdown, il presidente in tv, quello dei “nomi e cognomi”, non il leader del partito più numeroso del Parlamento italiano. Poco importa se si ama la politica o non si è mai andati a votare: Giuseppi è in tour, al paese è arrivata la festa.