Le tematiche di genere sono sempre più spesso percepite come rigide e semplificate, quando invece risultano essere molto complesse ed elastiche, in quanto soggette a diverse letture e trasformazioni a seconda del periodo storico di riferimento.
Oggigiorno si possono riscontrare e ritrovare le tematiche di genere in tutti i media, come ad esempio in internet, nei programmi televisivi, nelle pubblicità o nei giornali. Un vecchio spot della bibita Sprite recitava: «L’immagine è zero, la sete è tutto». Mai come adesso risulta chiaro quanto il messaggio di questo spot risultasse falso. Infatti, oggi l’immagine è tutto, soprattutto per i nuovi media, che trattano i vari argomenti descrivendo immagini rigide e semplificate. Tutto questo finisce per avere grosse conseguenze quando l’argomento trattato ha a che fare con le tematiche di genere.
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La rappresentazione sociale vede l’uomo come un essere potente, mentre la donna come un essere debole e da difendere. Questi stereotipi tendono a essere accettati dalla maggior parte delle persone e sono fortemente radicati nella società, a tal punto da essere presente anche a scuola. Lo stereotipo di genere risulta essere una fotografia statica. Un’immagine generalizzata e come tale viene poi utilizzata da quei mezzi che si basano soprattutto sull’immagine: i media. Nelle pubblicità effettivamente è possibile trovare estreme forme di semplificazione di genere, soprattutto nel caso delle donne. Vi è la tendenza di rappresentare e autorappresentarsi come corpi oggettivati, ossia come oggetto di consumo, intercambiabili e privi di individualità. Questo va soprattutto a generare pesanti conseguenze a livello personale e sociale.
Nella definizione di violenza di genere rientrano quelle forme di violenze agite contro il genere femminile, proprio in quanto appartenenti a quella categoria. Riguarda molte forme di violenza come quella fisica, sessuale, economica, psicologica e rientrano anche varie forme di molestie e stalking. Pertanto è altamente attinente e importante il ruolo delle relazioni tra uomo e donna. La violenza, secondo alcune interpretazioni, ha il compito di mantenere lo status quo, vale a dire una condizione di controllo e supremazia maschile. La violenza di genere è un tema molto complicato; difficile da nominare e a volte da riconoscere. Essa è fenomeno fortemente diffuso anche tra i giovani ed è probabile che sia l’età giusta dove lavorare e provare a confrontarsi facendo prevenzione.
Sensibilizzare è corretto, ma non sempre le migliori intenzioni portano i migliori risultati. Nel 2012 la Commissione Europea ha divulgato Science, It’s a Girl Thing, uno spot rivolto alle giovani ragazze per incoraggiare il loro orientamento scolastico anche verso materie scientifiche. Questi indirizzi di studio, infatti, vengo intrapresi per lo più dal genere maschile.
Lo spot si apre con tre ragazze, vestite con gonne e tacchi, che presumibilmente entrano in un laboratorio illuminato da neon. Li è presente un uomo, vestito con il camice, che le vede arrivare. Il video continua con inquadrature sulle ragazze alternate a rossetti, polverina che va richiamare il make-up, dei becher dai quali fuoriescono vapore o liquidi, e delle palline che si potrebbe ipotizzare vadano a richiamare i disegni delle molecole chimiche. Il tutto tra risate delle stesse ragazze e una musica elettronica di sottofondo. Lo spot si chiude mostrando il nome della campagna di sensibilizzazione con la lettera “i”, della parola “science”, sostituita con un rossetto.
Il video della Commissione Europea ricevette fin dalla sua pubblicazione parecchie critiche e in seguito venne rimosso. «Vogliamo ribaltare i cliché e mostrare alle donne e alle ragazze, e anche ai ragazzi, che la scienza non è fatta di vecchi in camice bianco» , dichiarò Geoghegan-Quinn, allora commissaria europea per la ricerca, l’innovazione e la scienza al Parlamento europeo.
Il video sicuramente era partito con le intenzioni di incentivare e accattivare una campagna più ampia volta anche a contrastare lo stereotipo che vede le donne non portate per le materie scientifiche o di ricerca. Purtroppo lo spot è stato un insuccesso dal punto di vista del superamento di certi luoghi comuni, andando a toccare degli ulteriori stereotipi riguardanti il genere femminile.
In una società, più le relazioni tra maschi e femmine sono rigide e ineguali maggiormente si registrano alti tassi di violenza maschile familiare contro il genere femminile, mentre nelle società in cui vi è un tasso di subordinazione minore vi sono tassi minori di abusi, stupri o altre forme di violenze. Allora è proprio in questa relazione, tra uomini e donne, che bisogna ricercare la strada per allentare quei costrutti culturali che portano e supportano relazioni rigide, ineguali o in cui vi è dipendenza.
In Italia, secondo l’Istat, le donne che dichiarano di aver subito violenze fisiche o sessuali da partner o ex partner sono il 13,6%. Partner ed ex partner sono gli autori del 62,7% degli stupri e più in generale di oltre il 90% dei rapporti sessuali indesiderati o non consenzienti, vissuti quindi dalla donna come violenza . Questi dati mostrano che è nei vissuti delle relazioni che bisogna lavorare e che questi rapporti disfunzionali tra uomo e donna, soprattutto nelle relazioni affettive, si possono scardinare mediante l’educazione.
La scuola sembra essere il luogo adatto per contrastare questo fenomeno e per attuare un cambiamento, sviluppando un giudizio critico degli stereotipi. Proprio perché le discriminazioni non hanno un fondamento biologico ma sono il risultato di influenze ricevute, fin dall’infanzia.
Una buona educazione alla sessualità può richiamare fortemente anche le tematiche di genere. Nasce anche da questa idea il progetto della Regione Emilia Romagna W L’AMORE che, partendo dai comportamenti a rischio in ambito sessuale, relazionale e di genere, finisce per occuparsi di prevenzione degli stessi e della promozione della salute e del benessere sessuale.
Questo progetto bolognese ha provato, tra le altre cose, a far da collante tra le relazioni (adolescenziali) e le problematiche di genere, ponendo l’attenzione sul tema del consenso. I temi del piacere, proprio e dell’altro, e del consenso sono profondamente collegati tra di loro: basti pensare al rispetto e alla valorizzazione delle scelte dell’alterità che possono avvenire anche solo in un rapporto sessuale. Sembra opportuno creare degli spazi di libertà, di desideri e di autodeterminazione, nei giovani, specialmente per le ragazze a cui non è sempre permesso (e già questo termine dovrebbe far riflettere). Atteggiamenti e linguaggi misogini, che caratterizzano discorsi maschili, e talvolta anche quelli femminili, mostrano quanto sia interiorizzata la subalternità delle donne e delle ragazze nelle relazioni affettive e nell’immaginario sessuale.
Una virtuosa pratica di educazione sessuale può e dovrebbe avere l’obiettivo di proporre strumenti operativi e di riflessione riguardanti la pluralità delle identità e i desideri dei ragazzi e delle ragazze, in maniera non normativa e indirizzante. Essa dovrebbe essere svincolata da un’ottica solamente sanitaria, psicologica e da rigide visioni etico-religiose. I ragazzi e le ragazze potrebbero acquisire strumenti inerenti alla sessualità guardando a una possibile emancipazione da stereotipi e pregiudizi misconcezioni di genere e, di conseguenza, anche dalla violenza di genere.
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La scuola sembra essere il luogo adatto dove investire risorse e energie in termini di prevenzione e sensibilizzazione. Vi è il bisogno di andare a costruire nuove pratiche educative, in un’ottica plurale e inclusiva, che devono essere supportate da politiche ben definite. Quest’ultime dovrebbero promuovere anche una concezione della sessualità plurale e complessa, che porti a parlare nelle scuole di tematiche come i rapporti tra maschi e femmine, permettendo la discussione, la riflessione, il coinvolgimento e la responsabilizzazione delle nuove generazioni.
Per quanto riguarda l’ambiente sociale vi è l’idea di una nuova concezione di uguaglianza che va a problematizzare la convivenza e la coesistenza di due individualità anche diverse. Sia uomini che donne dovrebbero avere pari opportunità di accedere e a stare negli ambienti scolastici e lavorativi, per poter anche far carriera. Il concetto di pari opportunità porta con se l’idea che vi siano raggiunte condizioni di uguaglianza tra due soggetti diversi senza tralasciare le loro specificità. Dunque pari possibilità di accesso al mondo del lavoro per le donne e gli uomini, tramite un analogo percorso formativo ed educativo. Senza dimenticare la particolarità dei singoli soggetti in campo. L’obiettivo è quello di eliminare gli ostacoli che impediscono la parità di accesso al lavoro garantendo anche una diversa organizzazione del lavoro.
Da un punto di vista più ampio, però, vi è bisogno di un’alleanza e di una rimodulazione dei ruoli, perché vi è sempre il rischio di ricadere negli stereotipi, per cui ad esempio la donna deve occuparsi delle faccende di casa mentre il marito lavora. Invece deve essere compito di entrambi e non un aiuto degli uomini alle donne. Da questo punto di vista, si è mossa anche l’azienda di arredamento Ikea, la quale ha ideato la campagna Non aiutarla in casa per sensibilizzare un lavoro e una collaborazione reciproca tra uomo e donna, e non frutto di un aiuto in faccende che riguardano la donna. Qui sta la vera collaborazione, che deve riguardare entrambi i sessi.
L’alternativa alla violenza è e deve essere la parola, che oltretutto è alla base della cultura: ma dove si può dar voce a questa parola? Entrare nell’ambiente familiare mediante azioni attive sembra molto difficoltoso. Le discriminazioni di genere devono essere catturate nel luogo deputato all’educazione e alla formazione, cioè la scuola. L’adolescenza è il momento giusto in cuoi ogni individuo entra in rapporto con l’alterità per definire anche le proprie appartenenze, per confermare o ribaltare le credenza costruite dalla famiglia. Lavorare con i giovani e i loro vissuti tormentati sembra essere la soluzione migliore per ravvisare la situazione della società e per provare a scardinare la subcultura latente che influenza fortemente la disparità di genere.
All’interno delle classi, attraverso progetti di educazione sessuale, si può spaziare in tutte le tematiche che riguardano il genere. Attraverso la pratica di un’educazione sessuale si potrebbe parlare di corpi come corpi sessuati. Cosa e chi mi piace? Partendo da queste domande trattare i temi riguardanti il genere, come il sesso biologico, l’identità di genere o l’orientamento sessuale.
Risulta fondamentale aprire dialoghi su il rispetto dell’alterità e delle sue scelte, anche se esse possono essere discordanti dalle nostre. Saper tener in considerazione la prospettiva dell’altra persona, accettare un rifiuto e ritenere importante anche il piacere del partner sono tutte dinamiche utili per migliorare i rapporti e le relazioni tra uomo e donna.
Davide Romandini
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