Quando si parla di magia, in particolare in Italia, ci si trova spesso di fronte a uno scetticismo facilmente imputabile all’ignoranza diffusa verso l’arte magica e la prestigiazione. Essere appassionati di questo incredibile mondo significa anche accettare il fatto che ad oggi la magia non sia ancora in grado di fare breccia nel cuore del grande pubblico. Attenzione, con “grande pubblico” non si vuole intendere un insieme più o meno numeroso di persone stuzzicate dall’idea di vedere qualcosa di nuovo, quanto piuttosto un interesse generalizzato e trasversale capace di entrare prepotentemente nelle serate degli italiani. Il tentativo messo in atto da Rai 2 con il docu-reality Voglio essere un mago! è stato senza dubbio audace e in principio rappresentava uno spiraglio di luce importante verso un possibile boom della magia in TV. Tentativo che però non è andato a buon fine.
Con il senno di poi chi ama quest’arte non può definirsi totalmente soddisfatto e forse razionalmente bisognava aspettarselo. Razionalmente sì, ma quando si parla di magia la razionalità scompare come una carta impalmata. Ripercorriamo assieme l’esperienza (di visione) del programma e cerchiamo di capire cosa ha portato a quel parziale fallimento che lo ha retrocesso dalla prima serata alla fascia pomeridiana.
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I professori e un interessante mix di approcci
La costruzione di Voglio essere un mago! ha messo le proprie fondamenta sulla presenza di alcune personalità di spicco del mondo della magia in Italia. Il primo è Silvan, voce narrante dell’intero docu-reality e con ogni probabilità il prestigiatore più conosciuto nel nostro Paese soprattutto nella fascia d’età degli over cinquanta. A seguirlo, in termini sempre di popolarità trasversale, si è visto in scena Raul Cremona, nel ruolo di magister della scuola. Infine, a completare il parterre i tre veri e propri professori: Eleonora Di Cocco, professoressa di “grandi illusioni”; Federico Soldati, noto mentalista attivo principalmente in Svizzera; Jack Nobile, prestigiatore esploso su YouTube dove conta oltre un milione di iscritti, responsabile dell’insegnamento di close up, coadiuvato dai suoi amici Hyde e Sbard (rispettivamente noti per le abilità di cubomagia e cartomagia).
Un mix di generazioni ma soprattutto di approcci. Uno dei passaggi più interessanti sul piano della conoscenza della magia si è visto durante il controverso dibattito, con relative prese di posizione da parte degli studenti e delle studentesse, tra Raul Cremona e Jack Nobile sulla relazione tra persona e personaggio in scena. Da un lato il magister milanese, celebre per la sua teatralità della scuola Silvan, ma soprattutto scuola statunitense, che ha sostenuto l’imprescindibilità di costruirsi un personaggio in grado di andare oltre al vissuto del performer. Dall’altro il giovane friulano, da sempre affine alla scuola spagnola di Tamariz e del suo naturale successore DaOrtiz, che ha dedicato un’intera lezione all’importanza di essere sempre sé stessi, spiegando a chiare lettere come la magia sia un’arte che non deve mai essere confusa con la recitazione.
Questione di stile e di scelte, insomma. Non ce n’è una giusta. Tuttavia, per prendere una posizione in merito ci teniamo a consigliarvi la fruizione di spettacoli di magia di tre fuoriclasse del settore in Italia: Diego Allegri, Gianfranco Preverino e Aurelio Paviato.
I tratti stucchevoli del reality show
Poteva essere una proposta simile a un talent, ma purtroppo è sfociata nel reality. L’idea, forse romantica, di poter godere di un programma di magia in prima serata su Rai 2 aveva fatto pensare a un full immersion di lezioni sui color change, sulla levitazione e sul mentalismo. Così però non è stato. Proprio la collocazione in una fascia oraria dove esistono necessità di audience, che comunque resta una scelta costruita ex ante, ha in parte sminuito l’importanza della magia a fronte di narrazioni che non hanno provocato nulla ai telespettatori. Le tre “storie d’amore” nate tra i ragazzi delle casate non sono certamente da ripudiare, ma in questo caso la considerazione da fare è un’altra: non interessavano a nessuno. Lungi da noi giudicare contenuti televisivi che costruiscono il loro share su liaison amorose, ma con il senno di poi possiamo constatare che a poco sono servite.
Inoltre, resta discutibile anche la scelta di inserire in corsa i cosiddetti “babbaloni”, ossia dei noti tiktoker giovanissimi senza alcuna abilità magica con la finalità esplicita di avvicinarli alla magia e con la finalità implicita di avvicinare i loro follower più fedeli a fruire del contenuto per vedere all’azione i loro beniamini. Ci sono modi e modi per cercare un punto di incontro tra i due mondi e a detta di chi scrive questo non è stato particolarmente coerente. Anzi, esistono molti maghi più o meno giovani che stanno cercando di farsi strada sui social ma il veicolo alla base di ciò non può che essere la magia, quella fatta bene.
Dalla prima serata al daytime
Uno dei primi segnali dello scarso appeal del programma è arrivato con la comunicazione del cambio di palinsesto di Rai 2. I risultati in termini di pubblico hanno infatti determinato il cambio di orario, passando dalla prima serata al daytime, con puntate frammentate da quarantacinque minuti. Stando ai dati sull’audience, ciò che si può osservare è che non si è mai registrata una percentuale di share superiore al 4%, per poi arrivare a un misero 1,6% nella puntata pomeridiana del 21 ottobre. Insomma, nonostante l’impostazione che la produzione ha deciso di dare a Voglio essere un mago! tanti elementi hanno dimostrato che la volontà di proporre un taglio simile a quello de Il Collegio non ha ripagato.
Il Collegio, infatti, nasce con obiettivi chiari e un concept strutturato per fare audience (e ci riesce), grazie anche alla mole indescrivibile di streamer che divertono il pubblico con le loro reaction. Tutto ciò senza intaccare la percezione di ciò su cui poggia il programma, ossia la scuola. Per contro, Voglio essere un mago! con questa impronta ha per certi versi subito un effetto boomerang: intanto non ha coinvolto le masse e per di più non ha fatto né avvicinare né comprendere l’arte magica. Razionalmente c’era da aspettarselo? Probabilmente sì, anche per una mera questione di target.
La magia in televisione
Per quanto riguarda il tema della magia in televisione ci sarebbe da parlare per giorni e giorni. La domanda che ci si può fare è se effettivamente la prestigiazione a tutto tondo può trovare nello schermo televisivo un canale efficace. A nostro avviso no. Consideriamo in questo momento la micromagia (carte, monete, cubi, eccetera): da un punto di vista tecnico, l’incrocio tra le necessità dello schermo, dall’editing alle luci, e le skill del mago sembrerebbero essere inconciliabili. I tagli, le luci sbagliate su una misdirection, il numero elevato di telecamere, sono tutti elementi che fanno propendere verso una quasi totale incompatibilità dei due mondi.
Attenzione però: il discorso va contestualizzato al nostro Paese e ne abbiamo le prove. Nel corso degli anni, infatti, ci sono state molte performance di magia, più o meno riuscite, più o meno distrutte, soprattutto a Italia’s Got Talent, in cui chi ha un minimo di competenza in materia si rende conto che, al netto del risultato, ci sono troppi elementi che non funzionano.
Ciononostante, è giusto fare i complimenti agli studenti e alle studentesse che hanno partecipato al programma e che in molti frangenti hanno messo in luce grande talento, nella speranza possano diventare delle figure importanti nel mondo della magia. Un plauso particolare va anche a Daniel, il vincitore della bacchetta d’oro, un giovane che ha davvero le carte in regola per stupirci con la sua arte. Ci sarà una seconda edizione di Voglio essere un mago!? Non si sa… E ad oggi non sappiamo se sperarci o meno.