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Economia

Ddl Zan: il triste ritorno sulla scena della politica italiana

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Daniel Bonfanti

Il 30 ottobre 2021 la legge contro l’omotransfobia ha compiuto quarant’anni. In Norvegia. In Italia invece si è festeggiato per l’affossamento del Ddl Zan o ci si è indignati per quella che è stata descritta come una delle pagine più brutte della storia parlamentare. Dopo mesi di appiattimento intorno alla figura di Mario Draghi, la politica italiana è tornata, e siamo solo all’inizio. Perché l’anno che verrà non sarà solo segnato dall’elezione del Presidente della Repubblica, ma anche da due referendum molto attesi. E il dibattito a cui assisteremo sarà simile, nei toni e nei contenuti, a quello messo in scena dalle forze politiche in merito al Ddl Zan. Al di fuori del teatro politico resta invece una mancanza enorme, quella della tutela di un’intera comunità che ogni giorno è vittima di discriminazioni e violenze.

Leggi anche: Referendum sull’eutanasia: che sia la volta buona?

Una legge necessaria

Nonostante già nel 2007 una risoluzione del Parlamento Europeo avesse invitato gli Stati membri ad adottare provvedimenti volti a contrastare l’omofobia, l’Italia ancora non dispone nel suo ordinamento di questa legge. Nel nostro Paese solo nell’ultimo anno sono state almeno 170 le denunce di aggressioni e violenze omofobe presentate alle Forze dell’Ordine, ma è lecito pensare che le vittime siano state di più. Sono infatti molte le persone che non denunciano, in quanto non tutelate dal nostro ordinamento.

Il Ddl Zan cercava di rispondere a un duplice bisogno. Introdurre il reato d’odio motivato dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere e allo stesso tempo cercare di contrastare l’omotransfobia attraverso l’educazione alle differenze. Purtroppo le forze politiche, come spesso accade, si sono preoccupate del consenso del proprio elettorato piuttosto che affrontare la complessità del tema. Ne è risultato un triste spettacolo per lo più fine a sé stesso, autoreferenziale, tanto che il Ddl Zan è stato affossato senza nemmeno esser votato. Un dibattito volto solo a rafforzare le diverse narrazioni, risoltosi con un nulla di fatto. Perché questa legge era e rimane necessaria, ed è impensabile – malgrado il triste esito del Ddl Zan – che una questione così importante si chiuda in questo modo. La discussione, quindi, è soltanto rimandata.

Il ritorno della politica

Dopo un periodo in cui larga parte dei partiti ha sostenuto Mario Draghi privandosi della propria identità, la politica è tornata in scena. Il Ddl Zan è il primo vero provvedimento slegato dall’iniziativa dell’esecutivo da quando Mario Draghi si è insediato a Palazzo Chigi. Se si escludono infatti gli strappi della Lega soprattutto sul green pass, lo scontro in Parlamento in questi mesi è stato sostituito – vista la larghissima composizione della maggioranza – da un generale adeguamento alle decisioni del Consiglio dei Ministri. La Legge Zan è stata per i partiti invece l’occasione di riappropriarsi della propria identità.

Leggi anche: Avvocato Angelo Greco: green pass e obbligo vaccinale.

Il Pd ha davvero fatto male i conti?

Il Partito Democratico ha sempre sostenuto la legge che portava la prima firma del suo deputato Alessandro Zan, e ha sempre respinto qualsiasi tentativo di modifica del testo. Ma aveva fatto male i conti ed è andato a sbattere contro un muro. Difficile sapere chi siano stati i franchi tiratori al momento del voto alla “tagliola”, considerato anche il peso degli assenti giustificati e non. Ma è altrettanto arduo pensare che Letta e i suoi fossero certi di avere la maggioranza. La scelta del Partito Democratico è stata quella di andare fino in fondo, probabilmente sapendo di non avere i numeri, ma mostrandosi irremovibile di fronte alle ipotesi di mediazione. Con un esito di questo tipo però è lecito chiedersi se questa fosse l’unica strada per dimostrarsi coerenti con la propria narrazione.

Lo spettacolo indegno del centrodestra unito

Dal canto suo la destra si è riscoperta unita proprio nel momento in cui ritornava in voga la fallace idea di un qualche tipo di contrasto tra i tre leader di uno schieramento che, in realtà, è sempre stato compatto. Lo ha fatto offrendo uno spettacolo indegno con quell’esultanza e quegli applausi in Senato in seguito alla soppressione di un processo democratico volto a garantire tutele e diritti. La destra urla e applaude in aula per aver soppresso una legge, il centrosinistra si indigna. La trama è nota e appena si è presentata l’occasione è andata in scena.

Leggi anche: Omotransfobia: chi ha paura del decreto Zan?

Il peso politico di questo voto

Anche Renzi ha rispettato il copione, pensando già alla partita per il Quirinale. Alla Camera il Ddl Zan è passato anche con i voti di Italia Viva, che a luglio prima della votazione in Senato ha iniziato ad aprire a modifiche al centrodestra. Senza dubbio il Ddl Zan da quel momento in poi è diventato sempre più debole. Questo voto crea inevitabilmente uno scenario nuovo per quanto riguarda l’elezione del Presidente della Repubblica e possibili alleanze elettorali. Il Pd ha infatti attaccato duramente il partito di Matteo Renzi ritenendolo il vero responsabile dell’affossamento del disegno di legge. Lo stesso Alessandro Zan si è scagliato così contro Italia Viva:

Verso i referendum

Sul Ddl Zan la classe politica italiana ha fallito, non riuscendo a portare a termine l’iter parlamentare di una legge necessaria. Non c’è stata in nessun momento la volontà di affrontare la complessità di un tema sentito e urgente e di svincolare il dibattito dalla ricerca del consenso. La politica è tornata a fare la politica: lo spettacolo, con i suoi diversi attori, è tornato in scena e ha inghiottito nel suo vortice qualsiasi istanza di cambiamento. Difficile credere che in vista dei referendum su eutanasia e cannabis questo gioco possa non ripetersi.  

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Daniel Bonfanti

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