Parlare d’amore non è semplice, scriverne lo è ancor meno. I più grandi poeti e artisti della storia hanno cercato di ricreare le loro sensazioni tramite poesie, quadri, arazzi, libri, canzoni. E in ognuna di queste produzioni, dantesca o botticelliana che fosse, l’amore è riuscito a incastonarsi senza nessun problema.
E ancora oggi, in un mondo e in un tempo in cui si ha un disperato bisogno di amare ed essere amati, queste produzioni artistiche e letterarie continuano indefessamente. Certo, non esistono più i Dante o i Raffaello, ma questo perché l’evoluzione storica ha portato a un altro tipo di ricerca e di capacità descrittiva della società.
Tra i vari libri giunti sulla scrivania in quest’ultimo periodo, Una storia straordinaria di Diego Galdino ha attirato l’attenzione in maniera particolare, tanto che al termine della lettura ho deciso di scambiare ben più di due parole con l’autore di un libro commovente che travalica i confini dell’ottimismo.
Storie di vita vissuta, idee trovate tra un caffè e l’altro, tra una passeggiata, un ricordo, un film, una lettura. Tutto ciò che lo circonda è stato ed è elemento d’ispirazione per quello che è definito il Nicolas Sparks italiano.
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Chi è Diego Galdino?
«Diego Galdino è un barista romano che ama il suo lavoro. Ma se è vero che in ognuno di noi esiste più di una persona, allora anche dentro Diego era latente uno scrittore. Mi piacerebbe che la mia storia venga raccontata, perché è la dimostrazione che i sogni si avverano».
Una storia straordinaria rappresenta ciò che può essere definito non convenzionale. Raccontaci l’idea di questa storia d’amore.
«Dunque, la storia nasce dal bisogno di raccontare. Da sempre mi sono reso conto di avere qualcosa da dire al mondo, alle persone, a chiunque volesse ascoltarmi. È la storia di due anime gemelle, di persone destinate a stare insieme.
Questo libro non è stato molto fortunato, è uscito a cavallo della pandemia, nel momento in cui avrei dovuto fare presentazioni e letture in giro per l’Italia. Ci tenevo particolarmente perché è stato il primo mio libro pubblicato con Fanucci Editore, che per il genere romantico ha la Leggere Editore. Io sono stato il primo autore di genere maschile a scrivere un romanzo rosa per questa casa editrice».
Dimmi se sbaglio, ma leggendo il tuo libro ho trovato tre intrecci d’amore: la storia tra Luca e Silvia, la storia tra Luca e il cane, la storia tra Luca e Roma. E se vogliamo un “più uno”, la storia tra Diego e Roma.
«Io ho avuto questa grande fortuna di essere nato a Roma. Cerco di rendere onore alla città mettendola come protagonista. Quando vado all’estero a presentare i libri faccio anche figure imbarazzanti, perché spesso mi portano a vedere viste meravigliose, ma ho sempre quel “sì, però” pronto. Perché Roma è Roma».
C’è uno stacco temporale tra i primi due anni raccontati nel prologo e la storia vera e propria. È stato più facile creare la storia prima o la storia dopo?
«La mia idea era di iniziare in maniera differente, volevo fare qualcosa di particolare. Mettere i due protagonisti uno davanti all’altro solo con i sensi mi è sembrata una scelta interessante. Entrambi inizialmente dovevano essere non vedenti, ma sarebbe stato troppo complicato sviluppare la storia. Mediamente in due mesi ho completato la stesura, però la parte iniziale è quella che mi ha dato più soddisfazione al momento della scrittura, mi ha permesso poi di far intersecare tutto dopo. Il prologo era veicolato per far capire al lettore che queste due persone si sarebbero dovute incontrare».
Come hai costruito i personaggi, soprattutto quelli di contorno? Sono già presenti in fase di delineazione della storia o nascono in itinere?
«Le mie storie nascono da una domanda: cosa farei io in una storia così? Scrivo in prima persona, attraverso i protagonisti: quello che fanno loro è ciò che farei io. Anche nei personaggi secondari c’è sempre un po’ di me. Sono tutte persone con cui lavoro di fantasia, ma con una base concreta dietro che si fonda sulle mie esperienze reali. È normale che poi vada caratterizzato il personaggio, ma è più facile da caratterizzare».
Qual è il background letterario-formativo di Diego Galdino? A chi ti sei ispirato per dare forma alle tue storie?
«Dovrei pensarci un attimo [ride, N.d.R.]. Mi viene subito da rispondere Persuasione di Jane Austen, un libro che parla di seconde occasioni. Non è probabilmente il più bello che io abbia mai letto, ma è sicuramente quello della mia vita. Prima di vedere il film C’è posta per te, non avevo mai letto Jane Austen; e all’interno della trama Orgoglio e Pregiudizio è il romanzo trattato dai protagonisti. Una volta letto cominciai ad appassionarmi all’autrice e con Persuasione rimasi folgorato.
Mi chiamano il Nicolas Sparks italiano: molti si aspettano che il mio romanzo preferito sia Le pagine della nostra vita. Sicuramente è un libro fondamentale per chi scrive romanzi d’amore, ma non è il mio preferito. Una volta incontrai Sparks alla presentazione di un suo libro, fu molto divertente: io ero agitato e lui gentilissimo. Mi disse che la prossima volta tutte quelle persone sarebbero state lì per me».
Spesso usi il gergo romanesco o il “detto” romano. Ma come lo traduci nei tuoi libri?
«Ho un bellissimo rapporto con i miei traduttori all’estero, con cui ho bisogno di avere un contatto diretto proprio per tradurre nella maniera corretta quello che scritto. Non solo inserisco frasi in romanesco, inserisco anche la gestualità. Poi ci sta il “romano volgare” e quello più “soft”. Con tutto che sono laziale, per me il romano è Claudio Amendola».
Com’è considerato Diego Galdino all’estero?
«Sono rimasto incredulo davanti a tante situazioni. Una volta mi trovavo in Bulgaria per una presentazione e mi portarono in questo bar famoso di Sofia. Il giorno prima avevo partecipato a un programma mandato in onda sulla rete nazionale, e una ragazza vestita da sposa, presente nel bar mi riconobbe. Mandò subito una persona a comprare il mio libro per farselo autografare. Di storie così ne ho moltissime, ma ancora non me ne capacito [ride, N.d.R.]».
Un consiglio che daresti a chi vuole iniziare a scrivere romanzi?
«Ormai devi investire e avere molti follower. Poi puoi iniziare a scrivere. Purtroppo questa è una grande verità: una delle cose che mi fanno essere orgoglioso pensando a me scrittore è che vengo da un contesto che non c’entra nulla con l’editoria. È stato un miracolo. Poi per carità, devi essere anche bravo a crearti una base concreta con i social, è un’abilità anche quella. Però ci perdono gli scrittori “tradizionali”».