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Sport

La comunicazione fa canestro: cent’anni di basket in Italia

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Giacomo Castiglioni

In occasione dei cento anni della Federazione Italiana Pallacanestro (FIP), l’8 novembre si è tenuta nell’Aula Magna dell’Università Cattolica di Milano la lezione aperta dal titolo “La comunicazione fa canestro, un tiro da 100”. L’evento, che ha celebrato non solo il centenario della FIP ma anche quello della Cattolica, ha visto la partecipazione del presidente della FIP Gianni Petrucci, della leggenda del basket italiano Dino Meneghin, della docente universitaria Patrizia Musso e del presidente di Openjobmetis e Pallacanestro Varese Marco Vittorelli.

Durante l’incontro, moderato dalla giornalista Alessandra Ortenzi, si è dibattuto in particolare del rapporto tra comunicazione e sport, della sua evoluzione nel corso degli anni e di come esso abbia influenzato sia il mondo sportivo che quello della comunicazione e della pubblicità.

Foto: Giacomo Castiglioni.

La forma è sostanza, lo sport è comunicazione

Il primo tema affrontato è stato quello del nuovo logo della FIP, che a detta del presidente Petrucci verrà presentato il prossimo anno in occasione degli Europei di basket che si terranno in varie città europee, tra cui Milano. Come sottolineato anche da Petrucci, quando si comunica qualcosa l’aspetto estetico (e dunque la forma) è fondamentale. Per un’azienda o una società sapere comunicare bene è essenziale, e l’elemento più importante attraverso cui un brand si racconta e comunica è innanzitutto il logo.

In uno degli interventi più interessanti dell’incontro, Patrizia Musso (docente di Brand communication e di Storia e linguaggi della pubblicità alla Cattolica) ha insistito proprio su come lo sport dovrebbe interrogarsi sul rapporto tra forma e sostanza, tra quello che si vuole comunicare e come lo si vuole comunicare. Un brand si racconta in primo luogo proprio tramite una forma, il logo, che deve quindi esprimere l’identità dell’azienda o della società in modo efficace. E dato che diversi brand hanno una storia lunga molti anni e la loro identità può variare col tempo, il logo deve riuscire ad adattarsi e a mutare anch’esso per continuare a comunicare efficacemente l’identità e i valori del brand che rappresenta. Di conseguenza, ecco la necessità di aggiornare il logo della FIP, la cui ultima modifica risale al 2007.

Un buon esempio di quanto appena detto (citato anche dalla professoressa Musso) è la collaborazione tra Italbasket, la nazionale italiana di pallacanestro, e Spalding, la nota azienda di articoli sportivi e fornitrice ufficiale dei palloni della NBA dal 1983 fino alla scorsa stagione. In occasione dei cento anni della FIP, Spalding ha realizzato infatti il nuovo logo e le nuove divise della Nazionale (quelle usate anche alle Olimpiadi di Tokyo), oltre che una collezione di abbigliamento sportivo e streetwear. Accanto ai classici elementi che caratterizzano il logo e le divise (i colori della Nazionale e gli spicchi di una palla da basket), l’elemento innovativo è introdotto dalla forma della scritta “Italia”, che ricorda il font dinamico del logo della stessa Spalding. Ecco, quindi, come il nuovo logo richiama sia la storia e i valori classici del basket italiano, sia la determinazione nello stare al passo coi tempi.

Leggi anche: Tokyo 2020: le atlete nella storia delle Olimpiadi.

Gli atleti azzurri con le nuove divise della Nazionale disegnate da Spalding. Foto: pagina Facebook ufficiale di Italbasket.

Un ulteriore esempio (citato sempre dalla docente della Cattolica) di come lo sport sia legato alla comunicazione sono le squadre stesse del campionato di basket italiano. Fin dagli anni Cinquanta, infatti, molte società sportive prendono il loro nome dalle aziende che le sponsorizzano, creando così legami molto forti tra l’identità e i valori della squadra e quelli degli sponsor. Ignis Varese, Scavolini Pesaro, Armani Exchange Milano sono tutti esempi di come le società sportive siano di fatto dei brand e di come anche lo sport in sé abbia connotazioni di branding. Infatti, il concetto stesso della fidelizzazione (le strategie con cui le aziende mirano a creare legami stabili e duraturi coi propri clienti) è preso dallo sport, dove molti tifosi rimangono “fedeli” alla loro squadra anche per tutta la vita. Rapporto tra sport e brand che, però, a detta della professoressa Musso, ancora non viene valorizzato a pieno dalla comunicazione di molte società sportive: troppo spesso, infatti, i rapporti tra le squadre e gli sponsor vengono concepiti solamente come relazioni di business e non come, invece, anche condivisione di identità e valori.

Lo sport è innovazione

Il legame tra sport ed innovazione è stato al centro anche dell’intervento di Dino Meneghin, che ha sottolineato come l’evoluzione e l’innovazione siano insite nel basket e nello sport. Raccontando diversi aneddoti sulla sua lunghissima carriera (iniziata negli anni Sessanta e terminata negli anni Novanta), lo storico giocatore di Varese e Milano ha evidenziato in primis l’evoluzione della pallacanestro dal punto di vista del gioco. Se, per esempio, ai suoi tempi era raro che una squadra avesse un preparatore atletico, oggi le società sportive si avvalgono della collaborazione di preparatori, nutrizionisti e psicologi che seguono ogni giorno giocatori molto più allenati sia fisicamente che tecnicamente di un tempo.

Dino Meneghin in azione con la maglia dell’Ignis Varese nei primi anni Settanta. Foto: Wikimedia Commons.

Inoltre, come ricordato ancora da Meneghin, l’evoluzione che ha accompagnato il basket negli ultimi decenni è stata molto importante anche dal punto di vista estetico e stilistico. Evoluzione che è passata attraverso l’abbigliamento, come nel caso delle sneakers (le scarpe indossate sui campi da basket), che sono diventate nel corso degli anni una vera e propria moda, con Michael Jordan, il leggendario giocatore dei Chicago Bulls, diventato egli stesso un brand grazie alla Jordan, una delle marche di abbigliamento più famose al mondo. Un rapporto, quello tra basket e moda, che si è sviluppato anche grazie alla cultura e all’estetica hip hop: fin dagli anni Ottanta, infatti, uno degli elementi distintivi nell’identità e nello stile di rapper e dj è stato proprio l’abbigliamento, che molto deve a quello dei giocatori di pallacanestro, diffusosi poi tra le giovani generazioni in tutto il mondo.

Leggi anche: Michael Jordan, il businessman.

Lo sport è relazione

Interessante, infine, è stato anche l’intervento di Marco Vittorelli, presidente della Pallacanestro Varese e della sua azienda sponsor Openjobmetis. Vittorelli ha sottolineato quanto importante sia nel basket, e nello sport, l’aspetto relazionale. Dopo più di un anno in cui gli impianti sportivi sono rimasti chiusi per via dell’emergenza sanitaria, l’esperienza dell’andare a vedere dal vivo una partita è diventata ancora più preziosa, per i tifosi come per le società. Assistere a un evento in presenza, infatti, permette di creare relazioni sia dal punto di vista personale, come per le persone che vi partecipano per divertimento o per passione, sia dal punto di vista lavorativo, come per chi vi partecipa in quanto cliente o rappresentante di aziende partner o sponsor dell’evento.

Ecco perché nel progetto di riqualificazione del palazzetto della Pallacanestro Varese, sempre secondo Vittorelli, sarà centrale l’elemento umano e relazionale, con la costruzione di nuovi skybox (posti riservati con suite e servizi esclusivi), l’omologazione dell’impianto anche per le partite di Eurolega (la massima competizione del basket europeo) e l’inaugurazione di un museo della pallacanestro; tutto per garantire un’esperienza unica a fan e visitatori.

Vittorelli ha raccontato infine un aneddoto sull’acquisto di Luis Scola, la leggenda del basket argentino che la scorsa stagione ha chiuso la sua illustre carriera proprio a Varese. Dopo dieci anni in NBA e uno all’Olimpia Milano, Scola, alla ricerca di una squadra che gli permettesse di giocare ancora un anno e arrivare così a Tokyo per partecipare alla sua quinta olimpiade, ha scelto Varese grazie alla rete di relazioni che la società è stata in grado di creare. Non potendo infatti contare sulla disponibilità economica di club come l’Armani, il fattore chiave per convincere Scola e la sua famiglia a rimanere in Italia sono stati i suoi connazionali ed ex calciatori dell’Inter Javier Zanetti ed Esteban Cambiasso, che con le rispettive famiglie vivono a Milano e con cui il cestista argentino è in ottimi rapporti.

Luis Scola con la maglia dell’Argentina alle Olimpiadi di Tokyo, nell’ultima partita della sua carriera. Foto: Wikimedia Commons.

Luis Scola è adesso l’amministratore delegato della Pallacanestro Varese, a dimostrazione ancora una volta di come strategie efficaci dal punto di vista della comunicazione e delle relazioni siano fondamentali per l’evoluzione e la crescita del basket e dello sport, sia dentro che fuori dal campo.

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