La vita sempre più tragicomica, libro di Gabriele Giuliani, AUGH! Edizioni, 2021, è una surreale combinazione di storie vissute da personaggi singolari ed esemplari.
Perfette per tutti coloro siano alla ricerca di un improvviso colpo di scena, le vicende narrate dall’autore sono ideate e cucite su misura a un uomo su tanti, non possono certamente appartenere a chiunque.
In fondo a chi è mai capitato di vincere un biglietto da quattro milioni di euro alla lotteria? Chi, dopo averlo acquistato quasi per accontentare il negoziante, controllerebbe il risultato solo dopo una lunga “caccia” al misterioso vincitore? Chi varcherebbe le soglie della “conca maledetta” per raggiungere un luogo inesplorato e noto per consegnare la vita dell’uomo in pasto alla morte? E chi, reduce da un incidente procuratore di un trauma cranico, inizierebbe a comunicare con l’esclusivo utilizzo di frasi di film?
Sicuramente, se statisticamente calcolata, la risposta è che solo uno fra tanti, tantissimi uomini potrà ritrovarsi in uno dei personaggi di La vita sempre più tragicomica. Ma tutti, o quasi tutti, potranno assaporarne la morale – condividendola o non – in base ai propri ideali.
La fortuna che diventa una condanna per la vita
Il ritmato susseguirsi di peripezie interessa in un primo momento Giacomo Nardella, uomo semplice e umile, sposato con Roberta, apparentemente simile a lui. Una vita di stenti e di sacrifici sarebbe basicamente un presupposto fondamentale per l’attenta gestione del denaro e delle spese matrimoniali. Ma l’avvento repentino di un grande patrimonio stravolge l’ordine e l’equilibrio e modifica drasticamente la personalità della moglie, ora succube dello sfarzo, dello sfreno e di un’inutile abbondanza.
È da questo momento che il marito è inghiottito da convinzioni sempre più radicalmente opposte a quelle della consorte.
«Io come autore posso uccidere i miei personaggi… altroché se posso!»
Con un balzo, poi, La vita sempre più tragicomica ci catapulta a casa dell’autore del libro, nelle vesti di spettatori di una scena reale e teatrale allo stesso tempo. A bussare alla sua porta, è proprio Carlo Zanni, l’interprete di Marco Rondò in una delle sue opere teatrali. Nulla di più kafkiano, surreale. La vita dell’attore di teatro e del personaggio sono così sovrapponibili che solo la clemenza di Gabriele Giuliani nel concedere una modifica alla storia potrebbe porre fine alla frustrazione dell’uomo, confuso e incredulo. Ciò che forse alle volte dimentichiamo è che il personaggio è vita dentro la vita, storia nella storia. E se si trova accidentalmente di fianco a una finestra, perché non servirsene per eliminarlo per sempre?
La perseveranza guida un’automobile nel suo ritorno verso casa
Il sipario si chiude e si riapre a Napoli, subito dopo nella Città Eterna, e ancora a Firenze. Che vita da sogno quella di Marco! Se fosse solo fortuna, in molti la invidierebbero, ma la fortuna è solo un premio consegnato al momento giusto nelle mani della persona che può farne un utilizzo speciale e sopra le righe. La vita di Marco si era districata così, dopo un lungo periodo di lavoro che non sentiva proprio. Si presentò a una ditta corrente di cui conosceva ogni precisa dinamica organizzativa proponendosi, in cambio di un minuzioso business plan, come account manager senior. Fu il suo atteggiamento protervo ma esperto a persuadere il direttore.
I grandi cambiamenti appartengono a grandi persone che hanno superato grandi ostacoli. Non è un caso, infatti, che il decollo di Marco sia avvenuto dopo un incidente che con alta probabilità gli avrebbe strappato di dosso la vita per sempre. Riappropriarsene era quasi uguale a rendersi effettivamente conto di averne una e di doverla vivere. È così che tornò verso casa il lunedì sera dopo il suo weekend di lavoro: un sorriso inconsapevole, mani tese sul volante e la testa in viaggio.
Un cinema di parole
Il cinema lo aveva scelto e lui aveva scelto il cinema. Angelo Pambuffetti non era un semplice appassionato, ma un vero e proprio fanatico e amava la sala buia più di qualsiasi altra cosa: dall’oscurità della stanza che isolava lo schermo, alla nitidezza delle immagini colorate che riflettevano luce e brillantezza.
Incredibile quanto poi, a un certo punto della vita, il suo rapporto con il cinema e con le frasi delle pellicole fosse rimasta l’unica strada praticabile. D’altronde, il cinema lo aveva scelto e lui aveva scelto il cinema.
Non si è mai troppo grandi per una piccola bicicletta rossa
Quante volte il desiderio di un oggetto lo riduce a mero oggetto del desiderio? Quante volte concepiamo gli oggetti che ci circondano solo in base al senso dell’avere che possiamo esercitarvici, imprimergli?
Non è il caso di quella bicicletta rossa: tramandata di generazione in generazione, giudice di amori terminati e complice di un unione matrimoniale definitiva. Ha visto volti, ha ascoltato conversazioni, ha subito il tocco di bambini che sono diventati adulti, li ha guidati nei loro posti preferiti e poi li ha riportati a casa come farebbe una brava madre.
Bastava motivare erroneamente una risata rivolta a quella bicicletta per essere riposti ai margini della vita del suo padrone.
E se l’amore per il tuo oggetto è così grande e incondizionato allora non può essere sbagliato sistemarla e darle ancora una possibilità.
Ma il padre di Riccardo, mentre pedalava leggero verso il cimitero, lo sapeva, in fondo, che era proprio quella piccola bicicletta rossa che stava dando un’ultima possibilità a lui.
Una sadica vocazione
La stranezza e la surrealtà non danno tregua al lettore nemmeno con le traversie di Robert Greenwald, che non può non essere un serial killer di professione. Le sue male intenzioni appaiono filtrate dai suoi pensieri contorti ma di una semplicità disarmante.
Entrare nella testa di un assassino significa mettersi all’ascolto dei suoi contrasti interiori: fare i conti con i suoi atti benevoli e non ma non riuscire a scostarsi da questi ultimi per incapacità di perdonargli le morti ingiuste che causa.
Vivere nel costante terrore di essere scoperti è ciò che lo attanaglia realmente più di qualsiasi altra cosa. Non il viso delle sue vittime, non il loro sgomento. Solo la paura, soprattutto se ponderata alla brevissima felicità di cui può godere: troppo il tempo per studiare un omicidio e troppo poco quello in cui può beneficiarne.
Ognuno, in fin dei conti vive della propria personale felicità. A quella di Robert Greenwald erano rimasti solo venticinque minuti per cambiare rotta.
Acrobazie in cielo
Non si sa in quale mese dell’anno, Marta e Roberto stavano godendosi il forte vento di tramontana di una giornata nuvolosa. Erano presenti altre mamme che osservavano felici i propri figli sfidare con l’aquilone la lieve brezza. Capriole e acrobazie in cielo. Occhi fanciulli rivolti in alto e spalancati in direzione di quell’azzurro immenso. Anche quelli di Roberto, in sedia a rotelle, che ormai tanto fanciulli non lo erano più.
Una buona dose di positiva stravaganza.
La vita sempre più tragicomica approda infine, con estrema coerenza, nella più totale bizzarria. Si parla dell’estate, dispensatrice di consigli salutari per gli anziani, di uno sbalzo temporale di cent’anni che dal 1970 ci catapulta nel 2070 con tanto di P.V.T – Private Vision Totally – per esplorare mondi passati, e di quelle piccole ma importantissime cose che non dovremmo ignorare per essere felici. Non potevano mancare le peripezie di un soldato in pena che ricorda i giorni ormai andati, l’inarrestabile e inverosimile «Non ho tempo» della gente comune, la città nascosta che cela il grande segreto dell’energia nucleare, il bosco in fondo al mare e la meravigliosa sensazione della prima pubblicazione di un libro.