Di Gabriele Lazzari e Davide Zazzini
In un 2021 ancora falcidiato dalla pandemia di Covid-19, l’industria cinematografica ha sofferto una crisi economica forse senza precedenti. Sebbene alcuni film programmati per l’anno precedente siano comunque stati recuperati, le sale cinematografiche hanno subito pesanti restrizioni, potendo aprire solo a partire da maggio 2021.
Tra film distribuiti in sala, film messi a disposizione sulle varie piattaforme di streaming e film ancora rimandati al futuro, ci sono comunque pellicole di indiscusso valore. Mentre altre, come vedremo, hanno fatto discutere critici e appassionati. La redazione di theWise Magazine ha deciso di elencarle in questo articolo, dividendole tra i film che sono piaciuti di più, i film che non hanno completamente convinto ma che hanno comunque aspetti interessanti e le produzioni italiane che hanno più impressionato.
Prima di procedere a elencarle questi film, è utile fare chiarezza sui criteri con qui sono stati selezionati. Innanzitutto, questo articolo non pretende di essere esaustivo e di decretare i migliori film in assoluto, ma vuole semplicemente segnalare i film che alla redazione sono piaciuti di più e spiegarne il motivo. Inutile quindi dire che sarà influenzato dai film che i membri di theWise Magazine hanno avuto modo di vedere nell’anno appena trascorso (motivo per cui mancano, a titolo di esempio, West Side Story, The Tragedy of Macbeth e Scompartimento n. 6).
Inoltre, per questioni organizzative, si è deciso di prendere in considerazione solo i film usciti e distribuiti in Italia nel 2021, sia in sala che online. Quindi non saranno inclusi film del calibro di Promising Young Woman e Saint Maud (che comunque consigliamo di recuperare) perché sono stati distribuiti nel nostro Paese nel 2021 ma il loro rilascio internazionale risale rispettivamente al 2020 e al 2019.
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Per comodità, la redazione di theWise Magazine ha raggruppato i film che ritiene più belli in una top 5. Come detto, ciò non toglie che altri film siano comunque di valore e la seguente lista non deve essere intesa come una classifica assoluta, ma come un elenco di proposte.
Il potere del cane (questo il titolo in italiano, disponibile su Netflix) è un thriller drammatico con tinte western ambientato nell’America rurale del Novecento, scritto e diretto da Jane Campion. Delle ottime prestazioni attoriali dei protagonisti, Benedict Cumberbatch e Kirsten Dunst, permettono di calarsi nella realtà di una famiglia disfunzionale e vivere con loro tutte le problematiche di un mondo duro e senza compassione per le difficolta altrui. Un moderno western psicologico che sancisce la bravura della regista neozelandese.
Tra i film che hanno avuto meno successo al botteghino, ma che vale assolutamente la pena di recuperare, si registra The Last Duel (disponibile su Disney +). La storia dell’ultima ordalia legale tenutasi in Francia è raccontata con efficacia in questo dramma storico diviso in tre versioni.
Una scelta stilistica tanto vincente quanto sovversiva: sebbene ogni versione della storia segua la stessa vicenda ma dal punto di vista di un personaggio diverso, quest’ultimo non ne esce affatto positivamente come ci si potrebbe aspettare da una storia raccontata da lui stesso. Anzi, ne mostra ancora di più la brutalità.
Judas and the Black Messiah racconta una storia dal forte impatto, unendo impegno civile e cinema di genere. La potenza narrativa di questo film si basa tutta sull’antagonismo tra Fred Hampton (interpretato dall’attore Daniel Kaluuya), leader della sezione locale delle Pantere Nere, e Bill O’Neill (Lakeith Stanfield), infiltrato agli ordini dell’Fbi.
Fred incarna l’anima militante più socialista del movimento nel 1968, mentre Bill quella del borghese individualista pronto a tradire una causa a lui comunque cara. Il titolo, così come il suo sottotesto cattolico, spiegano fin dall’inizio questa dicotomia. Alla riflessione sociale e filosofica si aggiunge anche un lato poliziesco, una notturna metropoli sconvolta dagli scontri a fuoco nei suoi sobborghi. Da recuperare.
Tra i film che invece hanno avuto un impatto maggiore sul grande pubblico (ma anche sulla redazione, come dimostrano le recensioni della rubrica theWise@theCinema) figurano il nuovo film di casa Marvel, Spiderman: No Way Home, e Dune. Se il primo risulta molto godibile (a patto che si sia in pari con tutta la trama dell’universo condiviso), il secondo potrebbe essere più ostico da apprezzare.
Eppure, la pellicola di Villeneuve riesce a creare l’introduzione perfetta per un mondo fantastico, destreggiandosi tra una fotografia che suggerisce l’aridità del pianeta su cui è ambientato il film e un cast variegato che riesce ad amalgamarsi e rendere bene ogni personaggio, anche quelli con minore tempo a disposizione sullo schermo.
Thrice Upon a Time è un ultimo atto di amore che Hideaki Anno ha voluto dedicare alla sua creazione, un’opera che ha amato e odiato, che lo ha reso uno dei migliori registi e animatori della sua generazione ma che lo ha anche spinto sull’orlo del suicidio.
Il film è diviso in tre parti volte a diffondere tre messaggi diversi. La prima è una esposizione tecnica da parte di Anno e dello studio di animazione, un modo per dire al mondo che non ha niente da invidiare a Miyazaki e allo studio Ghibli. La seconda invece è una presa di coscienza del motivo per cui è arrivato il momento di salutare Evangelion e, nella terza, Anno lo fa. Il regista ha sempre usato i personaggi di Evangelion per raccontare il percorso di maturazione e le difficoltà che ha incontrato. L’ultimo capitolo è il suo modo per affermare che adesso finalmente sta bene, ha trovato un suo equilibrio. Questo film è la chiusura perfetta, è una lunga lettera d’addio al mondo di Evangelion e a chi lo ha guardato e vissuto per tutti questi anni.
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Titane di Julia Ducournau, che ha vinto la Palma d’oro al 74º Festival di Cannes, è forse il film che più è piaciuto alla redazione. È la storia fluida di una persona che attraversa diversi generi (sia la storia che la persona), passando dal thriller all’home-invasion, fino ad arrivare al body horror di carpenteriana memoria.
Risulta difficile parlarne senza entrare nel dettaglio della trama, che è a sua volta difficile da spiegare in breve. Basti sapere che si tratta di un film che definire strano sarebbe usare un eufemismo, e che potrebbe essere difficile da guardare per gli spettatori più impressionabili, ma che rimane comunque un capolavoro di stili e narrazione.
In questa sezione sono elencati tutti quei film che non hanno del tutto convinto, ma che secondo la redazione vale comunque la pena di recuperare.
Il 2021 è stato un anno che ha visto il ritorno in scena di molti grandi registi. Almodóvar continua a esplorare nevrosi, dolori e sogni della psiche femminile con Madres Paralelas, un dramma a incastro imperdibile per tutti gli appassionati del regista, ma che potrebbe stancare un pubblico non affezionato a causa della lentezza della narrazione e dei suoi lunghi dialoghi.
Lo stesso si può dire anche The French Dispatch, un inno tragicomico al piacere eterno di raccontare e ascoltare storie diretto dal campione hollywoodiano dell’estetica cinematografica, Wes Anderson.
Da segnalare anche due pellicole orientali. La prima, Drive My Car di Ryusuke Hamaguchi, è un dramma giapponese che racconta l’elaborazione del lutto per la perdita della propria moglie. Tra auto-accettazione e rimpianto, il regista e sceneggiatore riesce a far vivere agli spettatori un carosello di emozioni. Wheel of Fortune and Fantasy è invece un racconto antologico diviso in tre parti che esplora l’amore e le relazioni interpersonali in una società che è a tratti asessuale e a tratti iper-sessuale, senza mai riuscire a trovare un equilibrio.
La mancanza di comprensione delle norme sociali giapponesi potrebbe essere un ostacolo alla visione di questi film, che però restano due piccole chicche uscite in questo 2021.
Se per le sale cinematografiche italiane il 2021, come spiegato in precedenza, non è stato per nulla positivo, lo stesso non si può dire le produzioni cinematografiche. La menzione d’onore se la merita È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino (Netflix), che spiazza e convince con un romanzo di formazione semi-autobiografico. Un film molto lontano dal cinema delle illusioni che ha reso famoso il regista partenopeo, ma che spicca per delicatezza di simboli e di temi trattati. Grande successo anche per Freaks Out, un film di supereroi che non ha nulla da invidiare ai blockbuster statunitensi, diretto in modo magistrale da Gabriele Mainetti.
Un’altra pellicola nostrana imperdibile è Qui rido io di Mario Martone, che riprende (e forse mette un punto) con garbo visionario ed estetizzante alla vexata quaestio cultura alta/cultura bassa nel film biografico sul commediografo Eduardo Scarpetta. Da guardare anche Ariaferma, che in stile Il deserto dei Tartari riesce a costruire un senso di pericolo imminente che però non si concretizza mai: un racconto sospeso nel tempo in cui sembra che possa succedere qualsiasi cosa, ma alla fine le uniche cose che succedono sono semplici momenti di convivialità.
Merita una menzione anche Michelangelo Frammartino con Il buco, una celebrazione del patrimonio naturalistico del Meridione con una poetica narrativa senza eguali (almeno in Italia). Da segnalare anche un remake colpevolmente passato nel dimenticatoio: Comedians di Gabriele Salvatores, una raffinatissima indagine sul valore etico e sociale dell’arte comica (impreziosita da una coraggiosa autoanalisi di Chistrian De Sica nei panni di scovatore di comici).
Infine, sul fronte del cinema indipendente, spicca il documentario Pozzis, Samarcanda del giovane Stefano Giacomuzzi. Il regista, con la sua ristretta troupe cinematografica, segue le peripezie dell’amico Cocco durante un improbabile viaggio a bordo della sua fedele motocicletta da un piccolo paesino in provincia di Udine fino in Uzbekistan.
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