Per l’industria della cultura sono stati, questi ultimi, due anni pesanti. Inutile ripercorrere la fisarmonica di chiusure e riaperture, concessioni e restrizioni, eventi online e in presenza. Che si fa, si va al museo? Si va, non si va, si va in pochi, si va distanti – dagli altri, dalle opere. Si va bardati, si compra online, si vende online, si guarda online, non si guarda affatto. Lo statuto dell’artista visuale, nel nostro Paese almeno, non è mai stato regolamentato. Diversamente, tra l’altro, rispetto ad altre forme artistiche. Nella situazione che tutti stanno vivendo e che si protrae ormai per il terzo anno di fila c’è una figura che, insieme ad altre, continua a vivere un momento molto incerto. Nonostante gli aiuti stanziati per far fronte alla situazione, gli artisti emergenti si sono trovati ancora più esclusi dai luoghi di consacrazione.
Disparità…
In generale, l’industria dell’intrattenimento condivide quest’incertezza ma quantomeno in misura minore. Per riportare qualche esempio, si rivolge ad attori, teatranti, musicisti, maestranze del circo, il Fus, Fondo Unico per lo Spettacolo, messo a disposizione dal Ministero della Cultura e rimpolpato di ulteriori 20 milioni dal 2022. Così come tra il 2021 e il 2022 sono circa quarantacinque i milioni stanziati per venire incontro ai luoghi della cultura che hanno subito danni a causa della pandemia. Senza considerare gli aiuti – un milione per il 2022 – ai cosiddetti piccoli musei, con l’obiettivo di digitalizzarne il patrimonio. Di certo sostegni considerevoli. Ma non sufficienti per impedire a una questione annosa di riproporsi di nuovo: che ne è degli artisti emergenti?
Leggi anche: Le Radiose, arte di strada e swing.
… o polarizzazione?
Per esempio, non rientrano tra i beneficiari del Fus gli artisti visuali intesi come fotografi, pittori, performer, scultori et similia. La maggior parte degli eventi in proposito sono tra l’altro dedicati a nomi già affermati nel panorama. Cioè a dire che la situazione si complica ancora di più se si rivolge la propria attenzione ai nomi di piccoli artisti. Ci si è interessati all’arte, in sé e per sé, meno che ad altri settori. Ma anche all’interno della stessa categoria qualcuno è rimasto indietro. Si è parlato dei grandi musei, dei musei statali, dello stallo del mercato dell’arte. Ci si è interessati all’evoluzione delle aste, ai collezionisti, a tutti gli eventuali stakeholder del caso. L’effetto è stato quello di dirottare completamente l’attenzione su personalità già importanti e su chi ne determina le sorti.
A ben guardare è questo un sintomo evidente di un certo atteggiamento nei confronti del tema. Di cultura si parla sempre troppo poco e quand’anche se ne parli si rimane spesso in superficie. Basti ricordare la non distante questione della Spigolatrice di Sapri, sintomo manifesto di una specie di refrattarietà al mondo dell’arte. Non si è abituati, non è istruiti e non si è nel momento oltre che nel luogo giusto per individuare – nel caso specifico – un potenziale estetico oltre che erotico in un nudo artistico.
Leggi anche: Il corpo femminile nell’arte figurativa: un’eredità in evoluzione.
Dal lato degli artisti emergenti
Abbiamo scelto di parlarne con Vito Sgro, giovane fotografo calabrese. Vito è stato selezionato per l’anno accademico 2019/2020 per partecipare al Blueocean’s Workshop, patrocinato da National Geographic e dall’Università per Stranieri Dante Alighieri. Oggi vive a Girifalco, nel catanzarese, dove collabora da tre anni con uno studio fotografico.
La passione della fotografia nasce per lui assieme a quella per la musica: «Se però con la musica mi fermo a idee e registrazioni amatoriali, mi dedico a progetti che non vedranno mai la pubblicazione, con la fotografia vado oltre. Studio fotogiornalismo con fotografi del calibro di Mario Spada, Tony Gentile, Valentina Tamborra e photo editor come Marco Pinna e Tiziana Faraoni. Al termine dell’esperienza con Blueocean porto come progetto di tesi Contrada Serra, un reportage su di un ex ospedale psichiatrico abbandonato che si trova nel mio paese».
Delirium, AmatoriArte: Vito Sgro (e altri artisti emergenti)
Da quest’ultimo progetto vengono poi selezionate quattro fotografie con le quali Vito Sgro partecipa alla mostra Delirium, organizzata da AmatoriArte e allestita a Catanzaro nel dicembre 2021. Questa è tra l’altro la prima volta in cui a un evento organizzato dall’associazione espone i propri lavori anche un fotografo. «Ringrazio per questo Livia Larussa, Gaia Ferrara e gli organizzatori tutti per questa bella opportunità», dice Sgro. «L’esperienza della collettiva l’ho trovata molto positiva e stimolante. Ho avuto modo di confrontarmi coi vari artisti su tematiche inerenti: le forme che l’arte può assumere oggi, il senso del proprio lavoro, le tecniche e metodologie».
Ma il confronto è avvenuto anche con il pubblico, che si è dimostrato interessato non solo alle opere ma alle modalità di allestimento della mostra. Il tentativo è stato per lui quello di coinvolgere il pubblico non solo «direttamente e verbalmente» ma mettendolo nella posizione di percepirsi come osservatore. Una delle domande maggiormente rivoltagli ha riguardato il perché abbia scelto il formato 10×15 per i suoi scatti. «Si dà da sé in quanto la scelta del formato costringe chi osserva ad avvicinarsi per poter guardare – risponde -. Noi pensiamo molto meno di quel che crediamo. Siamo portati a rispondere semplicemente e in automatico a stimoli interni di qualsiasi tipo».
La fotografia viene adoperata in questo senso come uno strumento capace di generare domande e allo stesso tempo, nell’esperienza personale del fotografo, anche di fornire risposte. «Mi capita di scattare spesso in modo impulsivo e di scoprire dopo, revisionando il mio archivio, i motivi per cui sono stato attratto da alcuni soggetti. Ho scoperto per esempio che le persone sono pressoché sempre assenti nelle mie foto. Una tendenza che si è accentuata e accelerata anche a causa del periodo storico che stiamo vivendo. In continuità, per così dire, col distanziamento sociale che ci viene richiesto».
Confinamento degli emergenti?
Una situazione, quella pandemica, che se da un lato non può fare a meno di contaminare la produzione dell’artista, di entrarvi anche sottotraccia, dall’altro inasprisce anche i divari sociali ed economici cui è confinato. A questo proposito commenta Sgro: «Numerose ma spesso insufficienti le polemiche sollevate e le iniziative proposte da artisti e professionisti del settore per sopperire ai buchi di gestione. Nella nostra realtà un artista fa fatica ad essere anche solo valutato e poi valorizzato in tempi non sospetti, figuriamoci quando non si riesce a lavorare. Gli aiuti statali sono arrivati solo un anno dopo l’inizio della pandemia e comunque esigui – inferiori, in media, a quelli stanziati per lo stesso settore da altri Paesi europei».
Su ciò che concerne la situazione degli artisti emergenti Vito Sgro ravvisa un duplice atteggiamento: «Se da una parte vengono sostenuti poco dalle politiche del Paese (con riferimento ad agevolazioni, indennizzi, concessioni di prestiti e spazi fisici, per esempio), dall’altra ho notato un buon appoggio da parte dei privati». Diverse infatti le call a tema pandemia (e non solo) che continuano ancora adesso. Certamente non è tutto oro quel che luccica e spesso si viene ripagati «esclusivamente in visibilità».
Visibilità
La visibilità, in questo momento storico, è diventata più che mai una categoria fondamentale nelle nostre vite. Il potere del social è duplice. Da un lato una buona visibilità è necessaria. D’altra parte non sempre è sufficiente essere ricompensati in questo modo. Una dinamica, questa, che ancora di più dimostra come quello dell’artista non sia ancora del tutto riconosciuto come un lavoro.
D’altra parte, però, se alcune piccole realtà non sono scomparse è proprio perché «hanno saputo resistere adattandosi ai tempi», vale a dire avvalendosi proprio dello strumento del social per continuare a esistere. «Per certi versi, la visibilità e la considerazione che ti danno un social possono essere addirittura superiori a quelle di un tempo, quando un certo tipo di mercato aveva come unico mezzo la carta stampata».
Alla mostra Delirium di AmatoriArte hanno partecipato anche: Livia Larussa, Elpidio d’Ambra, Giulia Mellace, Gaia Ferrara, Giuseppe Rotella, Felice Di Maio, Alessandro Leone, Danilo Battaglia.