Con l’anno nuovo theWise Magazine inaugura una rubrica dedicata allo storytelling. Questo termine gode di grande fortuna già da alcuni anni e sta espandendo il proprio dominio lessicale in diversi ambiti. Ma cosa significa storytelling? Come mai questa parola di origine anglosassone ha sempre più successo? Queste e altre domande sono il fulcro della nuova rubrica, che a partire dalla definizione del lemma giunge ad approfondire gli usi propri e, viceversa, gli abusi di una semplice parola.
Come riporta il vocabolario Treccani, storytelling è un neologismo prestato alla lingua italiana dall’inglese. Tale termine può essere tradotto alla lettera come narrazione di storie. La stessa fonte riporta anche la prima attestazione della parola in Italia, che risale all’anno 1990. Dunque il lemma storytelling esiste nella lingua italiana già da trenta anni e ha conquistato numerosi linguaggi, più o meno settoriali.
L’autorevole voce del professor Francesco Costantini evidenzia anche che il vocabolo «ha conosciuto una progressiva diffusione a partire dalla seconda metà degli anni Duemila ed è posto a lemma in questo stesso repertorio lessicografico con la definizione “l’arte di saper scrivere e narrare storie”».
Di certo il suo uso nasce nell’ambito della letteratura e delle arti più in generale. Infatti il termine si è affiancato ad altri suoi sinonimi quali narrazione e narrativa, propri della lingua italiana. Tuttavia, insieme a essi, ha espanso la sua carica significativa a settori molto lontani dall’ambito originale. Per esempio, il termine ha assunto una valenza importante nella comunicazione politica. Inoltre, negli ultimi anni, è divenuto una vera e propria tecnica di marketing.
Sempre il professor Costantini, nel suo Note interlinguistiche su «narrazione», «narrativa» e «storytelling», Studi di lessicografia italiana 36 (2019), conduce un’analisi dettagliata e approfondita del termine. Tutto l’articolo è incentrato sulla diffusione del lemma storytelling nell’ambito della politica ed evidenzia come tale termine sia riuscito a emergere rispetto ai suoi sinonimi proprio in tale settore. Sembra quasi che la parola contenga in sé la capacità di adattarsi a vari settori della lingua, coprendo a raggiera diversi campi senza mai perdere il significato originale di narrazione.
Questo può spiegare come mai un semplice termine mutuato dall’inglese sia assurto anche a tecnica di marketing. Ormai è diventato uno strumento nelle mani di agenzie per trasformare la storia delle aziende in una narrazione epica. Ciò significa che i trascorsi di un’impresa, di un negozio o di un esercizio commerciale vengono raccontati con una tecnica molto specifica, in grado di coinvolgere emotivamente chiunque si imbatta nella lettura. In questo modo il lettore prima viene attratto e, una volta conquistato, diviene un consumatore a tutti gli effetti.
Ripercorrendo a ritroso la parabola del termine, emergono i tratti distintivi della tecnica stessa: il tono epico, il coinvolgimento del lettore, l’emozione.
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E proprio questo è il fulcro della nuova rubrica di theWise Magazine: l’emozione che scaturisce dallo storytelling. Sebbene l’uso di questa parola si sia impoverito negli ultimi anni, lo storytelling è ancora ben presente nelle arti e non si limita alla letteratura.
Ciò significa che, tenendo a mente il significato primo del lemma, qualsiasi forma artistica che voglia raccontare una storia può basarsi sullo storytelling a pieno titolo. In qualunque forma d’arte che provochi emozione e coinvolgimento il fruitore dell’opera può ammirare il risultato dello storytelling.
Attraverso questa rubrica, theWise Magazine conduce il lettore nella scoperta dello storytelling e nella riscoperta di un termine che è proprio dell’arte, letteraria, pittorica, multimediale che sia. Non è possibile ridurre la carica emotiva di tale tecnica. Un esercizio di ampio respiro come lo storytelling rimane fortemente ancorato a un uso nobile e prezioso, che si può ricercare fin dai tempi antichi. Saper raccontare una storia è prerogativa della creazione dei miti, delle leggende e delle fiabe. Dunque si tratta di un’abilità innata dell’umanità, una capacità che ha sempre fatto parte della storia dei popoli.
Lo storytelling ha a che vedere con l’immaginazione, con l’invenzione e l’originalità. Allora, più che uno strumento, diviene un’arte a sé stante. Non tutti i romanzieri sono anche storytellers. Vale a dire che, per quanto un romanzo possa incuriosire, non è detto che sia poi in grado di coinvolgere. Un cantore di storie, per potersi definire tale, deve essere in grado di trascinare il lettore o l’ascoltatore, deve essere in grado di farlo calare nei panni del protagonista, di creare un’indissolubile empatia tra i personaggi e l’osservatore.
Per poter raggiungere un tale grado di comunicazione è necessario sfruttare alcune tecniche specifiche che rendano interattiva la narrazione.
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Se la lettura ha da sempre riscosso grande eco, è proprio in virtù del collegamento che si instaura tra personaggi e lettore. Se la musica sa essere coinvolgente, di certo è grazie alla sua capacità di rendere protagonista l’ascoltatore. Infine, se i film sono di grande fruizione, di sicuro sono riusciti a suscitare emozioni nel pubblico. Perché un quadro cattura l’attenzione all’interno di un museo? Perché attraverso le pennellate sta rievocando un sentimento familiare oppure del tutto nuovo nel visitatore. Tutte le arti qui citate hanno un elemento in comune: l’emozione raccontata. La base dello storytelling.
Esiste una tecnica per suscitare emozione con un racconto. È la tecnica che permette all’autore di tradurre il pensiero narrativo in un discorso narrativo. Così l’ispirazione si realizza in una concreta riflessione e il fruitore dell’opera interagisce con l’artista. Ciò significa che l’esperienza di un singolo individuo ha acquisito un valore universale.
Lo storytelling permette di veicolare il pensiero in un canale che si espande fino a coinvolgere la collettività: la riflessione diventa interpretazione della realtà.
Affinché avvenga questo passaggio fondamentale, la narrazione deve soddisfare alcuni requisiti, che non sono segreti. Si trovano anche su Wikipedia, e tra gli altri vi sono la verosimiglianza, la scelta dei dettagli non trascurabili, l’accettabilità, l’appartenenza a un genere. Tuttavia, vale la pena sottolineare una peculiarità che ha a che fare con il tempo.
Si tratta della sequenzialità narrativa, che non significa che la storia deve essere lineare nel tempo, quanto piuttosto che deve essere scandita nel tempo. Flashback e anticipazioni devono possedere carica emotiva, gli elementi temporali devono essere nel posto giusto al momento giusto.
Tutto questo rientra nella componibilità, quelle due categorie che caratterizzano le fiabe più semplici e che erano già presenti nella letteratura cavalleresca: la fabula e l’intreccio.
Quindi diventa necessario evidenziare che lo storytelling non è prerogativa esclusiva della letteratura, della parola scritta.
Lo storytelling è presente anche nella musica, per esempio in una ballata o in un canto popolare. Le arti pittoriche molto spesso raccontano delle storie. La scelta dei soggetti, del colore, il movimento e le geometrie di un quadro suscitano emozione e coinvolgono lo spettatore.
Spettatori sono anche coloro che vanno a teatro. Così anche la scena si fa racconto. Anzi, forse il coinvolgimento è ancora maggiore per il fruitore proprio dove le figure rispecchiano nei movimenti e nelle espressioni la realtà. Per lo stesso motivo ogni trama di film dovrebbe essere storytelling. Le scelte di regia accompagnano l’osservatore lungo tutta la narrazione, mostrando solo quegli elementi che fanno parte della storia.
Scene di suspence e primissimi piani sono solo due dei tanti elementi che contribuiscono a fare del cinema un ottimo esempio di storytelling.
Ma il discorso è molto ampio e proprio per questo theWise Magazine ne ha tratto una rubrica. Ogni articolo sarà dedicato a un autore o un artista che ha trasformato le sue opere in storie dalla forte carica emotiva. Racconti, canzoni, quadri, interpretazioni e studi che fanno parte del grande immaginario collettivo e che pertanto possono considerarsi chiari esempi di storytelling.
C’era una volta lo storytelling. E forse c’è ancora. Rimane la necessità di distinguere la forma d’arte dall’improprio abuso a scopo commerciale per non rischiare di perdere il significato autentico di una tecnica che tanto ha regalato all’umanità, da sempre.
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