Gli Nft, alias i non fungible tokens, sembrano essere la moda o, meglio, l’investimento del momento. Utilizzati in prima battuta da qualche sporadico creator, si sono poi diffusi a macchia d’olio a una velocità impressionante come spesso accade per ogni novità in ambito tecnologico. Il mondo degli Nft ha coinvolto i principali artisti del momento, ha visto importanti investimenti da parte di celebrità, aziende e perfino privati che vedono in essi una possibile chance per il futuro, magari spaventati dal perdere l’ennesimo investimento facile, come avvenne a suo tempo con i bitcoin.
Anche in Italia la fame per gli Nft sta iniziando a salire con forza, consacrata di recente, a livello istituzionale, dal Comune di Milano e dal collettivo di artisti Ouchhh che, per finalità benefiche, hanno messo in vendita un Nft dell’arco della pace di Milano. In realtà, un primo approccio deve attribuirsi agli Uffizi di Firenze e all’opera Tondo Doni; tuttavia, una simile iniziativa ha di fatto inaugurato l’ingresso dei monumenti italiani nel mondo digitale. Gli Nft hanno dunque tutte le carte in regola per attrarre potenziali investitori, siano essi professionali o meno, anche perché le cifre raggiunte da questo mercato sono enormi, talvolta spropositate per un singolo bene. Tuttavia, come per ogni cosa connessa alla tecnologia, è necessario in primo luogo comprendere, con precisione, di cosa si sta parlando per poi chiedersi quali siano le regole e le garanzie di una simile tecnologia e, soprattutto, cosa si sta acquistando.
Occorre sin da subito una precisazione essenziale: Nft non è sinonimo di opera d’arte. I non fungible token, o gettoni non fungibili, si apprestano, per le loro caratteristiche, a un ampio utilizzo in ambito artistico, ma non necessariamente riguardano un’opera, sia essa grafica o meno. Gli Nft sono legati a doppio filo all’ambito della blockchain, così come le valute digitali, ossia un registro digitale unico, non modificabile, in cui viene registrata e tracciata ogni singola operazione garantendo, così, ogni passaggio di proprietà. I token non fungibili sono quindi dei certificati di proprietà e originalità; la loro non fungibilità, invece, fa riferimento al fatto che gli stessi non sono liberamente interscambiabili ma di ognuno di essi ne esiste uno e uno solo. In parole povere, dunque, di ogni singolo Nft è possibile ricostruire qualsiasi scambio, sin dalla sua creazione. Ogni opera, sia essa un immagine, un video o perfino un audio, viene digitalizzata in una sequenza numerica, denominata hash, e poi registrata nella blockchain. In concreto, poi, l’acquisto degli Nft avviene attraverso particolari piattaforme: fra le più note OpenSea e NiftyGateaway, mentre la controprestazione, generalmente, avviene in Ethereum.
Date le premesse viene dunque da chiedersi, in un’ottica strettamente giuridica, quale sia la valenza degli Nft, quali garanzie diano e che diritti acquisti il titolare di uno di essi.
Gli Nft possono definirsi come contratti digitali, ossia smart contract, che rappresentano, appunto, la proprietà e l’autenticità di un determinato bene, generalmente immateriale, registrato su blockchain. A livello comunitario, appaiono di difficile applicazione le principali direttive europee in tema di commercio in quanto, per la loro stessa natura, gli Nft non sono definibili come vere e proprie merci così come gli stessi non sono riconducibili a semplici prodotti finanziari, nonostante nella pratica vengano trattati come forme di investimento. Nemmeno a livello nazionale vi è una normativa specifica e, inoltre, essendo l’acquisto transazionale, non può che trovare applicazione la Legge n. 218 del 1995 regolatrice del diritto internazionale privato.
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Ancora una volta, si pongono particolari problemi nell’individuazione della legge applicabile: gli Nft, infatti, sono beni immateriali, non riconducibili ai criteri classici individuati dalla legge come, per esempio, il Paese in cui si trova il bene, dove esso è destinato o dove si sia concluso il contratto. Per quanto riguarda la legge applicabile, l’empasse viene superato indicando nel contratto di acquisto la legislazione applicabile al contratto stesso. Con riferimento, invece, al foro competente, la giurisprudenza, in casi simili, riconduce gli smart contract alla figura dell’offerta al pubblico se ciò avviene attraverso una vetrina digitale (come nel caso dei marketplace) e, invece, al contratto di compravendita quando avviene attraverso uno scambio di proposta e accettazione. Le conseguenze pratiche sono presto dette: in caso di eventuali contestazioni nel primo caso sarà competente il foro dell’acquirente mentre, nel secondo caso, quello del venditore; e questo perché il contratto può dirsi concluso solo quando quest’ultimo ha conoscenza dell’accettazione del compratore.
Un altro punto centrale della materia riguarda i diritti di proprietà dell’opera digitale. In una simile transazione emergono due diversi rapporti, quello fra l’autore e l’opera e quello fra l’acquirente e l’autore–venditore. Per quanto riguarda il secondo di questi rapporti, il più interessante per un possibile investitore, la natura stessa degli Nft e il circuito Blockchain forniscono particolari garanzie circa l’originalità e la proprietà e ciò in quanto, come anticipato, ogni singolo passaggio, dalla creazione ai trasferimenti, viene tracciato così come viene tenuta traccia di ogni pagamento. Parimenti, allora, la paternità dell’opera potrà essere ricondotta al creatore della stessa garantendo, così, l’autenticità dell’opera. Entrambi questi elementi, dunque, permettono di fornire una prova tangibile in caso di possibili contestazioni future permettendo, così, di mantenere il valore del proprio acquisto costituendo, di fatto, l’evoluzione digitale di un certificato di autenticità, oltre che di proprietà, dell’opera.
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Per quanto riguarda, poi, eventuali rapporti economici interni fra autore e acquirenti, come per esempio la possibilità di sfruttamento dei diritti, l’acquisto di un Nft può essere accompagnato da un contratto collegato nel quale vengono regolati tali aspetti con dovizia di particolari. Con esso, infatti, le parti potrebbero stabilire il diritto allo sfruttamento economico dell’opera, sia esso completo, parziale, limitato a una determinata aerea territoriale o, ancora, limitato nel tempo. Un’ultima, importante, precisazione riguarda l’oggetto dell’acquisto, ossia non l’opera in quanto tale ma il suo certificato di autenticità e originalità. L’acquisto fisico del bene, parlando di opere digitali, risulterebbe molto problematico data la facilità di acquisizione e di diffusione delle stesse. Peculiare, poi, è il caso in cui l’Nft non riguardi un’opera nativa digitale ma, invece, la digitalizzazione di un’opera reale. In questo caso, infatti, l’acquisto e la successiva circolazione dell’Nft non resta legato al bene materiale ma viaggia su un percorso parallelo, salvo diverso accordo con l’autore-proprietario del bene.
Nonostante l’instabilità intrinseca del mercato degli Nft, l’evoluzione tecnologica non si ferma e, anzi, è in costante crescita. I non fungible token si pongono come fonti di garanzia, per tutte le potenzialità descritte, in diversi ambiti e non solo in quello artistico. L’utilizzo di un token in grado di tracciare in maniera immutabile l’origine e la titolarità di un diritto ben può applicarsi al cinema, alla musica, ai videogiochi e alle arti figurative semplificando, magari in futuro, determinate procedure e fornendo garanzie addirittura maggiori rispetto a quelle fisiche. Appare evidente, allora, che gli Nft sono, e saranno, un probabile campo di investimento che, tuttavia, necessita ancora di specifica regolamentazione. Cosa, questa, che in Italia (come del resto in tutto il mondo) appare molto farraginosa. La legislazione, con tutte le necessarie tutele e garanzie che ne contraddistinguono l’iter di formazione, a volte, può far fatica a stare al passo con la rapida evoluzione tecnologica e a esigenze, quelle del popolo, sempre più immateriali e immediate.
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