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Economia

Tecniche di propaganda: il caso Meloni-Financial Times

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Giacomo Stiffan

Capita spesso di imbattersi in articoli che rimandano a giornali stranieri, in particolare quando il nome della testata estera è altisonante. Se fatto con onestà è un metodo efficace per illuminare di prestigio riflesso il messaggio che si vuole comunicare. Il problema sorge quando questa onestà viene meno e, attraverso tecniche più o meno consapevoli, si manipola il materiale di partenza per poi diffonderlo ai quattro venti.

Sfruttando sotterfugi linguistici, bias cognitivi e tecniche di manipolazione è possibile trasformare una semplice citazione in un potente strumento di propaganda.

La tecnica

Prendete un giornale straniero prestigioso. I requisiti fondamentali sono due: che sia in lingua e che abbia un paywall brutale, di quelli che consentono la lettura degli articoli solo a pagamento.

Scovate un articolo che vi citi, estraete le frasi più adatte e traducetele modificando il senso del testo originale a vostro piacimento. Non serve esagerare, basta cambiarne il tono per farle sembrare dei complimenti. Sono molto utili in questo senso le parole ambigue, la cui definizione varia in base al contesto.

Poi fate pubblicare da qualche testata di parte un titolo a effetto, dove si affermi che quell’importante giornale straniero ha parlato bene di voi.
Infine, fate girare sui social il contenuto attraverso i vostri sostenitori.

L’effetto

Si tratta di una trappola propagandistica efficace, il cui meccanismo non è semplice da individuare. Funziona talmente bene che può essere usata quasi su qualsiasi bersaglio e per questo motivo c’è un settore in cui è molto usata: la politica (soprattutto ora, nell’epoca delle coalizioni frammentate e delle scalate ostili tra alleati).

Leggi anche: Abbiamo la propaganda cinese in casa.

Ci sono vari meccanismi cognitivi che rendono difficile smascherare questa tecnica e li vedremo in seguito, ma basta una semplice considerazione per comprenderne l’efficacia: se l’articolo originale è a pagamento e in lingua straniera, quasi nessuno andrà a leggerlo. Questo significa ampia libertà per manipolare la traduzione, fino a inserire addirittura dei virgolettati falsi.

Il caso concreto: Meloni e il Financial Times

Quanto appena descritto è successo pochi giorni fa, protagonisti il Secolo d’Italia, Giorgia Meloni e il Financial Times.

Giorgia Meloni. Photo credits: Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica.

L’articolo originale, leggibile solo a pagamento, parla dell’elezione del Presidente della Repubblica e descrive lo stato di disfunzionalità della politica italiana. Lo fa in maniera aspra, ma neutra.

Questa la chiusa finale, che ci interessa ai fini dell’analisi: «Amid these self-interested calculations, one party is charting a distinctive path — the far-right Brothers of Italy, led by Giorgia Meloni. It is the only major party that refused to join Draghi’s government, and opinion polls show that it is at present the most popular party on the rightwing side of the political spectrum».

Il Financial Times si limita quindi a constatare che Fratelli d’Italia, principale partito di opposizione al governo, in questo momento è quello più popolare tra le forze di destra, più dei suoi alleati che sono al governo (sottinteso, la Lega di Matteo Salvini).

Il Secolo d’Italia lo riporta e titola «Il Financial Times boccia i politici italiani ma esalta la Meloni: “Si distingue e cresce”».

Ci sono vari aspetti da approfondire per comprendere come, partendo dall’articolo del Financial Times, sia stato possibile arrivare al titolo del Secolo d’Italia.

Le tecniche di propaganda

Loaded label fallacy

Ossia influenzare il pubblico aggiungendo parole caricate positivamente. Il pezzo originale è caustico verso i politici italiani in generale, ma privo di qualsivoglia esaltazione per qualcuno in particolare, men che meno per Giorgia Meloni. Che, anzi, viene definita un possibile primo ministro «di destra radicale», specificando quindi che appartiene allo spettro politico degli estremismi, il che non è certo un complimento. Il Secolo d’Italia invece parla di un Financial Times che esalta Giorgia Meloni, cosa del tutto assente nel testo originale.

Amphibology

Consiste nello sfruttare l’ambiguità linguistica per deviare il senso di una frase. In entrambe le lingue l’aggettivo distinctive/distintivo ha due significati: uno neutro – differenziarsi dagli altri – e uno positivo – mettersi in luce per le proprie qualità –. È il contesto a farci capire qual è l’interpretazione corretta. L’originale è chiaro: «In mezzo a questi calcoli egoistici, un partito sta tracciando un percorso distintivo [Fratelli d’Italia ndr]». È quindi ben specificato che la strategia di Fratelli d’Italia rientra nel novero dei «calcoli egoistici», pertanto quel «distintivo» è negativo o al massimo neutro. Nella traduzione viene invece storpiato: da aggettivo diventa verbo, e viene inserito in un titolo costruito apposta per enfatizzare una definizione positiva assente nel testo originale. La furbata è che l’ambiguità della parola permetterà sempre al titolista di giustificarsi, sebbene l’intento sia evidente.

Quotation mining

Si tratta di una citazione falsa, realizzata selezionando singole parole fuori contesto. I virgolettati hanno regole molto rigide: le parole vanno riportate tutte e con precisione. Nel testo originale non c’è scritto da nessuna parte che Giorgia Meloni «si distingue e cresce». Interpretare a proprio piacimento i testi altrui e poi metterli tra virgolette è disdicevole già di suo, ma è ancor più grave se a farlo è chi dovrebbe occuparsi di informazione.

Cherry picking

Consiste nel selezionare le frasi che fanno comodo, estrapolandole dal contesto ignorando il resto. In questo modo è possibile traviare con facilità il senso di un testo. Ci vuole poco per trasformare una critica in un elogio: aver eliminato il riferimento ai «calcoli egoistici» toglie un’informazione fondamentale, che darebbe un senso del tutto opposto alla citazione.

I bias cognitivi del lettore

Di fronte alle scorrettezze appena descritte il lettore potrebbe pensare di essere una vittima inconsapevole.

È vero fino a un certo punto.

Il lettore ha un ruolo attivo e manifesta pregiudizi e fallacie logiche che sono nella mente di qualsiasi essere umano. Chi fa propaganda lo sa e lo sfrutta a proprio vantaggio. La differenza la fa la consapevolezza: tutti abbiamo i nostri bias e imparare a riconoscerli ci rende lettori più attenti.

Andiamo a elencare quali sono quelli che sono in qualche modo legati all’oggetto dell’analisi.

Confirmation bias

Tendiamo ad assumere per veritiero tutto quello che conferma i nostri preconcetti. Significa che il lettore target del Secolo d’Italia sarà più propenso a non controllare le fonti di quell’articolo, perché ciò che legge combacia con ciò che pensa: è improbabile che scatti un “allarme fake news” che lo porterà a verificare le fonti.

Availability cascade

Più un’informazione viene ripresa da altri, più tenderemo a ritenerla plausibile. Questo è il motivo per cui l’articolo del Secolo d’Italia è stato ripubblicato da numerosi esponenti e simpatizzanti di Fratelli d’Italia, che l’hanno diffuso attraverso i social fino a renderlo virale nella bolla della destra.

Loss aversion

Per natura siamo avversi a sostenere perdite. Ne consegue che tendiamo a ignorare le informazioni la cui acquisizione prevede un costo. Il fatto che l’articolo originale sia a pagamento fa desistere la stragrande maggioranza delle persone, che tenderanno a prendere per buona la versione manipolata pur di non affrontare il costo di una verifica.

Availability heuristic

Tendiamo a sovrastimare le informazioni a nostra disposizione. Nel nostro caso è strettamente legato al punto precedente: non potendo accedere al testo originale, sovrastimiamo il valore di quello che possiamo leggere, cioè la versione del Secolo d’Italia.

Authority bias

È l’innata tendenza a dare maggiore importanza alle informazioni che provengono da fonti percepite come autorevoli. È il caso del Financial Times, un nome ritenuto per definizione affidabile. Questo però non significa che le informazioni con quel marchio siano affidabili di default: un grande nome non è mai garanzia certa che l’informazione sia corretta o, come nel nostro caso, che non sia stata manipolata.

Anchoring bias

Siamo propensi a dare più peso alle informazioni che ci vengono date per prime. Per esempio, quando dobbiamo contrattare il prezzo di qualcosa il primo importo detto pone la base per il resto della negoziazione. Funziona così anche nel nostro caso: chi legge prima il Secolo d’Italia e poi l’articolo del Financial Times tenderà a interpretare il testo come anticipato dalla testata italiana.

Bonus

Ostrich effect (effetto struzzo)

È il pregiudizio in cui probabilmente inciamperanno molti lettori del Secolo d’Italia quando leggeranno questo articolo: tendiamo a nascondere la testa nella sabbia (come lo struzzo) quando ci vengono presentate informazioni che contrastano con le nostre convinzioni.

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