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Economia

Corsica: cosa succede sull’Isola della Bellezza?

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Enrico De Biasio

Nelle scorse settimane la Corsica è stata teatro di imponenti cortei e proteste contro lo Stato francese, in molti casi sfociate in assalti a edifici istituzionali e scontri tra polizia e manifestanti autonomisti.

Causa scatenante delle proteste è stata l’aggressione prolungata e brutale subita dal militante còrso Yvan Colonna il 2 marzo nel carcere di Arles per mano di un altro detenuto, in seguito alla quale è deceduto il 21 dello stesso mese.

Colonna si trovava nel carcere di Arles per scontare l’ergastolo in regime di sorveglianza speciale, in quanto colpevole per le autorità francesi dell’omicidio del prefetto della Corsica del Sud Claude Érignac nel febbraio 1998, insieme ai compagni Alain Ferrandi e Pierre Alessandri.

I nazionalisti còrsi, che considerano Colonna e i suoi compagni dei veri e propri prigionieri politici, hanno accusato le autorità francesi di non essere intervenute in maniera deliberata per fermare la brutale aggressione durata otto minuti, in quanto un detenuto in regime di sorveglianza speciale DPS (détenus particulièrement signalés, cioè detenuti particolarmente pericolosi) sarebbe in teoria sottoposto a un’osservazione continua da parte del personale carcerario.

Benzina sul fuoco ha poi gettato la decisione del governo centrale di sospendere il regime di sorveglianza speciale a cui erano sottoposti i tre – richiesta presentata già molte volte dalla società e assemblea corse a Parigi – solo a cose fatte, quando Colonna versava già in fin di vita e la protesta divampava nell’isola. Decisione piuttosto tardiva dal sapore di beffa che non poteva che infiammare gli animi in maniera ulteriore.

Per placare gli animi, Macron, prossimo alle elezioni, ha deciso di giocare la carta dell’autonomia, promettendo – in caso di vittoria – l’apertura di una seria discussione sullo statuto di autogoverno dell’isola.

Manifestanti còrsi in strada lo scorso 13 marzo.

La Corsica e la Francia

Per comprendere il significato di questi eventi e le dinamiche in atto tra Francia e Corsica è fondamentale fare un passo indietro e ripercorrerne la storia.

Per gran parte dell’età moderna la Corsica fu dominio della Repubblica di Genova. Nella prima metà del Settecento, tuttavia, una Genova fortemente indebolita faceva sempre più fatica a controllare l’isola e le aspirazioni indipendentiste della popolazione, e per riuscire a mantenere il controllo dovette fare sempre più affidamento sul supporto militare francese.

Nonostante il dominio genovese, in Corsica si parlava in realtà una lingua vernacolare molto simile al toscano per effetto della migrazione di numerose persone dalla Toscana nell’isola tra Medioevo ed età moderna – tra cui gli antenati del celebre Bonaparte. La lingua alta, utilizzata per la scrittura e gli atti formali, era lo stesso italiano utilizzato dalle persone di cultura sul continente.

Nel 1755, Pasquale Paoli proclamò l’indipendenza della Repubblica Còrsa da Genova, dotandola di una costituzione avanzatissima ispirata ai principi dell’illuminismo – vi si prevedeva tra le altre cose il suffragio femminile – e fondando la prima università dell’isola a Corte.

L’esperienza ebbe tuttavia vita breve. Genova vendette i propri diritti sulla Corsica alla monarchia francese che nel 1769 ultimò la conquista militare dell’isola, costringendo il generale Paoli all’esilio. Nello stesso anno nasceva ad Ajaccio Napoleone Bonaparte.

Il busto del Generale Pasquale Paoli, “U babbu di a patria“, a Isola Rossa.

Lingua dell’educazione e dell’amministrazione rimase l’italiano fino al 1859, quando fu sostituito dal francese a tutti i livelli. Si avviava così un processo di separazione tra italiano e còrso e di graduale recessione di quest’ultimo nei confronti del francese, fenomeno in corso ancora oggi (analogo a quello di tante lingue locali rispetto a quelle ufficiali in tutta Europa).

Oltre alla lingua, la Francia monarchica prima e repubblicana poi impose all’isola lo stesso modello di gestione centralizzato utilizzato nel continente – il centralismo è marchio di fabbrica francese – che lasciava ben poco spazio all’autonomia isolana nei confronti di Parigi.

Il Riacquistu e i fatti di Aleria. La nascita del moderno nazionalismo corso

Tra fine Ottocento e metà del Novecento – a parte alcuni flirt con l’irredentismo italiano a cavallo delle due guerre – si ebbe una prima maturazione di un pensiero autonomista che passava per la riscoperta della specificità della lingua còrsa e della necessità di darle una voce in seno a una società isolana sempre più francofona.

Il punto di svolta nella nascita del moderno nazionalismo corso furono però i fatti di Aleria. Il governo francese, persa l’Algeria, decise di ricollocare parte dei coloni francofoni esiliati – i pieds-noirs – in Corsica.

La reazione degli isolani a quella che venne percepita come un’altra imposizione esterna si ebbe nel 1975, con l’occupazione da parte di un gruppo di indipendentisti armati guidato da Edmond Simeoni del podere di un viticoltore pied-noir ad Aleria.

La risposta da parte dello Stato centrale fu spropositata, con la mobilitazione di migliaia di gendarmi per un intervento coatto contro i militanti che occupavano il podere.

Il grave turbamento provocato nell’isola dall’intervento francese portò alla nascita di una maggiore consapevolezza politica ma anche linguistica, con l’avvento del Riacquistu, un movimento volto a riscoprire e a difendere la lingua còrsa come elemento chiave dell’identità isolana.

Edmond Simeoni (1934-2018), padre del moderno nazionalismo còrso nel 2011. Fonte: Wikimedia Commons/Pierre Bona CC BY-SA 3.0

Poco dopo i fatti di Aleria fu disposta dalle autorità centrali anche la divisione della Corsica in due dipartimenti distinti, con lo scopo di contrastarne il crescente indipendentismo.

«I nazionalisti (indipendentisti o autonomisti) in Corsica hanno iniziato a sorgere come movimento organizzato negli anni Settanta, nel solco del movimento del Riacquistu e dei fatti di Aleria a firma di Edmond Simeoni» racconta a theWise Magazine Giorgio Cantoni, co-fondatore di CorsicaOggi, webzine online gestita da volontari còrsi e italiani dedicata a raccontare l’attualità dell’isola in lingua italiana.

L’affermarsi di forze politiche a favore dell’autonomia e dell’indipendenza della Corsica fu tuttavia un fenomeno graduale, per molto tempo accompagnato in parallelo dall’esistenza di gruppi che utilizzavano come strumenti di lotta l’attentato e la lotta armata come il Fronte di Liberazione Nazionale Còrso (FLNC), autore nel 1998 dell’omicidio del prefetto Érignac.

«Per molti anni hanno raccolto percentuali di voti bassissime (in alcune città un solo voto!)» racconta ancora Giorgio. «Un vecchio còrso mi disse che probabilmente non si sentiva ancora il bisogno di tutelare la propria identità, perché il còrso era parlato da tutti, lo si parlava anche con i lavoratori italiani che venivano nell’isola o coi turisti, e accanto a esso c’era il francese come lingua istituzionale e “alta”. Poi si è iniziato a temere per la scomparsa di tutto questo, la lingua ha iniziato a non essere più trasmessa, e sono comparse le bandiere corse».

Gli autonomisti al potere

La crescita dei partiti politici autonomisti e indipendentisti, unita all’esecrabile ma efficace utilizzo della violenza come strumento di pressione politica, spinsero la Francia ad alcune aperture nei confronti delle istanze còrse, con la creazione della Collettività territoriale di Corsica, dotata di una timida autonomia.

Nel 2003 fu proposto un referendum che avrebbe dotato la Collettività di maggiori poteri attraverso la soppressione dei due dipartimenti e aperto a maggiori tutele per la lingua còrsa (ma non al bilinguismo). Il referendum, fortemente osteggiato dai gollisti e dalla destra francese timorosi di un effetto domino su tutte le minoranze dell’esagono e sulle comunità d’oltremare, tuttavia non passò per una manciata di voti, lasciando invariata la situazione.

La svolta si ebbe nel decennio appena trascorso: nel 2014 il FLNC annuncia la decisione di abbandonare la lotta armata, mentre nel 2015 una coalizione di forze autonomiste e indipendentiste ottiene la maggioranza alle elezioni regionali, successo replicato nel 2017 e nel 2021.

«Dal 2014 e poi con la vittoria del 2015, i Nazionalisti (in maggioranza gli autonomisti) sono andati al potere e lo mantengono saldamente» racconta sempre Cantoni. «Il sentimento dei còrsi verso una autonomia forte in seno alla Francia è maturato e guarda ad esempi come quello della Sardegna, della Val d’Aosta, dell’Alto Adige, della Catalogna, per chiedere il riconoscimento della propria specificità culturale e isolana».

Il discorso di Edmond Simeoni nel dicembre 2015, dopo la vittoria del fronte autonomista-indipendentista alle elezioni. Colpisce la perfetta comprensibilità per chi parla italiano.

«Gli autonomisti/indipendentisti hanno seguito in Corsica perché parlano di problematiche concrete per il cittadino còrso» aggiunge Guillaume Bereni, collaboratore di CorsicaOggi. «Lavoro, potere di acquisto, cultura, semplice capacità a vivere degnamente sulla terra dove si nasce, tenendo conto della specificità del territorio. In Corsica la disoccupazione è a livelli altissimi e nel frattempo la popolazione cresce con arrivi importanti dal continente. La speculazione fa esplodere i prezzi dell’immobiliare, mentre gli stipendi sono tra i più bassi del Paese. Tutto costa più caro, è una battaglia per quello che vuole trovare un pezzo di terra per fare una casa o un’attività agricola, mentre si costruiscono tantissimi edifici che vengono abitati un mese all’anno. C’è un sentimento di disprezzo immenso nei confronti dei còrsi: l’attacco contro Yvan Colonna è stato il detonatore di una bomba sociale».

Il futuro della Corsica tra Parigi e l’autonomia

La questione del brutale attacco subito da Yvan Colonna in carcere e della sua morte il 21 marzo scorso trova dunque ampia risonanza in una società isolana e un fronte autonomista-indipendendista molto più maturi e sicuri di sé politicamente nel dialogo con le istituzioni francesi, queste ultime in difficoltà per la negligenza e l’ambivalenza mostrate nella gestione di una vicenda che potrebbe davvero rappresentare un punto di svolta per la politica dell’isola.

L’apertura di Macron e dei suoi ministri all’autonomia della Corsica – tanto eccezionale, quanto curiosa per tempismo – è stata comunque accolta positivamente da Gilles Simeoni, presidente del consiglio esecutivo della Corsica, figlio di Edmond e già avvocato di Yvan Colonna, che ha definito significativo che «il ministro dell’Interno, a nome del primo ministro, e probabilmente del presidente della Repubblica, dica oggi pubblicamente che il governo e lo stato sono pronti a entrare in una discussione storica [circa lo statuto della Corsica, N.d.R.]».

Nella redazione di CorsicaOggi sono tuttavia più cauti.

«Siamo in periodo elettorale, Macron è la personificazione dello stato giacobino [qui e nel resto dell’articolo il termine giacobinismo è da intendersi nel senso che riveste oggi nel discorso politico francese quale dottrina politica accentratrice. Cfr. Jacobinisme, N.d.R.] che sta conducendo da cinque anni, quindi bisogna stare attenti» ci racconta Guillaume.

Un parere che anche Giorgio condivide: «Il timore è che la motivazione sia soprattutto elettorale. Tuttavia il momento è propizio, soprattutto dopo l’agguato a Yvan Colonna, che ha riacceso le proteste. Finora Parigi ha sempre tergiversato e ha fatto pochi passi concreti. Non ha gli strumenti culturali per farlo, forse a causa dell’eredità giacobina».

«C’è comunque un elemento importante nei dibatti, che rende la situazione diversa rispetto alle precedenti elezioni presidenziali» nota ancora Guillaume Bereni. «La questione dell’autonomia della Corsica è già stata evocata prima dell’attacco contro Yvan Colonna e delle proteste. Alcuni candidati alle presidenziali francesi hanno espresso la loro apertura alla riflessione. Ad esempio, Jean-Luc Melenchon (France Insoumise) ha detto parecchie volte che non si poteva più ignorare la parola democratica espressa dai còrsi durante le elezioni regionali. Lui, come l’ecologista Yannick Jadot, sono favorevoli a una certa autonomia per la Corsica. Inoltre, sondaggi condotti in Francia mostrano che circa il 60% delle persone interrogate concordano con questa idea. Siamo oggi in un contesto nuovo che nemmeno Macron può ignorare».

Secondo Guillaume il rischio più grande potrebbe forse venire dall’interno: «Bisogna trovare tra i diversi partiti còrsi una linea comune. Oggi sono divisi, e quella divisione è forse il più grande pericolo per l’avvenire del progetto di autonomia».

Leggi anche: Elezioni presidenziali Francia 2022: parla Raffaele Alberto Ventura.

Salvare la lingua còrsa

Altro problema che gli autonomisti còrsi dovranno affrontare nei prossimi anni è quello della sopravvivenza della lingua còrsa, messa in serio pericolo dalle politiche assimilazioniste di Parigi.

Sebbene in Francia le lingue regionali (tra cui il còrso) siano considerate patrimonio nazionale dalla Costituzione, la stessa indica come unica lingua ufficiale il francese. Pertanto, a detta di gollisti e conservatori francesi non sarebbe possibile in nessun caso arrivare a forme di bilinguismo locale quali quelle praticate ad esempio già solo nella vicina Italia.

In realtà, più che legislativo, il problema è di cultura politica. La Francia si adopera attivamente per la promozione e la conservazione del francese quale lingua della République: basti pensare alla legge che regola la trasmissione in radio di musica in lingue diverse dal francese, al fatto che la Nato in francese sia l’Otan, o ancora alla strenua difesa messa in campo dalle parole provenienti dall’inglese (che forse invece agli italiani piacciono pure un po’ troppo). O ancora, all’utilizzo che ne viene fatto quale vettore di influenza geopolitica attraverso l’Organisation internationale de la Francophonie.

Per tutti questi motivi di carattere storico-culturale, qualsiasi cessione sul piano della lingua in Francia è semplicemente inconcepibile quale opzione da larga parte del mondo politico. Lo stesso Macron nel 2018 da Bastia in Corsica metteva chiari paletti sulla questione della lingua còrsa: bilinguismo sì, co-ufficialità no.

Tuttavia, pur in un contesto che certamente non favorisce l’utilizzo di altre lingue diverse dal francese, qualcosa timidamente si è mosso negli ultimi anni, con una serie di iniziative volte al recupero del còrso anche nella scuola.

«Si sente spesso dire nell’isola che “una volta il còrso non si insegnava ma si parlava, oggi si insegna ma non si parla più”. Negli anni Settanta lo si rese una lingua e si cercò di farne una lingua in grado di esprimere la scienza, l’economia, la filosofia, con un enorme sforzo di tanti militanti e intellettuali» racconta Giorgio Cantoni a theWise Magazine. «Nel frattempo, però, non si vedeva il crollo della trasmissione domestica. Il risultato è che oggi il còrso è una lingua studiata anche dai giovani ma come una lingua straniera, che ha sempre meno occasione di essere una lingua materna”.

Aggiunge Guillaume: «Si può salvare la lingua, si deve, anche se non ci si può appoggiare oggi solo sulla trasmissione domestica, quasi persa. Siamo arrivati a un punto di rottura con questo tipo di trasmissione che forse è il più bello, puro, ma che non dispone più delle basi sufficienti per rigenerare la riserva di locutori».

«Le iniziative sono sempre più numerose in favore della lingua ed è una cosa bellissima. Scuole, associazioni, politiche pubbliche: forse non è perfetto, ma qualcosa si fa» continua Bereni. «Il còrso tornerà a essere una lingua usata quando uscirà dall’unico ambito familiare/culturale per essere un vantaggio economico, uno strumento di sviluppo personale e professionale. In tal senso, il legame della Corsica con l’Italia e la lingua italiana è una ricchezza ancora tropo spesso ignorata. Se apriamo sempre di più le nostre attività economiche verso la penisola, la conoscenza della lingua còrsa diventa di fatto un vantaggio. L’intercomprensione è un fatto reale, bisogna sfruttala. Sogno di quel giorno in cui i giovani che parlano còrso saranno stimati, ricercati dai reclutatori. Questa capacità di cambiare le cose è nostra» conclude.

«Crediamo» ci dice infine Giorgio a proposito di CorsicaOggi «che l’intercomprensione con l’italiano possa essere una delle leve per rilanciare la lingua còrsa e darle un nuovo scopo, sfruttando la sua caratteristica di essere sia lingua locale che, in un certo senso, internazionale».

Sebbene la strada sia ancora in salita per i còrsi e per conservazione della loro lingua, i recenti sviluppi rappresentano senza dubbio un passo avanti. Forse a Parigi i tempi sono maturi perché ci si accorga che l’Isola della Bellezza è tale proprio per la sua specificità.

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