Nel 2021, si è assistito a un incremento dell’1,8 per cento di imprenditori immigrati, provenienti soprattutto dall’Est Europa. L’aumento compensa il calo degli italiani; Cina e Romania i gruppi più numerosi.
La Fondazione Leone Moressa, istituto di ricerca creato e sostenuto dalla CGIA di Mestre, analizza i dati Infocamere e fotografa la situazione al 31 dicembre 2021, osservando la presenza di imprenditori nati all’estero e le dinamiche in corso nell’ultimo anno e negli ultimi dieci. Gli imprenditori nati all’estero crescono anche nel 2021, arrivando a toccare il 10 per cento del totale.
753mila imprenditori. Nel 2021 gli imprenditori nati all’estero sono 753.064, pari al 10 per cento del totale. Volgendo lo sguardo agli ultimi dieci anni, appare evidente la differenza tra nati in Italia (-8,6 per cento) e nati all’estero (+31,6 per cento). Anche nel 2021, nonostante il protrarsi dell’emergenza sanitaria, il numero è aumentato (+1,8 per cento), mentre quello dei nati in Italia è rimasto invariato.
Primato per la Cina, ma cresce l’Est Europa. La Cina si conferma il primo paese (76.417 imprenditori), in lievissima crescita rispetto all’anno precedente (+0,7 per cento). Anche la Romania conta più di 70mila imprenditori. Nell’ultimo anno gli aumenti più significativi si sono registrati tra le comunità dell’Est Europa: Romania (+2,6 per cento), Albania (+7,2 per cento), Moldavia (+10,7 per cento), Ucraina (+6,6 per cento). In crescita anche Pakistan (+5,2 per cento) e Nigeria (+3,7 per cento). Rallenta invece il Bangladesh (-0,3 per cento), che negli ultimi dieci anni aveva registrato un raddoppio dei propri imprenditori.
Un terzo nel commercio. Il settore con più imprenditori nati all’estero è il commercio, con oltre 240mila imprenditori (32,1 per cento del totale). Seguono servizi e costruzioni, rispettivamente col 23,6 per cento e il 22 per cento del totale. Per quanto riguarda l’incidenza dei nati all’estero per settore, i valori massimi si registrano nelle costruzioni (16,5 per cento), nel commercio (13,5 per cento) e nella ristorazione (12,4 per cento). Nell’ultimo anno sono aumentati tutti i settori ad eccezione del commercio; l’incremento maggiore si è registrato in agricoltura e costruzioni, con oltre il 4 per cento.
Presenza più forte al Centro-Nord. La prima regione per numero di imprenditori stranieri è la Lombardia, con poco meno di 160mila unità (oltre un quinto del totale nazionale). In questo caso, la componente immigrata rappresenta l’11,7 per cento dell’imprenditoria complessiva. La seconda regione è il Lazio, con oltre 85mila imprenditori. Seguono poi tre regioni con oltre 60mila imprenditori stranieri: Toscana, Emilia-Romagna e Veneto. L’incidenza maggiore si registra in Liguria (13,2 per cento), Lazio e Toscana (entrambe a 12,9 per cento) e generalmente è superiore alla media nelle regioni del Centro-Nord.
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Nell’ultimo anno gli imprenditori immigrati sono aumentati in quasi tutte le regioni ad eccezione del Lazio, e ben nove regioni hanno registrato incrementi maggiori del tre per cento. La crescita maggiore si è registrata in Trentino-Alto Adige (+5,7 per cento).
A livello provinciale, in termini assoluti le concentrazioni più importanti di imprenditori immigrati sono nelle grandi città: Milano, Roma, Torino e Napoli. Se invece consideriamo l’incidenza sul totale imprenditori, il picco massimo si raggiunge a Prato, dove il 24,8 per cento degli imprenditori è nato all’estero. Altre tre province segnano un valore al di sopra del 15 per cento: Trieste, Imperia e Milano.
Secondo i ricercatori della Fondazione Leone Moressa, «la crescita dell’imprenditoria immigrata non è più una sorpresa. Nonostante la pandemia, negli ultimi due anni prosegue il trend, tanto che gli imprenditori nati all’estero sono ormai un decimo del totale. Si tratta di un fenomeno con luci e ombre, ma anche di una sfida per il nostro Paese, da non sottovalutare nella prospettiva di ripresa economica».