La guerra scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina ha finora costretto circa dieci milioni di persone a lasciare la loro casa per sfuggire ai bombardamenti e ai combattimenti. Il 90 per cento sono donne e bambini, perché gli uomini sono rimasti in patria a combattere. E perché Kiev ha vietato agli uomini tra i 18 e i 60 anni di lasciare il suo territorio.
Delle persone in fuga, circa sei milioni hanno deciso di rimanere nella loro terra: in gergo, si chiamano le internally displaced persons. Gli altri quattro milioni di individui hanno varcato i confini ucraini: 1,5 sono minori, con o senza un adulto che li accompagni in questo disperato e pericoloso viaggio.
I migranti del conflitto si sono rifugiati soprattutto nei Paesi intorno all’Ucraina. La Polonia ne ospita la metà. Seguono Romania, Ungheria, Moldavia e Slovacchia. Alcuni sono arrivati in Europa occidentale. Le autorità nazionali e internazionali si sono date da fare per predisporre un sistema d’accoglienza che potesse far fronte al più grosso e improvviso spostamento di massa che l’Europa ha vissuto sul proprio territorio negli ultimi cinquant’anni. Le organizzazioni della società civile e singoli volenterosi hanno affiancato a quello istituzionale il proprio sforzo.
Nonostante i buoni risultati, i rifugiati ucraini non sono del tutto al sicuro.
Uno dei pericoli maggiori che corrono è la tratta di esseri umani.
Il rischio si presenta già dentro l’Ucraina.
Si presenta sotto le spoglie di una persona, uomo o donna, che si dichiara disponibile ad aiutare l’espatrio verso luoghi sicuri di chi invece vive sotto le bombe russe. In cambio, chiede soldi e/o documenti. È un ricatto. È una trappola. I migranti, soprattutto giovani donne e madri che viaggiano da sole, sono costretti a lavorare più o meno legalmente per quelli che avrebbero dovuto essere i loro soccorritori. E che sono loro compatrioti, come loro sotto le bombe, come loro senza una casa sicura.
Maurizio Carnevale, presidente della Camera di Commercio italiana per l’Ucraina, ha fatto presente che arrivano segnalazioni da varie persone che testimoniano il proliferare di questi meccanismi illegali. Gruppi di persone o singoli individui si rivolgono a donne giovani, sole e di bella presenza: «Chiedono i passaporti in cambio di un aiuto per scappare dalla guerra, ma in realtà non si sa dove [le donne] finiscono. Sono palesi giri di prostituzione», dice. La Camera di Commercio italiana si dice preoccupata per la situazione. Nonostante abbia dovuto chiudere i suoi uffici per i bombardamenti, si dice pronta a cercare di aiutare chi si rivolge a loro.
Anche i rifugiati denunciano. Testimoniano di trafficanti che chiedono prezzi esorbitanti per trasportarli fino ai confini ucraini. Alcuni dicono che le autorità delle dogane ucraine danno la precedenza a chi le paga per uscire dal territorio di Kiev. Altri ancora giurano di aver visto le autorità dell’immigrazione straniere accordarsi con quelli che si spacciano per volontari di diverse associazioni (tra cui la Croce Rossa) e concedere priorità di passaggio a persone ancora una volta disposte a pagare. Donne e bambini se la cavano con poche decine di euro. Gli uomini, i potenziali soldati in fuga, valgono alcune migliaia di euro.
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Arrivati in territorio straniero, i rifugiati ucraini non devono affrontare solo un contesto nuovo, una lingua sconosciuta, la mancanza di beni di prima necessità e degli affetti, il senso di perdita e disperazione che accompagna un viaggio come il loro.
Oltre le frontiere, fronteggiano una terra di nessuno in cui si nascono i loro predatori.
Diverse associazioni affermano infatti che il tratto più pericoloso nei viaggi di migrazione è proprio lo spazio compreso tra il confine e le prime strutture di ricettive riservate a chi si sposta spinto dalla guerra. Sono spesso pochi chilometri, ma è in quei pochi chilometri che si ammassa un turbinio di persone che dichiarano di voler aiutare i rifugiati. Tra di loro, uomini e donne che offrono passaggi verso immaginari luoghi sicuri: in realtà, sono lì per adescare donne e bambini e farli sparire nei loro giri criminali.
La stessa situazione si verifica alle stazioni di tutti i valichi di frontiera: sono in migliaia a offrirsi come autisti per i rifugiati verso diverse mete europee. La maggior parte sono uomini. Sono spesso uomini anche coloro che si approcciano ai migranti nei centri d’accoglienza. Avvicinano, talvolta in modo aggressivo, le donne e offrono loro passaggi, lavori o alloggi. In verità, cercano persone in difficoltà da sfruttare. Nelle stazioni di treni e bus invece sono soprattutto le donne a lavorare: cercano rifugiate per i giri di prostituzione per i quali lavorano.
L’Ong polacca Homo Faber, impegnata nella difesa dei diritti umani, si è impegnata da subito ad accogliere gli sfollati ucraini. Avendo osservato la situazione sul campo, conferma che tra la miriade di benintenzionati si nascondono criminali. Trafficanti di migranti che è difficile, se non impossibile, identificare in quella massa in costante movimento.
Movimento e fuga, chi dal conflitto e chi dalle autorità. Nella stazione ferroviaria della polacca Lublino, in mezzo a tanti ucraini arrivati per ricongiungersi ad amici e parenti o per transitare, la stessa Homo Faver ha notato una donna che radunava donne e bambini ucraini: offriva loro alloggio in cambio dei passaporti. L’associazione l’ha denunciata alle autorità, ma la potenziale malvivente è scappata prima di essere fermata.
Non solo casi di sfruttamento sessuale: esiste anche lo sfruttamento economico. «Ci sono donne a cui viene offerto lavoro in Polonia, salvo poi scoprire che il posto di lavoro è illegale, il datore di lavoro le maltratta o rifiuta di pagare il salario. Ci sono casi di estorsione di documenti personali o denaro», dice la coordinatrice di Homo Faber Karolina Wierzbińska.
Una situazione simile si trova negli altri Paesi intorno all’Ucraina, primo punto d’arrivo di chi fugge dalla guerra. In Romania, per esempio, sono stati creati checkpoint presso i quali la polizia controlla le auto sospette, per evitare la tratta di esseri umani. Una fonte della polizia rumena ha tuttavia riferito alla stampa che le autorità hanno già cominciato a riconoscerne i segni, sebbene nessuna indagine in merito è stata aperta. «Non è un fenomeno immediato. Assisteremo alla sua crescita nel tempo», avrebbe ulteriormente commentato. Bucarest è comunque in allerta: sul suo territorio è già stata segnalata una rete di trafficanti che costringono le donne ucraine alla prostituzione.
Molti rifugiati proseguono il loro viaggio verso l’Europa occidentale. Qui, i rischi a cui sono esposti non diminuiscono né cambiano.
Ad Anversa, tre ucraine sono state trovate nella soffitta di una macelleria, dove tagliavano frutta e legumi. Almeno due di loro hanno raccontato di lavorare per uno stipendio di sette euro l’ora, una somma inferiore al minimo imposto dalla legge belga. Il proprietario ha detto di agire per fini umanitari, ma le autorità l’hanno comunque accusato di reato: traffico di esseri umani e sfruttamento economico. Infatti, le rifugiate non sono state registrate all’ufficio competente e non hanno permesso di lavoro. Il padrone rischia un’ammenda pecuniaria e l’incarceramento.
L’Ong belga Payoke, un centro per le vittime della tratta di esseri umani, ha denunciato invece il caso di una rifugiata ospitata in cambio di favori sessuali. Il direttore dell’associazione Klaus Vanhoutte afferma che la situazione ucraina è ideale per i trafficanti, soprattutto quelli che cercano donne: «Stai lì sola con i tuoi figli, non hai dormito per quattro notti e speri di scappare. Tutto quello che vuoi è riposo, sicurezza e cibo. Ogni offerta ti sembra allettante, soprattutto se qualcuno ti promette di trasportarti immediatamente in Belgio per mille euro e di garantirti un lavoro e un alloggio». Così inizia l’incubo.
Un altro Paese che ha alzato l’allerta verso la situazione di donne e minori migranti è la Germania. La polizia tedesca sta prestando particolare attenzione ai soggetti che potrebbero diventare vittime di sfruttamento sessuale.
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Anche in Italia le istituzioni hanno commentato la situazione.
La ministra dell’Interno Lamborgese ha espresso la sua preoccupazione per i minori non accompagnati che arrivano nel Paese. Ha affermato la necessità di costruire un sistema d’accoglienza ordinato perché «ci vuole la garanzia che i minori non accompagnati non si disperdano sul territorio». Bisogna evitare che lo spontaneismo dell’accoglienza si trasformi in un caos di cui possono avvantaggiarsi i trafficanti e gli sfruttatori.
Afshan Khan, direttrice regionale dell’Unicef per l’Europa e l’Asia centrale, ha commentato così la situazione dei minori in Ucraina: «I bambini costretti a muoversi dal conflitto sono molto vulnerabili alla possibilità di essere separati dalle famiglie, sfruttati, trafficati. Hanno bisogno che i governi della regione si mobilitino e creino misure per garantire la loro sicurezza».
Unicef e Unhcr, in collaborazione con le autorità e le organizzazioni della società civile, hanno organizzato nei Paesi di transito e destinazione dei migranti dei Blue Dots: spazi sicuri di sosta temporanea per donne e bambini dove sono fornite informazioni chiave, si cerca di identificare minori non accompagnati o separati dai parenti, si erogano servizi essenziali.
Sono misure essenziali. La situazione dei minori, specialmente soli, peggiora in modo costante. Missing Children Europe, un gruppo di ventiquattro organizzazioni europee che si occupano di protezione dei bambini, ha confermato che minori non accompagnati continuano a sparire lungo i confini ucraini.
La situazione è grave. Le istituzioni europee e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) si sono dichiarate molto allarmate per la condizione dei rifugiati ucraini. Hanno esortato le autorità dei Paesi europei in particolare a organizzare un migliore sistema di ricezione e accoglienza. Lo scopo ultimo deve essere favorire l’identificazione dei migranti: solo così le persone possono essere messe del tutto al sicuro da chi vuole approfittarsi di loro.
La risposta degli Stati non è stata finora molto adeguata. Rimane una grande confusione a tutti i confini, con le prevedibili e tangibili conseguenze. Un sistema d’accoglienza impreparato, nonostante le molte ondate migratorie che hanno attraversato recentemente o meno l’Europa. La corruzione delle autorità di frontiere e delle forze di polizia, che favorisce la crescita spropositata delle attività illegali. Rimane l’entusiasmo genuino ma indisciplinato di alcuni gruppi di persone, che crea ulteriore disordine dove dovrebbe regnare un relativo ordine.
Rimane ancora da parte la questione delle app di messaggistica istantanea. WhatAapp e Telegram, con le loro chat e i loro canali, sono strumenti di adescamento ideali per sfruttatori che cercano vittime bisognose di un tetto e un lavoro anche temporaneo. Nessuno ha ancora pensato come regolare l’uso di questi strumenti.
Rimane, soprattutto, la guerra. La sua fine sarebbe la soluzione al problema della tratta e dello sfruttamento degli ucraini, uomini donne e bambini, che fuggono dalla guerra. È una soluzione necessaria. Ora.
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