Fare squadra per salvare le montagne italiane. È Climb and Clean (scala e pulisci), l’iniziativa degli alpinisti Massimo Faletti e Matteo Della Bordella. Giunto quest’anno alla sua seconda edizione, il progetto prevede la scalata e pulizia di numerose falesie (pareti di roccia di altezza contenuta dove si pratica l’arrampicata sportiva) sparse per tutta la Penisola attraverso la partecipazione di appassionati e persone comuni. Partiti il 1 aprile in Valganna (Lombardia), l’iniziativa si è spostata da Nord a Sud fino alla tappa conclusiva di Trentinara, in Campania.
«È un’iniziativa che serve a sensibilizzare la gente che fa scalate outdoor», dice Massimo Faletti, promotore del progetto, appena terminata la discesa dalla falesia di Pietrasecca, in Abruzzo. «In questo caso – precisa Matteo Della Bordella – l’accumulo di rifiuti nella zona non è dovuto all’aumento del flusso turistico, quanto piuttosto alla posizione della falesia, che è proprio sotto il paese. In passato, le persone lanciavano i rifiuti dalle finestre e questi si accumulavano in falesia. E non è l’unico di questo tipo: non sempre il legame tra inquinamento e afflusso di persone è diretto».
Climb and Clean: le falesie oltre l’alpinismo
Un’attività, quella legata a queste zone, che ha beneficiato anche delle novità in ambito sportivo. «Abbiamo scelto le falesie perché scalarle è diventata una disciplina olimpica e, per questo, ha preso piede anche tra le persone non legate al mondo dell’alpinismo. Il numero di praticanti è aumentato a dismisura e non ci sono le componenti di rischio tipiche dell’alpinismo. La nostra scelta è ricaduta sulle falesie proprio perché, in questo modo, l’iniziativa può essere allargata a più persone. Se fossimo andati in montagna, che pure è interessata dal problema dei rifiuti e dell’inquinamento, la maggiore difficoltà delle scalate avrebbe limitato di molto la partecipazione».
«A seconda della storia particolare di ogni falesia – precisa Faletti – c’è un diverso tipo di localizzazione e tipologia dei rifiuti. Durante la scorsa edizione siamo stati in Sicilia e abbiamo trovato persino vecchie macchine che erano state lanciate giù da un dirupo, mentre a San Vito Lo Capo [sempre in Sicilia, N.d.R.] si trattava di rifiuti portati dal mare. È una casistica diversa ogni volta, ci è capitato anche di pulirne alcune di per sé immacolate ma piene di immondizia abbandonata a bordo strada».
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Quale l’approccio per affrontare questa emergenza? «Controlli e multe salate. A Trento, per esempio, dovremo andar di nuovo a vedere dove siamo passati l’anno scorso. Eravamo circa sessanta persone, con la nostra iniziativa abbiamo raccolto dieci tonnellate di rifiuti, e sono certo che troveremo altra immondizia. Allora romperò le scatole al sindaco per riuscire a far istituire controlli più severi: solo con multe salate si può arginare il problema in modo efficace. Dopo che l’inquinatore si vede comminata una sanzione da mille euro, vedrai come non lo farà più. Abbiamo un patrimonio naturalistico bellissimo. L’Italia è stupenda, noi dobbiamo riuscire a far sì che questo non venga bruciato nell’arco di questi anni. Noi ci occupiamo della parte divulgativa-pedagogica, sta alle istituzioni fare il proprio dovere in questo senso».
Non solo inquinamento da rifiuti, anche danni alla biodiversità. «L’incuria e l’inciviltà stanno causando problemi importanti alle falde acquifere e stanno mettendo in pericolo anche numerose specie animali e vegetali. La questione delle falde, peraltro, potrebbe anche interessare l’acqua che scorre nei rubinetti dei paesi vicini alle falesie, visto che molti di questi dipendono da loro per il proprio approvvigionamento idrico. Gli abitanti delle zone potrebbero trovarsi il problema nelle proprie abitazioni».
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Una responsabilità per più generazioni
L’iniziativa, nei piani dei creatori di Climb and Clean, è anche un’occasione per ribadire la responsabilità delle generazioni passate e presenti di lasciare un pianeta abitabile a chi verrà dopo di loro: «In passato non si dava grande peso all’inquinamento, la situazione di incuria e inciviltà che ho incontrato nella mia esperienza mi ha sempre impressionato. Non ho figli [a parlare è Faletti, N.d.R.], però penso che questo problema lo avranno non solo i giovani, ma anche le generazioni future. Negli anni Cinquanta la gente lanciava l’immondizia nei canali, così come negli anni Sessanta. Adesso è arrivata l’ora di ripulirla, l’ora di lasciare un segno anche a livello mediatico e riuscire a cambiare quello che verrà dopo. Questo sarà il nostro lascito».