Se sei maschio, eterosessuale, e hai fra i diciotto e i trent’anni è probabile che su Instagram ti sia apparso un post sulla mentalità milionaria come questo:
o come questo:
I contenuti di questo genere e le pagine che li ospitano proliferano su tutti i social network, e in particolare su Instagram. Non è tanto la piattaforma in sé, con le sue caratteristiche, a determinare quest’abbondanza. Come tutti i social, infatti, anche Instagram possiede la straordinaria capacità di sembrare un luogo senza esserlo per nulla. I social sono realtà complesse composte da un’infinità di sfere diverse riunite attorno a un tema, ed espressione di una comunità. Ne avevamo già parlato in riferimento ai libri.
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La sfera a cui appartengono i due post citati in precedenza ruota attorno ai concetti di mentalità imprenditoriale e mentalità da vincenti. Come tutte le sfere, anche quella della mentalità milionaria ha i suoi canoni stilistici e la sua retorica, affonda le sue radici in una tradizione e aderisce a un’ideologia.
VIP e motivational quotes
Entrare nella sfera del mindest vincente è piuttosto facile. Innanzitutto, perché è tangente a tante altre sfere. Ad esempio, la comunità che idolatra il successo economico condivide molti dei suoi membri con quella focalizzata sul fitness e la cura del corpo. Si può entrare a contatto con questa seconda sfera e poi vedere il proprio feed scivolare verso un turbinio di consigli finanziari e frasi motivazionali. A quel punto l’atmosfera rischia di diventare nauseante, più che altro perché è caratterizzata da una certa ripetitività. Le pagine che si occupano del tema sono talmente tante che quasi nessuna possiede tratti peculiari.
Anche gli elementi stilistici sono pochi e canonizzati, al punto da risultare sempre una semplice variazione sul tema. Dal punto di vista formale si può incappare in due tipi di contenuti, uno molto più comune dell’altro. Può capitare di imbattersi in grafici, elementari ma molto colorati, che raccontano storie di successo imprenditoriale o forniscono consigli su come avere la mentalità milionaria. Quasi sempre, il messaggio trasmesso viene ridotto alla sua forma più semplicistica.
Tuttavia, il genere di contenuto più diffuso è talmente stereotipato che distinguere il post di una pagina da quello di un’altra risulta impossibile. In tutti i casi appare un VIP (di solito un attore o un imprenditore di successo) con in sovraimpressione una citazione motivazionale, non per forza da attribuire al VIP in questione.
Anche le didascalie sono sempre uguali: una frase che ripete o parafrasa quella nell’immagine seguita da un triplice autotag e da una sfilza di hastagh, i quali variano da #mindset a #libertàfinanziaria. Lo stile è talmente codificato che non mancano le parodie:
Il mito del successo, la meritocrazia e il senso del dovere
Se l’estetica è piatta e uniforme, la sostanza non è da meno. I temi affrontati e i messaggi trasmessi sono sempre gli stessi. Di sfondo c’è sempre il mito del successo come qualcosa che si può e si deve ottenere, e il cui ottenimento dipende soltanto dall’impegno personale, dalla motivazione, dalla fatica e dalla mentalità milionaria. Il successo è inteso dal punto di vista materiale, spesso in termini numerici ed economici. I milioni, nella logica condivisa da questa marea di post e reel, si ottengono credendoci, svegliandosi la mattina alle cinque, dormendo poco e lavorando molto.
È un’equazione matematica quella sottesa al raggiungimento del successo: se al talento aggiungi il duro lavoro e la motivazione, allora avrai per forza il merito e il successo. È un pensiero condiviso da molti. Se qualcuno ha ottenuto qualcosa e ha lavorato duro per ottenerla, allora quella cosa se l’è meritata. Tuttavia, la formula inversa, spesso taciuta dal senso comune ma esplicitata dalla sfera del mindset imprenditoriale, vuole che se il successo non l’hai ottenuto allora è colpa tua. Non c’è merito senza colpa. Se non hai quello che vuoi è perché non ti sei impegnato abbastanza, o perché non ci hai creduto a sufficienza.
Uno dei punti fermi di questa retorica rifiuta proprio la lamentela, derubricandola sempre a vittimismo. Il mondo che viene dipinto è un mondo in cui non esistono privilegi o ingiustizie. Un mondo che giustifica sempre il reale come giusto, proprio in quanto reale. Spesso i tips imprenditoriali sono tossici. Contrastano con i più basilari principi di salute (fisica e mentale) o di buon senso. Dal lavorare cento ore a settimana al dormire quattro ore per notte, dal sacrificare l’età dai diciotto ai ventiquattro al rinunciare a relazioni e socialità. Ogni aspetto della realtà viene sempre ridotto all’utile, e l’utile è sempre il denaro e il benessere materiale.
Le radici culturali
Come molte delle cose presenti sui social, anche questa sfera non è in fondo nulla di nuovo. Tanto l’estetica quanto la retorica e i messaggi trasmessi affondano le loro radici in un mondo che prospera da decenni. Molto è desunto dall’universo self-help, che ha vissuto un boom fra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. I guru che riempivano i palazzetti con i loro microfoni ad archetto hanno ceduto il loro posto a imprenditori digitali che streammano da Dubai. I poster da appendere in ufficio sono stati sostituiti da grafiche accattivanti e frasi motivazionali. È chiaro, però, che la differenza non è soltanto formale. Prima dei social network restare fuori da un mondo yuppie in giacca e cravatta era più facile. Oggi l’estetica e la mentalità milionaria da selfmade man sono diventate pervasive a qualsiasi livello della società. Questo è avvenuto perché dietro al mindset, al mito della meritocrazia e al materialismo superficiale, c’è un’ideologia ben precisa.
Il neoliberismo
Il neoliberismo individua come elemento fondamentale della relazione fra gli esseri umani la competizione. Inoltre, vede nel mercato l’esempio perfetto di giusta ed equa formalizzazione di questa relazione. Questo si traduce, sul piano politico ed economico, nella minima influenza dello Stato e nella difesa legislativa delle libertà individuali. Ma sul piano etico e sociale significa un’esaltazione del concetto di meritocrazia e un focus centrato sull’individuo e sulle sue capacità. Nemici giurati del neoliberismo e dei suoi massimi esponenti, come Von Hayek, sono la giustizia sociale e l’interventismo statale. Il fondamento filosofico è che le disparità di partenza sono ininfluenti, e che dunque tutti hanno la possibilità di realizzarsi come individui, se ci riescono o meno dipende soltanto da loro. È un’ideologia, che non nasconde di esserlo, che per affermarsi ha dovuto scontrarsi, sul piano storico, politico e militare, con altre ideologie o posizioni politiche, come il socialismo. Il colpo di Stato di Pinochet in Cile o le vittorie elettorali di Thatcher e Reagan sono eloquenti.
Nelle società occidentali, alcuni elementi dell’ideologia neoliberista hanno attecchito al punto da essere ormai fuori discussione. Il concetto di merito, il mito della carriera e del successo, il dogma della flessibilità lavorativa, l’individualismo e il materialismo sono stati introiettati, non necessitano di riconferme esplicite ma guidano in automatico le decisioni e le opinioni degli individui.
Il pensiero positivo
Oltre a questa ideologia, la sfera degli imprenditori di sé stessi su Instagram può attingere anche a modelli psicologici ormai molto diffusi. Sebbene non sia sempre citato in maniera esplicita, è evidente che alla base di molti di questi contenuti ci siano i principi del pensiero positivo di Martin Seligman. Il principio per il quale il tuo successo dipende soltanto da te non implica soltanto il senso del dovere e della fatica, ma anche un preciso atteggiamento mentale da sposare. La realtà oggettiva non esiste o non ha valore, l’unica cosa che conta è la predisposizione individuale, la mentalità milionaria. L’imperativo è quindi mantenere la calma, guardare al futuro con ottimismo, avere sempre un’alta opinione di sé stessi e livelli di autostima alle stelle.
Ancora una volta si tratta di principi condivisibili. In una certa misura, la psicologia positiva può avere degli effetti concreti nel migliorare la condizione non solo psicologica, ma anche materiale di una persona. Non ci sono dubbi che guardare il bicchiere mezzo pieno abbia i suoi vantaggi nell’affrontare anche le condizioni più difficili. Tuttavia, anche in questo caso il problema è la formula inversa, che produce conseguenze deleterie sulla società. Se non hai successo, e non ce l’hai perché stai male, perché non riesci ad avere stima per te stesso o guardare il lato positivo delle cose, allora non è soltanto una tua responsabilità, ma è proprio colpa tua. La tua condizione te la sei sempre meritata, nel bene e nel male.
Social network
Tutti questi elementi potrebbero anche essere innocui, se appartenessero a una sfera a cui una persona decide con completa autonomia di accedere. Il problema è che non è così che funzionano i social. Nell’utilizzo dei social network agiscono veri e propri meccanismi di dipendenza, che per quanto siano da più parti studiati ed evidenziati non comportano ancora alcun tipo di regolamentazione. Ormai sappiamo bene che la continua esposizione ai volti sorridenti degli altri o ai loro corpi scultorei ci induce a produrre pensieri e giudizi negativi su noi stessi. Ma allo stesso tempo non riusciamo a fare a meno del flusso di informazioni e stimoli che ci regalano i social. Ne siamo attratti tanto dal punto di vista biologico quanto da quello sociale.
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Più si è giovani, poi, più l’esposizione a un determinato tipo di messaggio è pervasiva, e più lo spazio per la volontà libera è ridotto o si riduce. Tutte le bolle, su Instagram, sono fatte in modo da tenere l’utente all’interno. Questo non tanto perché possiedono un’attrattiva irresistibile, ma perché plasmano l’utente in sé, le sue convinzioni e le sue opinioni, lo rendono bolla a sua volta. Da un ecosistema di materialismo, ossessione per il denaro e mito dell’abnegazione, verranno fuori wannabe imprenditori frustrati dalla competizione, con la mentalità milionaria, ma convinti non tanto di essersi meritati il proprio successo, quanto di essere colpevoli per il proprio fallimento.