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Conflitto Russia-Ucraina, Orsini l’aveva predetto?

Published by
Giacomo Stiffan

Allo scoppio delle ostilità tra Russia e Ucraina è comparso un fenomeno mediatico divenuto subito virale: il prof. Alessandro Orsini. Tra le motivazioni che lo hanno reso celebre, la principale è che Orsini avrebbe predetto durante un’audizione al Senato il 4 dicembre 2018 ciò che sta ora avvenendo in Ucraina.

In quel momento era presidente degli Usa Donald Trump e l’Italia era in mano al primo governo Conte. Il cosiddetto governo gialloverde, a trazione Lega e Movimento 5 Stelle con Salvini e di Maio vicepresidenti del Consiglio. In altre parole, il governo più vicino a Putin che l’Italia abbia mai avuto.

Prima che questa vicenda divenisse importante con lo scoppio delle ostilità, il professore era di fatto sconosciuto al grande pubblico, ma in un battito di ciglia ha saturato talk show, social e le discussioni di milioni di italiani.

Cosa sostiene Orsini

Fin dalle prime apparizioni in tv, Orsini ha ribadito di essere uno dei pochi se non l’unico ad aver predetto nel dettaglio quello che poi è successo in Ucraina.

Lo possiamo vedere nella puntata di Cartabianca del 22 marzo 2022 al minuto 1:19:50. In quell’occasione Orsini affermò: «Nel dicembre del 2018 ho detto che la Russia avrebbe a un certo punto invaso l’Ucraina». Il riferimento è a una specifica audizione in Senato del 4 dicembre 2018 al quale Orsini era stato invitato in qualità di esperto. Ed è vero, ha detto quelle parole in quell’occasione. Ma ha detto anche molte altre cose, che ne annullano qualsiasi valenza profetica.

Le reazioni

Una larga fetta del giornalismo italiano ha accolto il nuovo profeta a braccia aperte, in particolare le testate più vicine a Lega e Movimento 5 Stelle, l’ex coalizione gialloverde.

Nei talk show, a cui è ormai ospite fisso, nessuno si è mai sognato di fare fact checking sulle sue affermazioni, con il risultato di far passare la sua previsione per qualcosa di assodato.

Qui un inciso è necessario. In altre realtà dove la situazione dei media è più evoluta, l’instant fact checking è consolidato: durante i talk show, un pool di esperti controlla in tempo reale la veridicità di ciò che viene detto e smaschera dopo pochi minuti le fake news, in diretta. È una prassi che in Italia non esiste, né istantanea né posticipata: conduttori e autori di Cartabianca e Piazzapulita hanno avuto tutto il tempo per fare i dovuti controlli tra una puntata e l’altra.

Non li hanno fatti. O, peggio, se li hanno fatti non li hanno resi pubblici, altrimenti questo articolo non avrebbe ragione di esistere.

Cos’ha detto davvero Orsini all’audizione

L’audizione a cui si riferisce Orsini è di pubblico dominio, consultabile sul sito del Senato. Il video dura circa mezz’ora ed è disponibile anche la relazione scritta (che però differisce su alcuni punti, irrilevanti ai fini di questo articolo).

Guardando l’audizione nella sua interezza salta subito all’occhio una cosa: quella che nei video che girano online sembra una predizione, in realtà è solo una delle ipotesi da lui presentate. Nel dettaglio, alla domanda se in Ucraina Putin intenda attaccare o meno Orsini presenta due possibilità.

La prima è che avrebbe attaccato, ed è lo spezzone che vediamo nei montaggi circolati online. Tesi per nulla originale e sostenuta da anni da vari commentatori, prima di Orsini. Possibilità anticipata anche qui su theWise Magazine un anno fa.

Leggi anche: Tensione in Ucraina, Nato e Russia ai ferri corti.

La seconda è che la Russia non avrebbe attaccato.

Ma Orsini non prende posizione, né da una parte né dall’altra.

Quindi, Orsini l’aveva predetto ?

Propone invece una terza via, ovvero che Putin al tempo non avesse ancora deciso cosa fare.

Dalla sua relazione:

«Si confrontano due tesi. Una afferma che Putin intende attaccare; l’altra afferma che non vuole farlo. La mia tesi è diversa. Sostengo che, in questo momento, Putin non ha ancora definito una strategia precisa ed è in una fase in cui sta cercando di raccogliere informazioni sulle intenzioni del blocco occidentale. Noi ci chiediamo che cosa Putin voglia fare in Ucraina, mentre Putin si sta domandando che cosa intendiamo fare noi».

È evidente che Orsini non ha preso alcuna posizione sull’argomento: che Putin attaccasse era una delle possibilità elencate, ma non quella da lui scelta.

Pertanto nessuna profezia, solo la generica ammissione di non essere in grado di prevedere nulla.

Fin qui nulla di grave, nessuno ha la palla di cristallo. Il ruolo dell’analista è raccogliere dati utili ai decisori, in questo caso il Senato, e l’ha fatto.

Il video che lo inchioda

Il problema è che è lo stesso Orsini a pompare la narrazione della “profezia”, ricamandosi addosso capacità preveggenti che non gli appartengono.

Il video qui sopra sembra profetico ma a ben vedere sono presenti numerosi tagli. Il problema è che non si tratta di un video caricato da gente a caso ma da Orsini stesso, che quindi si pone in evidente malafede rispetto alla questione.

Nota di colore: nella sua relazione, in riferimento alla capacità di fuoco degli ucraini, Orsini afferma che «ha dimostrato di essere praticamente nulla». La realtà lo ha smentito clamorosamente: gli ucraini hanno dimostrato di essere molto meglio preparati rispetto alla sua analisi e, riforniti dall’occidente, si sono dimostrati un osso troppo duro per gli ormai spuntati denti russi, che hanno abbandonato l’intero fronte settentrionale.

Orsini sembra rifarsi più alla propaganda russa che a valutazioni oggettive. Nel 2014 Putin approfittò di un’Ucraina in tumulto, scossa da cima a fondo dall’Euromaidan. Riuscì così a prendere la Crimea con un veloce colpo di mano e senza alcuna resistenza, tanto da lasciarsi andare a pompose prese di posizione, come affermare di poter prendere Kiev in due settimane.

Ma l’Ucraina che Putin si trova ora ad affrontare non è più quella del 2014 e non lo era già più nel 2018, come il mondo intero può constatare.

Il nodo sanzioni

Altro fatto curioso è che nella sua relazione scritta Orsini si era espresso senza ombra di dubbio a favore delle sanzioni verso la Russia (cosa ribadita con ancor più decisione di persona, all’audizione):

«E qui vengo al problema delle sanzioni contro la Russia. Dal momento che Trump e l’Unione Europea non vogliono un confronto militare con Putin, devono operare affinché non sia Putin a scatenarlo. L’unica strategia possibile sembra essere quella delle sanzioni. Nella prospettiva delle élites europee dominanti, l’impoverimento della Russia comporta due conseguenze prevedibili. La prima è che la Russia ha meno soldi da investire negli armamenti e questo, almeno nella prospettiva occidentale, dovrebbe rappresentare un disincentivo a lanciare un attacco su ampia scala che comporterebbe una nuova ondata di sanzioni. La seconda è che, anche nel caso in cui Putin decidesse di sfondare le linee ucraine, si prevede che avrebbe difficoltà a condurre una guerra di lungo periodo o una politica di occupazione a causa dell’impoverimento dovuto alle sanzioni».

Il problema è che Orsini ora chiede a gran voce che le sanzioni vengano tolte contraddicendo il sé stesso del 2018, quello che lui per primo sostiene che avesse previsto tutto, ammettendo in maniera implicita di aver sbagliato previsione.

I fenomeni cognitivi correlati

In questa vicenda intervengono vari fenomeni cognitivi che vale la pena approfondire, al fine di meglio comprendere l’impatto che ha avuto sul pubblico. Alcuni fenomeni (come ad esempio l’authority bias) sono già stati esaminati qui su theWise Magazine. È possibile leggerli al link qui sotto.

Leggi anche: Il curioso caso del prof. Orsini.

Cherry picking

Consiste nel selezionare i pezzi che confermano la tesi da sostenere estrapolandoli dal contesto e ignorando le parti che li contraddicono. In questo modo è possibile mistificare con facilità il senso dell’audizione: basta fare un montaggio accurato del video prendendo gli spezzoni che servono senza citare il resto, come ha fatto Orsini nel video che ha caricato su YouTube.

Omission bias

È la tendenza inconscia a percepire in maniera meno negativa l’omissione di un’azione rispetto alla sua esecuzione, anche se la gravità è la stessa. Portato nel nostro caso specifico, quella di Orsini verrà vista dai suoi sostenitori non tanto come una menzogna consapevole, quanto una semplice omissione: Orsini ha davvero detto quelle parole e quindi non ha tecnicamente mentito, ma ne ha dette anche molte altre che ha omesso e che rendano il senso del tutto diverso. In realtà l’output è lo stesso, ma un’omissione tende sempre a essere percepita come meno grave e quindi più giustificabile.

Middle ground fallacy

Siamo abituati a ritenere che la verità stia nel mezzo. Il che non è affatto scontato, la verità può benissimo stare da una sola delle due parti. Pensiamo ad esempio a uno stupro: qualsiasi giustificazione addotta dallo stupratore non è altro che victim shaming e porsi in maniera equidistante tra vittima e carnefice significa fare il gioco del carnefice.

Ritenere che Orsini sia più autorevole sulla base della sua “equidistanza” tra Russia e Ucraina è pertanto priva di senso logico: non è il porsi a metà strada a essere in automatico garanzia di obiettività. Come non lo è per poter dire di aver azzeccato una previsione senza in realtà essersi schierato.

Leggi anche: Bestiario dei troll da social: tipologie, tecniche e come batterli.

Confirmation bias

Tendiamo a ricercare e selezionare le informazioni che confermano i nostri preconcetti, mentre tendiamo a non considerare o a dare minor valore a quelle che li negano.

Così, chi ha già preconcetti sulla guerra in Ucraina (ad esempio chi è ostile a Nato e Stati Uniti) tenderà a credere alle qualità profetiche del professor Orsini senza andare a verificarle.

Anchoring bias

Ovvero, tendiamo a fare maggiore affidamento sulle informazioni che assimiliamo per prime. Questo significa che tenderemo a ricordare l’affermazione iniziale – ovvero che Orsini ha azzeccato la previsione – piuttosto che il suo debunking.

Cognitive dissonance

È la tendenza a evitare informazioni contrastanti perché questo ci mette a disagio. Questo si traduce spesso nella tendenza a rigettare le idee che mettono in discussione le nostre precedenti convinzioni, in quanto accettare nuove informazioni potrebbe generare ulteriori dissonanze a cascata.

Nel caso di Orsini la dissonanza è evidente, come abbiamo avuto modo di vedere nel precedente paragrafo. Ma mettere in dubbio la capacità di Orsini di prevedere ciò che sta per avvenire mina la sua autorevolezza agli occhi dei suoi sostenitori, cosa che mette in dubbio anche le altre sue opinioni, già sostenute dall’authority bias. Di fronte a questo pericolo un sostenitore accanito tenderà quindi a negare l’evidenza dei fatti, pur di preservare l’integrità della sua interpretazione della realtà che combacia con quella di Orsini.

Hot hand fallacy

È la tendenza a ritenere che chi ha azzeccato una previsione azzeccherà anche le successive. Al di là del fatto che Orsini in realtà non ha davvero previsto quello che poi è successo, si tratta di una fallacia logica: le previsioni sono giuste o sbagliate a prescindere dalla correttezza di quelle fatte prima o dopo.

Orsini però punta molto su questo bias, altrimenti non insisterebbe così tanto su questa storia della previsione. Ma Orsini è tutt’altro che infallibile. Ad esempio, nel gennaio 2018 aveva previsto un attacco terroristico in Italia, che non c’è mai stato.

Leggi anche: Tecniche di propaganda: il caso Meloni-Financial Times.

Halo effect

Avviene quando trasferiamo l’impressione positiva che abbiamo di una persona in una determinata area, in un ambito diverso.

Orsini è un sociologo specializzato in terrorismo. Ha creato e dirige l’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale della LUISS, che riporta sul suo sito: «Tra le sue principali aree di ricerca figurano i processi di radicalizzazione e lo studio del fenomeno migratorio.».

Il fatto che Orsini sia molto competente nella sua materia non lo rende altrettanto competente in altre materie, benché appaiano sovrapponibili al grande pubblico (ma non lo sono). Questo è ancor più valido perché si tratta di tematiche dove si ragiona molto sulle interpretazioni soggettive.

Quando si parla di ciò che st avvenendo in Ucraina non si tratta tanto di sociologia e nemmeno di terrorismo, ma di relazioni internazionali. Materia che lo stesso Orsini ha sminuito in pubblico, tanto da provocare dure prese di posizione da parte di moltissimi esperti del settore.

Illusory truth effect

Ciò che viene ripetuto molte volte crea l’illusione della verità, anche se falso. Nel caso di Orsini, il fatto che lui e molte altre persone abbiano ripetuto ossessivamente che avesse predetto ciò che è avvenuto lo ha reso veritiero per buona parte del pubblico, anche se, come abbiamo visto, non è così.

In conclusione

Il fatto che Orsini non sia mai stato smentito da chi gestisce le trasmissioni a cui viene invitato, ha contribuito a creare un’illusoria aurea di infallibilità nei suoi confronti che non ha ragione d’essere: Orsini sbaglia, come chiunque altro.

In tutto questo non ha fatto nulla per chiarire la sua posizione e anzi ne ha cavalcato l’onda. Approfittando dell’inattesa notorietà si è speso in prima persona per propagandare questa visione profetica di sé stesso, caricando sul proprio canale YouTube un video depurato di tutte le parti che avrebbero fatto capire la realtà dei fatti: ovvero che all’audizione in Senato del 4 dicembre 2018 non ha espresso la previsione che si vanta di aver azzeccato.

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