Nella stessa rubrica:
Robert Cornish – John Wayne Gacy – Aokigahara – Leonarda Cianciulli
In questa puntata di SinisterWise, la nostra rubrica sul mistero e sui personaggi sinistri, ci spostiamo in Russia, negli Urali settentrionali, per raccontare la storia dell’incidente del passo di Djatlov e la morte di una comitiva intera di ricercatori sovietici.
L’incidente del passo di Djatlov avvenne la notte del 2 febbraio 1959. Morirono in circostanze misteriose nove escursionisti sul versante orientale del Cholatčachl’, che, ironia della sorte, in lingua locale significa “montagna dei morti”. Il luogo dell’accaduto ha preso il nome di Passo di Djatlov, dal nome del capo della spedizione, Igor Djatlov.
La spedizione
Alcuni ragazzi, in maggior parte studenti e neolaureati dell’Istituto Politecnico degli Urali, decisero di intraprendere una escursione in sci di fondo presso gli Urali settentrionali, in Russia. L’obiettivo era raggiungere il monte Otorten, a dieci chilometri dal luogo dell’incidente.
Tutti i partecipanti erano alpinisti esperti e la spedizione iniziò il 1° febbraio 1959, mentre la fine era prevista non più tardi del 12 dello stesso mese. A causa del peggioramento delle condizioni climatiche, dovettero cambiare il percorso che avevano prefissato. Decisero di fermarsi e di accamparsi sul pendio della montagna e aspettare un miglioramento delle condizioni climatiche.
L’incidente e le ricerche
Alla data prevista, non arrivarono notizie della comitiva. Solo il 20 febbraio arrivarono i soccorsi, su sollecitazione delle famiglie dei ragazzi dispersi. In seguito, si coinvolsero anche gli aerei e gli elicotteri della polizia e dell’esercito.
Il 26 febbraio i soccorritori trovarono la tenda abbandonata sul Cholatčachl’. Essa era molto danneggiata ed era circondata da impronte, che si perdevano nel bosco. I soccorritori trovarono i resti di un fuoco e i primi due corpi senza vita, entrambi scalzi e vestiti solo della biancheria intima. Furono poi trovati altri tre corpi. I quattro escursionisti rimasti furono ritrovati solo il 4 maggio, sepolti sotto un metro e mezzo di neve. Erano a mezzo chilometro dal punto in cui erano stati ritrovati gli altri cinque.
Circostanze inspiegabili
Dopo il ritrovamento dei primi cinque corpi, partì un’inchiesta legale. Si giunse alla conclusione che i giovani erano deceduti per ipotermia. L’autopsia dei quattro corpi trovati successivamente complicò le indagini. Un corpo presentava una grave frattura cranica e altri due avevano la gabbia toracica fratturata. Uno dei corpi era inoltre privo della lingua, di parte della mascella e degli occhi.
Inizialmente si pensò ad un attacco da parte degli indigeni Mansi, ma non vi erano tracce di colluttazione. Inoltre, perché i corpi erano senza vestiti, nonostante la tempesta di neve? Tale fenomeno potrebbe essere ricondotto allo spogliamento paradossale. Nel venticinque per cento dei casi di morte per ipotermia, il soggetto diventa disorientato, confuso e tende a strapparsi i vestiti di dosso. Questo avviene perché è percepita una falsa sensazione di calore superficiale.
Secondo il tribunale, la comitiva di Djatlov era morta a causa di una «irresistibile forza sconosciuta». L’inchiesta si chiuse nel maggio 1959 per assenza di colpevoli.
Le ricostruzioni successive
Vi furono numerose polemiche sulle indagini. Alcuni sostengono addirittura che nella zona si trovavano molti rottami di metallo, facendo pensare che l’esercito avesse utilizzato l’area per manovre segrete. Sarebbe stato quindi evidente l’interesse nell’insabbiare la vicenda.
Alcuni dettagli della tragedia sono stati resi pubblici solo nel 1990 e negli anni si sono susseguiti libri e documentari che hanno cercato di ricostruire la triste vicenda. Nel 2014, lo statunitense Donnie Eichar presentò una nuova teoria: la tempesta perfetta. Si sarebbero formati violentissimi mini tornado, che avrebbero distrutto l’accampamento. Disorientati dal rumore e dagli infrasuoni non udibili all’orecchio umano, secondo Eichar i ragazzi sarebbero impazziti e sarebbero morti cercando la salvezza.
Sviluppi recenti
Il 3 febbraio 2019, il governo russo ha riaperto le indagini sull’accaduto, affermando l’anno successivo che una valanga avrebbe travolto lo sventurato accampamento. Un articolo del 2021 su Nature dei ricercatori Johan Gaume e Alexandre Puzrin sembra supportare questa tesi.
I traumi individuati sui corpi sembrano compatibili con la caduta di una lastra di neve di quel peso e di quelle dimensioni, ma lo studio non spiega il motivo per cui gli escursionisti siano usciti dalla tenda, né perché alcuni di essi siano stati trovati parzialmente svestiti.