Con la collaborazione di Benedetta Miranda
L’attualità dei fatti ci porta sotto gli occhi una questione che, come ormai è ben chiaro, ha le sue radici piantate ben in profondità, con varie dinamiche che si intrecciano tra loro da tanti anni. L’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina, tra le innumerevoli conseguenze che ha causato, ha portato in prima pagina quello che è il rapporto tra Ucraina e Unione Europea. L’idea di un’adesione all’UE da parte Kiev sembra oggi più di una speranza remota. Il Consiglio europeo ha infatti riconosciuto le aspirazioni europee e la scelta europea dell’Ucraina.
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L’Unione Europea è stata da sempre interessata a intrattenere relazioni amichevoli con l’Ucraina, nonostante la vicinanza di quest’ultima alla Russia. Tuttavia, sono diverse le problematiche che sono sorte in questo cammino di avvicinamento dell’Ucraina verso Bruxelles. Tra gli elementi più importanti da tenere a mente troviamo la costante presenza del fantasma russo in questi rapporti e l’inadeguatezza del sistema economico, finanziario, giudiziario e sociale ucraino rispetto ai criteri necessari per entrare nell’UE. Alcuni di questi criteri, anche detti Criteri di Copenaghen, sono la presenza, nel Paese, di istituzioni stabili che garantiscano democrazia, Stato di diritto, diritti umani, rispetto delle minoranze; la presenza di un’economia di mercato (che riesca a rispondere alla concorrenza interna all’Unione); la capacità di poter attuare gli obiettivi e rispondere agli obblighi che l’adesione all’UE comporta.
Il punto di partenza
Il 1994 può essere considerato come l’anno di inizio della cooperazione. Venne firmato l’accordo di Cooperazione e Associazione tra UE e Ucraina (entrato in vigore nel marzo del 1998). Nel testo venivano evidenziati alcuni problemi economici e sociali del Paese, su cui il governo avrebbe dovuto lavorare, tra cui la necessità di sviluppare un piano per la crescita economica e la promozione della tutela dei diritti umani. L’accordo prevedeva, inoltre, summit annuali che, tuttavia, non hanno apportato particolari migliorie nel Paese.
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La prima volta che si accennò alla possibilità per l’Ucraina di entrare a far parte dell’Unione europea fu nel 2002. A segnalare questa possibilità fu il Commissario Günter Verheugen, che si occupò, proprio in quegli anni, dell’allargamento dell’Unione europea da quindici a venticinque Stati membri. Tuttavia, il Commissario per l’allargamento sottolineò la necessità, da parte dell’Ucraina, di attivare un processo di modernizzazione del Paese, per meglio rispondere ai prerequisiti necessari per avviare la procedura di adesione.
Proprio nei primi anni Duemila si inizia a parlare di un vero e proprio Accordo di Associazione con l’Ucraina, ma le elezioni ucraine del 2004 provocano nel Paese forte instabilità politica. Un segnale positivo della vicinanza con l’UE venne dal presidente ucraino uscente Kuchman: il presidente, infatti, richiese l’avvio di una missione di osservazione da parte del Parlamento europeo per le elezioni presidenziali. Il team di osservatori europei denunciò la mancanza di trasparenza e lo scarso rispetto delle procedure democratiche per la votazione nei primi due turni. Anche grazie alle pressioni europee, il terzo turno venne visto, così come le elezioni, come un successo e un momento di auspicio per l’instaurazione di valori e istituzioni democratiche in Ucraina.
Negli anni seguenti il dialogo tra l’Unione e l’Ucraina non si ferma e sono diverse le proposte di nuovi accordi che vengono annunciate. Questi accordi riguardano essenzialmente due punti focali: la creazione di un’area di libero scambio tra l’Ucraina e l’UE e una maggiore protezione e tutela dei cittadini ucraini nei Paesi membri dell’Unione.
Un passo decisivo: l’accordo di associazione
Una tappa fondamentale del percorso verso Bruxelles dell’Ucraina è rappresentata proprio dall’accordo di associazione; come detto in precedenza, il percorso non è stato affatto semplice e lineare. I negoziati furono avviati nel 2007 e i primi capitoli, di natura politica, vennero firmati nel marzo del 2014, mentre i capitoli rimanenti vennero firmati alcuni mesi più tardi, nel giugno dello stesso anno (dopo le elezioni presidenziali in Ucraina). Questo accordo è uno strumento di vitale importanza che permette un maggiore avvicinamento dell’Ucraina all’UE. Esso prevede la nascita di legami politici più stretti, il rafforzamento dei collegamenti economici e la promozione di valori comuni.
Il 15 dicembre 2014 l’UE e l’Ucraina hanno tenuto la prima sessione del consiglio di associazione nel quadro del nuovo accordo.
Nel corso della seconda sessione, tenutasi nel 2015, il consiglio ha approvato l’agenda di associazione aggiornata. Tale agenda è determinante per guidare il processo di rafforzamento delle riforme e di modernizzazione economica in Ucraina e costituisce il principale strumento politico per l’attuazione e il monitoraggio dell’accordo di associazione.
Nell’agenda di associazione emergono degli elementi fondamentali che stanno alla base del percorso europeo dell’Ucraina. Vengono infatti individuate delle misure di riforma a breve termine che l’Ucraina dovrebbe affrontare in via prioritaria nei seguenti settori: costituzione, elezioni, sistema giudiziario, lotta alla corruzione, pubblica amministrazione, energia, deregolamentazione, appalti pubblici, fiscalità e revisione contabile esterna. Attuare queste riforme indicate all’interno dell’agenda di associazione rappresenta un must da parte di Kiev, nel momento in cui decida di avere una qualsiasi speranza di diventare uno Stato membro dell’UE.
L’11 luglio 2017 il Consiglio ha adottato una decisione relativa alla conclusione, a nome dell’UE, dell’accordo di associazione con l’Ucraina. Si è trattato della fase finale del processo di ratifica, che ha consentito all’accordo di entrare in vigore a partire dal 1 settembre 2017.
Ma, come ripetuto più volte in precedenza, la strada che ha portato alla ratifica dell’accordo non è stata priva di ostacoli: i problemi sono sorti sia dal fronte interno europeo, sia da un fronte esterno. Partendo dal fronte esterno, la Russia ha preteso che l’entrata in vigore a titolo provvisorio escludesse le disposizioni relative all’area di libero scambio globale e approfondita. Infatti, Mosca si sentiva danneggiata da questa parte del trattato. Sarebbe venuta meno un’importante area di influenza del Cremlino su Kiev, che avrebbe sempre più guardato verso Bruxelles e verso un sistema economico vicino a quello comunitario. Per quanto concerne gli ostacoli interni, va citato il problema che ha rappresentato l’approvazione del testo del Trattato da parte dell’Olanda, approvazione arrivata in seguito a delle rassicurazioni date da Bruxelles al governo olandese, il quale voleva delle rassicurazioni sul fatto che alla ratifica dell’accordo non corrispondesse in automatico un processodi annessione dell’Ucraina all’UE o una sua ammissione nella NATO, la quale avrebbe creato nuovi impegni da parte dei Paesi membri dell’alleanza in caso di aggressione dell’Ucraina.
L’attualità della guerra: la risposta dell’UE e la domanda di adesione dell’Ucraina
L’offensiva russa verso l’Ucraina ha portato (oltre alle dinamiche propriamente belliche) sotto i riflettori l’azione europea in merito, mettendo sotto pressione Bruxelles. È pacifico dire che in caso di fallimento nella risposta alla guerra sul suolo ucraino, il futuro e la credibilità europea riceveranno un brutto colpo.
La risposta dell’Unione Europea è stata pronta e rapida all’inizio. Ha dimostrato un’importante posizione unitaria e solidale nei confronti dell’Ucraina, ed è andata ben oltre le solite dichiarazioni di condanna. Con la Dichiarazione di Versailles del 10 marzo ha annunciato che continuerà a fornire sostegno politico, finanziario, materiale e umanitario all’Ucraina. Bruxelles si è inoltre impegnata a fornire sostegno alla ricostruzione di una situazione democratica e stabile una volta cessato il conflitto.
Inoltre, un fronte sul quale l’Unione ha agito, e sta continuando ad agire, è quello delle sanzioni economiche. Quelle emanate dall’UE sono delle sanzioni mirate, essendo infatti indirizzate a singole persone oppure verso un insieme di individui, nel caso specifico Putin e l’élite oligarchica del Cremlino. Oltre a congelare i beni del presidente russo e del suo ministro degli Affari Esteri, l’UE imporrà misure restrittive nei confronti dei membri del Consiglio di sicurezza nazionale della Federazione russa che hanno sostenuto l’immediato riconoscimento delle zone non controllate dal governo delle regioni ucraine di Donetsk e Luhans’k quali entità indipendenti.
Nel dettaglio, le sanzioni lanciate da Bruxelles comprendono misure restrittive individuali, sanzioni economiche, misure diplomatiche, restrizioni ai media, restrizioni alle relazioni economiche con la Crimea e Sebastopoli, restrizioni alle relazioni economiche con le zone non controllate dal governo delle regioni di Donetsk e Luhans’k, restrizioni alla cooperazione economica.
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La risposta solidale dell’Unione verso l’Ucraina e i suoi cittadini si è declinata anche attraverso il meccanismo di protezione temporanea. Il 4 marzo 2022 l’UE ha dato attuazione alla direttiva sulla protezione temporanea. L’obiettivo è alleviare la pressione sui sistemi nazionali di asilo e consentire agli sfollati di godere di diritti armonizzati in tutta l’UE. La protezione temporanea durerà almeno un anno (fino al 4 marzo 2023) e per un massimo di tre, in funzione dell’evolversi della situazione in Ucraina.
Ma lo strumento di sostegno che più ha suscitato polveroni nell’opinione pubblica è stato quello all’esercito ucraino. Nel 2022 l’UE ha adottato 1,5 miliardi di euro a titolo dello strumento europeo per la pace. Le misure di assistenza concordate finanzieranno l’invio di attrezzature e forniture quali dispositivi di protezione individuale, kit di pronto soccorso e carburante, nonché attrezzature e piattaforme militari concepite per l’uso letale della forza a fini difensivi. L’aiuto militare da parte di Bruxelles risulta essere fondamentale per il futuro dell’Ucraina e del suo popolo. Un esercito ucraino lasciato solo a sé stesso ben poco avrebbe potuto fare dinanzi all’avanzata russa, che in poco tempo avrebbe potuto neutralizzare l’Ucraina, deponendo Zelensky e instaurando un governo amico, che si sarebbe decisamente allontanato dal futuro europeo.
È proprio col futuro europeo dell’Ucraina, che concludiamo questo articolo. Il 28 febbraio 2022, con la presentazione della domanda di adesione all’Unione europea da parte del Presidente Zelensky, è ufficialmente iniziato il procedimento di adesione dell’Ucraina. Il Consiglio ha accolto con favore la volontà del leader ucraino e ha quindi invitato la Commissione a presentare il suo parere su tale candidatura conformemente alle pertinenti disposizioni dei trattati.
Nonostante in molti si augurino la buona riuscita del procedimento di adesione, per l’Unione europea accogliere un Paese distrutto dalla guerra, che storicamente è stato dilaniato dalla corruzione della sua classe dirigente e che ha avuto parecchie difficoltà nell’affermare tutti gli elementi dello Stato di diritto, rappresenta senza dubbio una sfida enorme che potrebbe portare a numerosi grattacapi nelle sedi di Bruxelles. Il procedimento sarà sicuramente lungo e non privo di frenate, ma mai come questa volta l’aspirazione europea dell’Ucraina sembra essere forte e determinata.
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