Il precariato nel settore pubblico non affligge soltanto il mondo dell’insegnamento. I Vigili del Fuoco Discontinui sono Vigili del Fuoco iscritti negli elenchi del Comando Provinciale che vengono richiamati per brevi periodi di venti giorni al mese, senza superare centosessanta giorni all’anno contrattualizzati. La loro presenza serve per colmare le carenze di organico e spesso sono utilizzati per svolgere attività di ordinaria amministrazione all’interno dei comandi e in situazioni di emergenza. Essi sono, a tutti gli effetti, dei “precari” del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
In questi giorni la voce di questa categoria si sta facendo sentire ed è in corso una petizione su Change.org per richiedere «l’espletamento e l’assunzione tempestiva della Procedura speciale di Stabilizzazione dei Precari Vigili del Fuoco in essere e l’assorbimento di tutte le graduatorie aperte» per garantire ai cittadini una copertura adeguata (entro venti minuti) in caso di emergenza, come previsto dalla normativa in vigore.
Pubblichiamo integralmente la lettera di un discontinuo dei Vigili del Fuoco che ci è giunta in redazione.
«Qualche giorno fa, un noto programma televisivo ha mandato in onda un servizio che parlava del problema della carenza di personale operativo nei Vigili del Fuoco. Un delegato sindacale ha più volte pronunciato il termine “discontinuo” e “precario”, cercando di spiegare la funzione e la situazione attuale di questa figura all’interno del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
In quanto discontinuo, mi piacerebbe fare un po’ di chiarezza in merito e spiegare bene chi siamo, cosa facciamo e perché a oggi, all’interno del corpo, siamo essenziali.
Fino a quando vi è stata l’obbligatorietà del servizio militare, veniva chiesta la destinazione preferita che, è bene dirlo, quasi mai corrispondeva a quella definitiva. Oltre alle varie destinazioni, si poteva anche indicare il corpo dei Vigili del Fuoco che, pur non armato, era contemplato nel servizio militare.
Questa destinazione, come quella del Carabiniere Ausiliario, era vista come un “lusso per pochi” da parte di chi prestava servizio di leva nell’Esercito. Posso garantire che, almeno per quanto riguarda il mio caso, non è stato così in quanto non avevo conoscenze all’interno del corpo che mi permettessero di usufruire di una corsia preferenziale e, secondariamente, ho espletato tutte le attività obbligatorie.
Al momento del congedo, veniva chiesto dal responsabile del personale del proprio comando se vi era la volontà di proseguire facendo il Discontinuo, figura che durante il servizio avevo già incontrato e che era abbastanza confusa, in quanto non si trattava né di Vigili del Fuoco permanenti né di volontari.
Il discontinuo è un Vigile del Fuoco aggiunto che ha svolto il servizio militare nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e che, periodicamente e fino al pensionamento, viene richiamato in servizio al bisogno per un periodo di quattordici giorni suddivisi in sei turni lavorativi di dodici ore, per un totale di settantadue ore di servizio. Il tutto è stipendiato a chiamata.
Fino a qualche anno fa, i giorni di richiamo erano venti, con destinazione al comando o direttamente a un distaccamento. Fino a questa variazione di turni, ogni caserma metteva a disposizione dei discontinui i dispositivi di protezione individuale: parliamo di elmo, nomex e panta nomex (giaccone e pantaloni ignifughi da intervento), cinturone e guanti ignifughi e altro. La divisa invece era quella del personale. Oggi, invece, ogni volta che inizia il periodo di servizio, bisogna recarsi al comando di appartenenza, compilare vari incartamenti presso il magazzino logistica e ritirare il vestiario.
Una volta entrati in servizio, destinati a questa o a quella caserma anche solo per un turno, non vi è la possibilità dell’utilizzo di un armadietto, che per il Vigile del Fuoco Discontinuo non è previsto, quindi bisogna tenere nella propria automobile tutto l’occorrente. Ogni volta che si entra in servizio bisogna controllare il caricamento dei mezzi e cercare di ricordarsi dove si trovano le varie attrezzature, senza confonderle con quelle altrui.
Quando poi si è in servizio e si va sul luogo dell’intervento, il Vigile del Fuoco Discontinuo completa la squadra e non si aggiunge a una già definita: il Capo Squadra, responsabile dell’intervento, non fa (e non può fare) distinzioni tra permanente e discontinuo.
Quello che è stato specificato e ribadito più volte nel servizio sopracitato è che attualmente in Italia ci sono ottomila discontinui in attesa di stabilizzazione e che, nonostante la netta carenza di personale, non c’è la volontà da parte dell’amministrazione e del ministero dell’Interno di velocizzarne l’assunzione.
In base a una direttiva europea, la proporzione dovrebbe essere un Vigile del Fuoco ogni mille abitanti: così è nella maggior parte dei Paesi dell’Unione. In Italia dovrebbero dunque esserci circa sessantamila unità, a fronte delle circa ventiseimila attuali.
Con la procedura di stabilizzazione, per la quale vi è una graduatoria già aperta nel 2018, e con l’assunzione dei precari, non si risolverebbe definitivamente il problema, ma sicuramente si darebbe respiro a una situazione già difficile da gestire da parte dei Vigili permanenti, che spesso sono richiamati in servizio da ferie e salti turno.
In tanti ci chiedono perché continuiamo se non siamo soddisfatti della nostra posizione: il sogno di essere Vigile del Fuoco a tutti gli effetti, l’onore di portare la divisa e il riconoscimento del proprio lavoro sono le ambizioni che spingono a portare avanti la nostra causa e a cercare in tutti modi di diventare Vigili del Fuoco permanenti. Chi ci vede operare in intervento non è in grado di distinguere tra discontinui e permanenti e, francamente, in molti casi il rischio è uguale e non fa differenze.
A oggi, la nostra unica speranza è quella di un supporto da parte della popolazione e di un aiuto per rendere possibile la nostra assunzione definitiva e la fine di tutto questo grande pasticcio italiano».