La stagione estiva dei concerti è da sempre periodo di grandi spettacoli e ritorni di fiamma, a maggior ragione dopo un tabellone invernale molto povero di eventi a causa dell’emergenza sanitaria, persino in una città sempreverde come Milano. Non deve stupire perciò la calda accoglienza riservata ai Notwist ai Magazzini Generali il 17 maggio 2022, per una data live già rimandata in gennaio, dopo il passaggio estivo della band al Sexto Unplugged. La band, da sempre apprezzata nel nostro Paese, si è resa protagonista di uno dei primi concerti senza obbligo di mascherina.
I tedeschi, pur passata la loro fase di massimo successo, restano infatti tra i migliori live act in circolazione,un gruppo che chiunque bazzichi sottopalco dovrebbe vedere almeno una volta nella vita.
Neon Golden, 20 anni dopo
Una storia anticlimatica e placida, quella dei Notwist, che vale la pena ripassare: il gruppo dei fratelli bavaresi Markus e Micha Acher e soci, infatti, pur navigando in un mercato sempre più votato all’onnipresenza digitale (un mondo, quello dei servizi di streaming musicale, in cui se non pubblichi contenuti ogni qualche settimana sei da considerare morto) e di trionfo dell’estetica sulla sostanza, ha sempre preferito centellinare le nuove uscite, levigarle, limitarle, condendole di un eclettismo tipicamente mitteleuropeo, pur rimanendo fedele alla propria attitudine indie e quasi nerd.
Con risultati altalenanti e discontinui, va detto: se il nuovo ed elegante Vertigo Days (2021), ottava fatica della band, è stato molto apprezzato da critica e fan di vecchia data (pur non generando particolare scalpore nonostante l’inedita selezione di ospiti e la varietà di suoni e scenari) bisogna tornare al 2014 per il precedente lavoro dei Notwist, quel Close To The Glass che ha diviso le opinioni del pubblico per gli eccessivi e mal coesi salti tra contesti rock e ambient.
Il portale di ingresso alla musica dei Notwist, però, resta per tutti Neon Golden, che esattamente lo scorso gennaio compiva 20 anni. Neon Golden, come poi ammesso dalla stessa band, raccoglie i germi lanciati sommessamente nei precedenti 12 (1992) e Shrink (1998), album ancora molto legati a uno scenario post-rock continentale tendente persino al metal, zeppi di mastodontici power chord e riff viscerali di chitarra, per arrivare a una innovativa sintesi di indie ed elettronica, di organico e sintetico: dalle textures programmate e dal beat della (pandemica) This Room alle chitarre college e irriverenti di One With The Freaks agli oscuri arrangiamenti di archi e drum machines di Off The Rails, l’intero album ha come collante la voce di Acher, per la prima volta modesta, fragile, mansueta, ma sempre posta al di sopra di tutto l’ensemble. Cantabile e cantata.
È questa ampiezza di vedute a fare di Neon Golden un indiscusso album di culto, un punto di svolta innovativo, un game-changer che è finito con l’anticipare i tempi del cosiddetto laptop pop con cui i musicisti indie si diluivano via via sempre più nell’elettronica a partire dalla seconda metà degli anni Duemila (un grande esempio di ricontestualizzazione pop del linguaggio dell’album arrivava proprio l’anno seguente con quel The Postal Service di Ben Gibbard/Death Cab For Cutie che a sua volta è diventato un ulteriore prodotto senza tempo). Ironico, se si considera che i Notwist nascevano, con l’omonimo album del 1991 e i successivi, come gruppo post-hardcore.
Magazzini Generali, wall of sound e singalong
Ritornando al nostro live, i Magazzini Generali si presentano belli pieni, un pubblico composto da ventenni e cinquantenni che si affastellano comodi, educati, si mischiano sotto il palco nell’afosa giornata lavorativa di un classico martedì milanese di metà maggio. Per quest’occasione, e dallo scorso anno, una nuova aggiunta coadiuva il sestetto originale per l’attività live: Theresa Loibl, prevalentemente al sassofono.
La scaletta è collaudata, forse anche per la preponderante componente elettronica e di sequenze che lascia poco spazio a deragliamenti sonori di rilievo o tracce extra. La location dei Magazzini Generali forse poco adatta a contenere l’enorme pressione e varietà sonora della band, sette elementi tutti alle prese con sintetizzatori, drum machines, fiati, ottoni, chitarre e la tradizionale sezione ritmica, coadiuvati da un set di vinili e giradischi. Un contesto che penalizza il godimento di una proposta live stratificata e densa come poche altre.
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Non c’è da stupirsi se gran parte della scaletta propone brani estratti proprio dall’ultimo Vertigo Days e dal sempreverde Neon Golden. La risposta canora del pubblico, a ogni modo, è pronta e calorosa anche sulle tracce più recenti, a dimostrazione della nicchia solida e affezionata che gli Acher e soci han saputo ritagliarsi nei decenni.
Markus Acher si presenta immerso tra i colleghi e i synth, un frontman alternativo e dimesso, quasi nascosto tra microfono e cavi, ben vestito, una sorta di Matt Berninger dei National, tra camicia, barba finto incolta e occhiali, ordinato e pulito ma con una chitarra sempre in mano, a snocciolare accordi dissonanti e trascinare il pubblico cantante con la sua voce modesta.
Si parte con Into Love/Stars, da Vertigo Days, ma la scaletta evolve rapida, incessante e poco dopo esplode fragorosa nelle enormi chitarre di Kong, si sposta in territori danzerecci con Ship, incanta con la semplicità di One With The Freaks e con le ritmiche dub di This Room (da Neon Golden). La chiusura del live è affidata ai quasi sette minuti di una Gravity (da The Devil, You + Me) in versione estesa dal sapore prog. Piatto forte del bis sono Pilot e Consequence: la prima un elemento imprescindibile dell’album di culto della band, la seconda la loro unica vera gemma pop mainstream che diluisce nello strumentale da dancefloor di 0-4, a coronare quasi due ore di live suonato con intensità e coinvolgimento.
Ascoltare un live dei Notwist è una esperienza necessaria. Coi pur tollerabili alti e bassi discografici di una tipica storia autoriale di band di nicchia che ha corso il serio rischio di veder fagocitata ogni propria nuova uscita dal loro unico (inarrivabile) album-feticcio, è nella dimensione live che tutti i brani del sestetto bavarese acquisiscono una forza vitale nuova. È nella voglia di modificarsi sempre, nello studiato susseguirsi di chitarre, archi e arpeggiatori sintetici e nel composto wall of sound che Acher e colleghi quasi con serietà da conservatorio riescono ad applicare per trasformare un normale concerto in una esperienza catartica e ineffabile che si cela il segreto dei Notwist e della loro compatta, ma affezionatissima, fanbase.