Il conflitto in Ucraina ha mosso gli sforzi diplomatici di tutta la comunità internazionale, ma in particolare troviamo il leader turco Erdogan che prova a ritagliarsi un ruolo primario nella mediazione tra Russia e Ucraina.
Perché la Turchia gioca da mediatore?
Una delle motivazioni che ha portato il Presidente turco a giocare il ruolo di mediatore risiede nel fatto che i tre Paesi puntano molto sul Mar Nero: per Mosca e Kiev si tratta dell’accesso al Mediterraneo, per Ankara di una fonte di introiti non indifferente, visto il controllo esercitato su Bosforo e Dardanelli.
Gli sforzi diplomatici della Turchia in merito alla crisi russo-ucraina si protraggono da ben prima dell’inizio dell’invasione ordinata da Putin: già a dicembre, infatti, Ankara si era proposta, in maniera indipendente dalle politiche della Nato, nel ruolo di mediatore tra Mosca e Kiev. L’obiettivo della Turchia, quindi, era quello di non fare deteriorare ulteriormente con fattori esterni la crisi economica e politica interna, e preservare la propria importanza regionale, evitando un’espansione russa ai danni dell’Ucraina.
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La Turchia, essendo un Paese Nato, condanna l’attacco russo e concede aiuti militari all’esercito ucraino, fornendo droni con cui l’esercito di Kiev è riuscito a infliggere durissime perdite ai russi, soprattutto nella regione del Donbass. Ma allo stesso tempo, Ankara rifiuta di sanzionare la Russia e la condanna espressa per le stragi di civili è stata leggera.
Il problema principale del governo Erdogan è quello di non passare da una posizione di mediazione tra Russia e Ucraina, a una di ambiguità politica tra i due Paesi, andando a compromettere il proprio status di prezioso alleato.
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Attualità: che ruolo sta giocando la Turchia?
Fallita la mediazione per scongiurare l’inizio di un conflitto armato, come detto in precedenza, la Turchia, anche in fase di guerra, sta cercando di giocare un ruolo centrale nell’arduo compito di tracciare la via diplomatica per la fine delle ostilità.
Uno dei punti individuati da Ankara per arrivare a una distensione nei rapporti tra Ucraina e Russia riguarda la questione del grano: la Turchia cerca di far leva sulla crisi alimentare che rischia di investire molti Paesi africani e asiatici fortemente dipendenti dalle forniture di cereali ferme nei porti ucraini.
La Turchia si è proposta da garante tra le due parti: saranno le navi della marina militare turche a sminare i corridoi attraverso i quali far passare le navi con i carichi di grano e sarebbe sempre la marina di Ankara a scortare i convogli.
Se in un primo momento la proposta della Turchia sembrava portare dei venti di speranza, in poco tempo la situazione è ritornata a essere circondata da un’aria piuttosto pessimista. Infatti, è stata proprio Mosca dopo un ottimismo iniziale a cambiare idea dopo poche ore: i vertici del Cremlino non sempre rispondono all’unisono, col portavoce del Cremlino Dimitri Peskov che è tornato a chiedere un allentamento delle sanzioni in cambio del sì alla proposta turca, una condizione al momento troppo radicale per una risposta positiva da Ankara.
La risposta di Kiev invece è sempre stata chiara dall’inizio, con Zelensky e i suoi ministri che sono sempre rimasti molto scettici. Il governo ucraino teme innanzitutto che, una volta liberato dalle navi merci il mar Nero, la Russia coglierà la palla al balzo e aggredirà l’Ucraina via mare. Inoltre, Zelensky ribadisce che il commercio dei cereali non rientra nel pacchetto delle sanzioni e dunque non dovrebbe essere un asset di scambio con Mosca.
Attualmente la mediazione turca tra Russia e Ucraina, quasi rispecchiando i progressi sul campo di battaglia, sembra essere giunta all’ennesima fase di stallo: le due parti in causa infatti non sembrano essere intenzionate a cedere terreno nei negoziati, rendendo molto difficile qualsiasi tipo di trattativa. La previsione più realistica ipotizzabile al momento è quella che vede dei passi in avanti nel negoziato in corrispondenza di un’evoluzione significativa delle dinamiche di guerra, con una delle due parti portata per forze di cose a cercare una via diplomatica.
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