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Spettacolo

Black Phone, il nuovo inquietante thriller tratto da un racconto di Joe Hill

Published by
Mariagrazia Bennardo

(ATTENZIONE: Questo articolo potrebbe contenere spoiler)

Black Phone, pellicola del 2021, è diretto da Scott Derrickson ed è l’adattamento cinematografico del racconto del 2004 “The Black Phone”, scritto da Joe Hill e contenuto nella raccolta Ghosts.

Una grande precisazione da fare prima di parlare di quest’opera è che Joe Hill, scrittore del racconto originale, è lo pseudonimo di Joseph Hillstrom King, figlio del noto scrittore Stephen King e che Scott Derrickson, il regista, è reduce dalla regia del primo film su Doctor Strange e da film horror come Sinister e The Exorcism of Emily Rose. Altro particolare molto importante è che il protagonista è Ethan Hawke.
Queste premesse bastano per circondare il film di un’aura molto interessante, ma ci portano anche ad avere alte aspettative: sia Hill che Derrickson sono volti noti per prodotti migliori rispetto alla media.

La Trama

La trama di Black Phone ruota attorno ai rapimenti. In una piccola Denver dell’America degli anni Settanta sono affissi i volantini che ritraggono alcuni bambini scomparsi. Nessuno sa dove si trovino né come vengano rapiti, ma sembra che il tutto sia opera di un uomo e che gli unici indizi che la polizia ha a disposizione siano un furgone nero e dei palloncini del medesimo colore. Il Rapace è il nome dato al rapitore ed egli indossa sempre una maschera.

La pellicola ha come protagonisti Finney (Mason Thames) e la sorella Gwen (Madeleine McGraw), due fratelli orfani di madre che vivono con un padre alcolizzato e violento (Jeremy Davies) di nome Terrence. I due fratelli hanno un ottimo rapporto, uniti dal lutto della madre e sempre pronti a sostenersi durante le sfuriate del padre, si recano tutte le mattine a scuola insieme e sin dall’inizio si nota come il loro rapporto sia carico di sostegno e comprensione. Finney è un giovane ragazzo con molte paure, perseguitato dai bulli della scuola e additato solo perché ancora incapace di difendersi; Gwen invece è la ragazzina coraggiosa che affronta tutto di petto e che è costretta a convivere con un qualcosa che lei stessa non riesce a comprendere e che la tormenta dalla morte della madre.

Finney, come altri bambini prima di lui, viene rapito dal Rapace e sarà proprio lui a diventare il protagonista del film. Alla ricerca di una via di fuga che lo porti a non fare la fine dei suoi compagni di scuola, verrà aiutato dal misterioso Black Phone, un telefono a parete apparentemente non funzionante che lo guiderà attraverso lo scantinato in cui è intrappolato. Gwen, la sorella, non si darà pace e grazie a “un dono” farà di tutto per aiutare la polizia nella ricerca del fratello, ritrovandosi a lottare contro le parole del padre che cozzano con il suo desiderio di seguire l’istinto e portare in salvo il fratello in pericolo.

Finney (Mason Thames) e Gwen (Madeleine McGraw) mentre si recano a scuola

Una figura misteriosa e un giovane costretto ad affrontare i propri demoni

Black Phone ha tutte le carte in regola per essere considerato un thriller a tutto tondo. Dal rapimento di giovani vittime alla paura diffusa nella piccola Denver alla ricerca spasmodica di indizi da parte di una polizia che continua a chiudersi in vicoli ciechi, tutto sembra essere stato utilizzato perfettamente. E il riadattamento di Derrickson tiene lo spettatore incollato allo schermo fino alla fine, non tanto per scoprire chi sia veramente Il Rapace, quanto per capire se il giovane Finney si salverà e se il Black Phone sia davvero lì per aiutarlo.

Il Rapace, infatti, è un personaggio che non viene dotato di un vero e proprio background. Egli viene presentato come un uomo con la maschera, ha un’aura misteriosa e sembra essere reduce da traumi passati, ma non vi sarà alcun approfondimento della sua figura nel corso dell’opera. È un personaggio negativo, il cattivo della storia, lo spettatore è impossibilitato a empatizzare con lui eppure non vuole neanche vederlo morto, l’unico desiderio che ha è quello di vedere Finney sano e salvo, in fuga da quell’uomo malvagio. Ciò che sorprende il pubblico è che Il Rapace non sembra voler uccidere il giovane, tuttavia ha già mietuto molte vittime e sia Finney che gli spettatori non si fidano di lui. È una figura losca, misteriosa, a tratti ricorda Terrence, l’uomo violento che non aspetta altro che un passo falso dei propri figli per poterli punire e rimetterli in riga.

Finney non solo si ritrova davanti a una figura sconosciuta e pronta a punire qualsiasi sua trasgressione, ma solo, in uno scantinato buio, è costretto ad affrontare i suoi demoni e le sue paure. Lì non è come a scuola, non arriverà il suo amico Robin (Miguel Cazares Mora) a proteggerlo dai soprusi né ci sarà Gwen a sostenerlo nella sua fuga. Finney è solo ed è costretto a fronteggiare la sua paura di non essere all’altezza della situazione, a volte desideroso di fuggire, pronto a fare di tutto per superare gli ostacoli che gli si pongono davanti, altre sconfortato e pronto alla fine, arreso alla propria figura debole e totalmente diversa da quella dei suoi compagni. Perché lui dovrebbe farcela, se giovani più coraggiosi prima di lui non sono riusciti a sopravvivere?

La giovane sensitiva e una madre dal passato oscuro

Il secondo personaggio principale di cui abbiamo già parlato sopra è Gwen, una giovane orfana di madre che si ritrova a essere vittima dei suoi stessi doni. La ragazzina non sa di preciso cosa siano le sensazioni che prova, i sogni vividi che la tormentano la notte, ma sa bene chi potrebbe capito: la madre. Così come la piccola, anche lei sembrava avere delle visioni, quasi delle preveggenze, che secondo i racconti del padre l’hanno alla fine portata alla pazzia e al suicidio. Proprio per questo motivo Gwen è spaventata, non però dai suoi poteri, ma dal giudizio del padre, che è pronto a punirla e a impedirle qualsiasi ricerca riguardante quel dono che per lui è soltanto una proiezione di ciò che la madre ha mostrato ai bambini prima di morire.

Eppure, Gwen sente di non essere sbagliata, i suoi sogni sembrano corrispondere a una realtà che vede realizzarsi sotto ai suoi occhi, e quando perfino la polizia sembrerà crederle, disperata dalla mancanza di una pista vera e propria, Gwen non farà altro che assecondare i propri sogni e andare alla ricerca spasmodica di un modo per trovare il fratello maggiore e smascherare Il Rapace.

Derrickson non approfondisce molto questa parte del racconto, lascia che sia lo spettatore a interpretare i sogni di Gwen, ma lo spinge anche a credere nelle sue parole, mostrandogli come quegli stessi sogni porteranno la ragazzina davanti al covo del Rapace, o almeno uno di questi.

Finney e il Black Phone, nello scantinato del Rapace

Il misterioso Black Phone

Elemento sovrannaturale che rende questa pellicola un thriller a tratti horror è proprio il “Black Phone”, un normale telefono a parete che Il Rapace afferma non essere funzionante.

Il criminale ammette di averlo sentito suonare una volta, da giovane, ma sostiene che non sia più in funzione. Eppure, Finney lo sente squillare più e più volte e riesce anche a rispondere, ritrovandosi a parlare con i ragazzi che lo avevano accompagnato nelle sue avventure a scuola e che erano stati rapiti prima di lui.

Non ci è dato sapere la natura di questo telefono né sia davvero attivo, l’unica cosa che sappiamo è che Finney ascolterà le voci dei suoi compagni di scuola, ormai persi nell’oblio ignari perfino dei loro stessi nomi e si ritroverà a seguirne i consigli. Ognuno di loro gli fornirà un indizio, un’azione che ha provato a compiere ma che non è riuscito a concludere prima di diventare una vittima dell’efferato criminale e che sembra voler portare il giovane alla soluzione definitiva non solo per la propria salvezza, ma anche per la vendetta di quei ragazzi che per colpa de Il Rapace hanno perso la vita da giovanissimi. Non è più una questione personale: Finney sente di dover salvare anche le loro anime in pena.

Il pubblico è portato a chiedersi perché Finney riesca a sentire lo squillo del telefono, se quelle voci siano reali o siano soltanto nella sua testa. Se il ragazzo, così come la sorella, sia in possesso di un dono che gli permette di comunicare con l’aldilà o se sono solitudine, paura e disperazione a portarlo a cercare un contatto con l’esterno anche se fittizio, una speranza che lo porti via da quell’incubo.

Ethan Hawke nei panni del Rapace

Un film ben riuscito, nonostante i molti interrogativi

Black Phone funziona. Cattura il pubblico e lo tiene incollato allo schermo, la sua ottima fotografia e una bella regia lo rendono molto gradevole allo sguardo e l’assenza di jumpscare (una tecnica usata nei film e nei videogiochi horror per spaventare lo spettatore con un evento artificioso improvviso o inaspettato) lo porta a essere un film apprezzato sia dagli amanti dell’horror e del mistero che da quanti vogliono godersi un film thriller con una buona trama e una buona sceneggiatura.

Ci sono forse troppi interrogativi, molte storie lasciate a sé, personaggi poco approfonditi e motivazioni un po’ nell’oblio, ma sembra proprio questo il motivo principale per cui il film risulta interessante e godibile fino alla fine. Il pubblico si ritrova a chiedersi, uscito dalla sala, il motivo per cui Il Rapace rapisse i bambini o cosa avesse spinto davvero la madre dei ragazzi al suicidio e anche perché solo quei due giovani potessero entrare in contatto con un mondo non noto a tutti. Eppure queste domande non lasciano lo spettatore insoddisfatto, rendono piuttosto la pellicola molto più interessante, lasciando in chi la guarda la voglia di andare a leggere quel racconto che ora risulta molto più intrigante di quanto non lasciasse intendere il titolo stesso.

Derrickson ha ancora una volta colto nel segno, sfruttando al meglio la sua collaborazione con un Ethan Hawke in gran forma, i giovani talenti che sono i suoi protagonisti ed una storia già molto valida alle spalle.

Black Phone è un film da vedere al cinema, se si vuole godere dell’atmosfera un po’ misteriosa ed inquietante di una sala buia, ma farà la sua bella figura anche sul divano di casa, circondati dal silenzio e dalla voglia di risolvere questo enigma criminale.

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