Volodymyr Zelensky è il presidente dell’Ucraina nel suo periodo più buio. Dopo un’iniziale solidarietà unanime, parte dell’opinione pubblica ha iniziato a vedere in lui un criminale “colpevole” di non voler volersi arrendere. La volontà di non cedere, tuttavia, ha radici profonde e non riguarda una scelta personale o un capriccio di un governante, ma il concetto di sovranità di uno Stato.
La sovranità è uno degli elementi essenziali e fondamentali all’esistenza di uno Stato, a cui si affiancano il territorio e la popolazione.
Mentre i concetti di territorio e popolazione sono concetti naturali, sostanziandosi l’uno in un numero di soggetti e l’altro in uno spazio delimitato da confini, il concetto di sovranità ha, invece, natura astratta.
La sovranità, infatti, ha una duplice accezione: da un lato essa fa riferimento alla sovranità interna e si esplicita mediante l’esercizio di un potere superiore, il cosiddetto potere d’imperio dello Stato. Dall’altro, la sovranità può essere intesa come esterna, ossia l’indipendenza dello Stato.
La sovranità interna attiene ai rapporti fra Stato e tutti coloro che, a diverso titolo, sono presenti sul suo territorio, siano essi cittadini, stranieri o apolidi. In quest’ottica la sovranità si esprime attraverso un potere supremo nonché attraverso il monopolio e l’impiego esclusivo dell’uso della forza. La sovranità interna è generalmente caratterizzata da poteri e, in particolare, dal potere legislativo, giudiziario ed esecutivo, tutti rientranti nella potestà statale, il cui riparto consente di definire la forma dello Stato.
La sovranità esterna, invece, fa riferimento ai rapporti tra lo Stato e altri Stati e si caratterizza per l’assoluta autonomia e indipendenza che questo possiede a titolo originario nei confronti di altri Stati o di enti sovranazionali.
Per quanto riguarda il titolare della sovranità, nel corso della storia e del susseguirsi degli eventi politici, suddetto potere è stato riconosciuto dapprima al sovrano, poi, con la rivoluzione francese, alla nazione, fino ad arrivare agli ordinamenti più moderni in cui la sovranità spetta al popolo, così come stabilisce anche il primo articolo della nostra Costituzione.
La sovranità, seppur concetto caratterizzante ed essenziale dello Stato, non è né diretta né assoluta. Negli anni più recenti, infatti, non è raro sentir parlare di limitazione della sovranità dovuta all’adesione ad organismi sovranazionali come l’Onu o come l’Unione Europea. Si parla di limitazione, tuttavia, non di cessione o rinuncia. La sovranità infatti resta un elemento basilare dello Stato e lo stesso deve agire per la sua difesa ogni volta che la stessa Sovranità sia messa in discussione. Diversamente, non si potrebbe parlare di Stato senza un simile, essenziale, potere.
Ciò che sta avvenendo in Ucraina è sotto gli occhi di tutti: «un’operazione speciale», leggasi un attacco deliberato, a un Paese libero e, soprattutto, sovrano.
Parte della popolazione in Italia, però, ritiene ingiustificata la posizione di un presidente che insiste nel voler mantenere e difendere la sovranità del proprio Paese tanto da accusarlo di non preoccuparsi del proprio popolo, anzi, addirittura, additandolo come criminale.
Tuttavia, un atto di aggressione alla sovranità di un Paese si pone in netto contrasto con il diritto internazionale.
In primis rileva l’aggressione in sé quale lesione, appunto, della sovranità e integrità di uno Stato. L’Ucraina, infatti, è uno Stato riconosciuto a livello internazionale e la sua aggressione, in qualsiasi modo venga definita, stride con la Carta delle Nazioni Unite laddove prevede, esplicitamente, che gli Stati Mmmbri debbano astenersi dalla minaccia o, comunque, dall’uso della forza contro l’integrità o l’indipendenza di qualsiasi Stato.
Andando ad analizzare la situazione più da vicino, l’atto di invasione mosso nei confronti dell’Ucraina si pone come un vero e proprio crimine di guerra. La Corte Penale Internazionale persegue, in particolare, quale crimine di guerra anche l’aggressione o l’invasione da parte di uno Stato nei confronti di un altro.
D’altro canto la Russia, nel primo discorso in cui dichiarava l’inizio dell’attacco all’Ucraina, ha tentato di giustificare tale comportamento attraverso un richiamo al diritto internazionale che, sotto un simile punto di vista, avrebbe giustificato l’uso della forza. In particolare l’Ucraina è stata accusata di perpetrare un genocidio nei confronti delle porzioni russofile e, su tale base, la Russia starebbe agendo nel rispetto della Convenzione di Ginevra che consente l’intervento armato qualora un popolo sia oppresso da una dominazione coloniale, dall’occupazione straniera o da regimi razzisti. Un popolo da intendersi come Stato, non come una porzione di esso, seppur autodeterminata. In nessun caso, dunque, il diritto internazionale consente e legittima un’aggressione diretta a un’ipotesi di secessionismo e ciò, appunto, in forza dell’inamovibilità della sovranità di uno Stato.
Il presidente dell’Ucraina, dunque, non sta agendo con finalità egoistiche, così come siamo abituati a dipingere i nostri politici. Zelensky sta esercitando il proprio ufficio di presidente nel modo e nelle finalità per cui è stato eletto, ossia quelle di difendere lo Stato. La difesa di uno Stato, come abbiamo visto, non può e non deve prescindere dalla difesa della sua sovranità. Diversamente, infatti, non vi sarebbe nemmeno quell’elemento essenziale per definire uno Stato come tale.
Che la guerra non porti con sé ne vinti ne vincitori è vero, ma certo non si può imputare un simile scenario al presidente in carica.
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