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Spettacolo

Stranger Things, analisi e recensione della quarta stagione – WiSerial

Published by
Giacomo Stiffan

ATTENZIONE, questo articolo contiene spoiler della quarta stagione di Stranger Things.

Stranger Things è uno degli show più popolari di Netflix. La sua quarta stagione era attesissima e ora possiamo dire senza timore di smentita che si trattava di hype ben riposto. La serie dei fratelli Duffer si conferma uno dei migliori prodotti seriali degli ultimi anni, sia dal punto di vista qualitativo che di successo commerciale.

Overview

Nella prima parte di questa recensione troverete alcune considerazioni generali sulla stagione, che introducono l’analisi dal punto di vista narrativo. A seguire, i collegamenti con l’attualità, con la cultura pop e le teorie per il futuro della serie. In chiusura, le consuete pagelle.

Il tema portante

Stranger Things 4 non delude le aspettative: ritroviamo i nostri amati personaggi nel tentativo di ricostruirsi una vita dopo gli eventi della terza stagione e li accompagniamo nelle loro coinvolgenti avventure.

La quarta stagione ha a un importante tema di fondo, la diversità.

Eleven ne è l’emblema, lo vediamo soprattutto all’inizio. Anche senza poteri e pur essendosi trasferita in lei permane qualcosa di anomalo, che mette a disagio lei stessa e attira i bulli in un circolo vizioso che riuscirà a spezzare solo abbracciando la sua vera essenza. Evidenza di ciò è la riacquisizione dei suoi poteri nel corso del processo.

Disadattato ma per motivi molto diversi è Eddie, personaggio amatissimo dal pubblico, che rappresenta il diverso “tradizionale”, quello che tutti abbiamo avuto in classe (o magari lo eravamo noi) e con il quale viene naturale empatizzare. Per la sua reputazione di cattivo ragazzo viene usato come capro espiatorio (la vicenda è ispirata a una storia vera). Finirà male, ma non senza una realizzazione personale che dia senso al suo sacrificio.

Anche Will, che (ormai lo possiamo dire) è innamorato di Mike, soffoca nel silenzio la sua diversità, tanto da non riuscire ad aprirsi nemmeno di fronte all’attestato di amore fraterno di Jonathan.

Robin, che sebbene accetti la sua sessualità vive la sua vita amorosa con frustrazione, è compresa solo dal suo amico Steve, che ha abbandonato la popolarità a ogni costo per essere sé stesso.

Lucas, invece, è finalmente parte dei più popolari della scuola, ma si sente estraneo a quel conformismo tossico che lo mette a disagio. Disagio che sparisce quando accetta di essere più a suo agio nell’Hellfire Club che nella squadra di basket.

Infine Vecna, che rappresenta la versione degenerata della diversità, tanto da voler eliminare il resto del mondo perché dal suo punto di vista i diversi sono tutti gli altri.

Un livello tecnico superlativo

Dal punto di vista tecnico molti sono i passi avanti: la regia, il cast, la fotografia. Ma più di tutti la scrittura, che in questa stagione raggiunge un livello qualitativo davvero alto. Non perfetto – qualche sbavatura qua e la c’è – ma degno dei migliori prodotti usciti quest’anno.

Anche la pubblicazione della stagione in due parti è vincente: lasciare un mese di tempo tra il secondo e il terzo atto ha permesso al pubblico di metabolizzare la prima parte, molto ricca di informazioni, e sfogarsi nella costruzione di teorie per il finale di stagione. È anche un approccio vincente dal punto di vista commerciale grazie all’enorme hype generato: Netflix, inventore del binge watching, di solito soffre nel tenere alta l’attenzione per le proprie serie rispetto ai suoi concorrenti che pubblicano le puntate ogni settimana.

Pubblicare il finale a parte ma a distanza ravvicinata dal resto della serie permette a Netflix di tenere fede al suo approccio tutto e subito ma anche di tenere alto l’engagement. Questo metodo lo vedremo ancora, applicato a molte altre serie.

L’analisi

La struttura narrativa

Stranger Things ha in tutte le sue stagioni uno schema ricorrente in tre atti e un metodo di costruzione della trama peculiare, che è bene avere presente. Non si tratta di un mero esercizio di analisi: comprendere queste dinamiche permette di capire perché Stranger Things funziona così bene e torna utile per fare qualche considerazione per la prossima stagione.

La macrostruttura è abbastanza semplice: nel primo atto vengono introdotti i nuovi personaggi e accade l’evento che rompe lo stato di quiete, mettendo in moto gli eventi. Nel secondo i gruppi di personaggi intraprendono varie quest separate al fine di prepararsi per il terzo atto, lo scontro finale dove le varie linee narrative si incontrano e Eleven salva la situazione. Nell’aftermath del finale viene collocato il gancio per la stagione successiva.

La tessitura della storia

Avete presente come funziona un telaio? Ci sono dei fili paralleli tesi in senso longitudinale, l’ordito, i cui fili pari e dispari vengono mossi alternativamente in alto e in basso creando degli spazi, all’interno dei quali viene fatta scorrere in senso trasversale la navetta con il filo della trama.

Un’immagine vale più di mille parole:

Si tratta di un’analogia nota, non è un caso che si usino le stesse parole quando si parla di scrittura e di tessitura – pensiamo al termine “trama” – ma i Duffer fanno un passetto in più.

Le location

Ciò che rende peculiare Stranger Things è l’uso delle location: Hawkins, Lenora, NINA, il furgone della pizza, la prigione in Russia, si alternano con il Sottosopra, lo spazio mentale di Vecna (quello rosso), il vuoto in cui si proietta Eleven (quello nero), le allucinazioni create da Vecna e i flashback.

Le location reali e quelle immaginarie/passate/soprannaturali si alternano in continuazione come i fili pari e dispari dell’ordito in un telaio. In mezzo agli spazi creati da questi incroci la trama scorre grazie alla navetta, ovvero il cast.

I personaggi

In Stranger Things a ogni inizio di stagione incontriamo i personaggi principali nello stato di quiete iniziale suddivisi secondo i loro gruppi naturali: i ragazzini, gli young adult, gli adulti.

Questi ultimi hanno di solito la loro quest da risolvere e si riuniscono agli altri verso il finale, mentre i ragazzini e gli young adult si mescolano per creare altri gruppi. Eleven fa gruppo a sé: ha le sue imprese da superare relative al suo traumatico passato e al rapporto con le autorità, nel quale entrano in gioco Brenner e Owens, ora in veste di alleati. In questa stagione a differenza delle altre partiamo con i gruppi già divisi a causa della distanza geografica.

Identificata la nostra navetta/cast passiamo al filo della trama che essa trasporta, generata dalle interazioni tra i protagonisti e gli antagonisti.

I filoni narrativi

Hawkins

Nella prima parte il gruppo di Hawkins deve affrontare due quest: la prima è proteggere Eddie e la seconda è salvare Max.

La prima è l’introduzione alla seconda, che è l’escamotage con cui le “regole del gioco” per affrontare la partita col cattivo nel finale vengono trasmesse allo spettatore: Dustin è colui che nell’arco di tutta la serie ha sempre avuto questo ruolo.

Max rappresenta il fulcro su cui ruota l’intero secondo atto: al di là dell’interpretazione superlativa di Sadie Sink (quanto a talento prende a pesci in faccia tutto il resto del cast dei ragazzini), lo screen time a lei dedicato la dice lunga su quanto i Duffer stavano preparando la sua “morte” dall’inizio della stagione. Per inciso, nel primo atto le scene che la riguardano hanno una regia che ricorda da vicino Donnie Darko e che ben si raccorda con la dimensione onirica della sua vicenda.

Qui c’è una delle poche sbavature nella scrittura. I Duffer avevano detto che questa stagione sarebbe stata una carneficina, e le morti non mancano di certo ma a parte un paio si tratta di sacrifici ininfluenti a livello emotivo. Siamo alla penultima stagione, sarebbe stato il caso di mostrare un po’ di coraggio in vista della stagione finale: mantenere la plot armor sui beniamini del pubblico è si rassicurante ma rende anche la trama prevedibile. In questo senso la costruzione di quel magnifico personaggio che è Eddie al fine di far commuovere lo spettatore con la sua morte non sopperisce a questa mancanza, e nemmeno la morte “tecnica” di Max.

Gli adulti

In Russia gli adulti trovano come antagonisti i carcerieri e le varie demobestie, nonché un pezzo di Mind Flayer. A tal proposito rimane aperta una delle grandi domande da chiarire: come diamine sono finiti lì – vivi – tutti quegli esseri del Sottosopra se tutti i portali sono stati chiusi nella terza stagione?

Sta di fatto che Hopper & Co. li affrontano convinti che la loro battaglia sia necessaria per dare una mano ai ragazzi a Hawkins, cosa che però a ben vedere non era vera. Svista o meno, si tratta di un’altra piccola sbavatura, utile più che altro ad allungare il brodo.

Alla fine tutto finisce bene e Hopper viene salvato. Interessanti i personaggi di Enzo e Yuri: vedremo se nella prossima stagione i Duffer saranno in grado di valorizzarli, soprattutto Tom Wlaschiha che ha le carte in regola per regalare belle soddisfazioni (e forse qualche plot twist).

Rimane il fatto che questo filone è il più debole, abbastanza ininfluente a livello narrativo (se non per la domanda sulla presenza delle demobestie). L’impressione è che sia un filler d’azione da alternare tra le altre scene.

Eleven

Eleven deve prima scappare dal tenente Sullivan e poi affrontare la sua vera quest, i fantasmi del suo passato. Il rapporto tra lei e il dottor “papa” Brenner è complesso e affascinante, a mezza via tra affetto vero e sindrome di Stoccolma. Nonostante il consueto istinto manipolatorio di Brenner – soprattutto nel finale – Eleven recupera finalmente la memoria e quasi del tutto i suoi poteri. Quasi, perché Brenner aveva ragione: Eleven non era ancora pronta e per la prima volta perde il confronto con il villain. Il suo avversario non solo sopravvive, ma uccide Max (ok la resurrezione, ma intanto ci riesce) e porta il Sottosopra a espandersi su Hawkins.

Non si sa se sia voluto o meno, ma tutto il filone che gira intorno a Brenner e NINA strappa un sorriso, perché ricorda gli allenamenti di Goku nella stanza del tempo per buffare la sua forza in vista del cattivo finale.

I “pizza boys”

Nel secondo atto il furgone della pizza di Argyle diventa una vera e propria location itinerante nella quale si svolge la quest dei ragazzi di Lenora, ovvero la ricerca di Eleven.

È una location non certo d’azione ma tutt’altro che secondaria. Vi si svolgono vari scambi tra i personaggi e uno in particolare è molto importante, la dichiarazione di Will a Mike per interposta persona. L’intera sequenza è struggente: Noah Schnapp regala una delle sue magnifiche interpretazioni da occhioni lucidi e proiettando i propri sentimenti su Eleven si dichiara a Mike il quale, da perfetto tontolone qual è, non capisce nulla.

Questa scena ha comunque due effetti importanti: il primo è di ridare a Mike la leadership del gruppo che lui per primo aveva abbandonato, forse a causa di un non ben metabolizzato complesso di inferiorità rispetto a Eleven; il secondo è che Jonathan si rende conto dei sentimenti di Will e della sua omosessualità: l’istinto di protezione nei confronti del fratellino è la molla che lo porta a reagire al suo torpore autoindotto. Rimane il fatto che Jonathan è il personaggio scritto peggio dell’intera stagione.

Tutti questi scambi non sono necessari ai fini dello scontro finale ma sono segno di una scrittura che non sacrifica la costruzione dei personaggi sull’altare del ritmo e dell’azione.

Il finale di stagione

Tante le chicche da cogliere in questo esplosivo finale di stagione.

I riferimenti all’attualità

Caustica la critica alla politica statunitense sulle armi, quando i ragazzi vanno a fare rifornimento nel negozio di surplus militare. La facilità con cui si possono acquistare sbalordisce gli stessi personaggi e l’uso che ne farà Jason – minacciare un compagno di scuola con un revolver – è un evidente riferimento alla violenza nelle scuole americane.

Altra scena tanto attuale da mettere a disagio è quella in cui uno dei bulli atterra la sorella di Lucas. Una bambina, di colore, indifesa, immobilizzata a terra senza un reale motivo da un ragazzone bianco e privo di alcuna remora per ciò che sta facendo: non può non ricordare George Floyd e le migliaia di persone di colore che ogni anno subiscono soprusi.

Il tema dell’omosessualità viene affrontato e gestito con tatto, facendo empatizzare lo spettatore con i personaggi coinvolti. I Duffer offrono due approcci diversi: da una parte Will, che non riesce ad ammettere con sé stesso e con gli altri l’attrazione per Mike. Questo è fonte di grande sofferenza interiore e chiusura verso chi gli vuole bene. Dall’altra Robin, che vive con più consapevolezza la sua omosessualità ma solo all’interno del suo gruppo di amici: l’impossibilità di potersi dichiarare in pubblico e di proporsi a eventuali partner senza subire conseguenze illustra bene l’intolleranza diffusa che c’era al tempo (e che, per certi versi, c’è tutt’ora).

Il ruolo di Vecna

Vecna non è un «generale a cinque stelle» come ipotizzato da Dustin. Per inciso, si tratta di un’anomalia, Dustin è colui che nell’economia della narrazione ha il ruolo di illustrare i passaggi complessi allo spettatore: mettergli in bocca una spiegazione errata significa giocare un pochino sporco col pubblico.

La teoria di Dustin è fallace in quanto non è il Mind Flayer a controllare Vecna, ma il contrario (o almeno è quello che i Duffer vogliono farci credere). Il Mind Flayer rappresenta la mente alveare del Sottosopra, che Vecna usa come uno strumento per controllarlo. Infatti è lui a trovare un informe e caotico Mind Flayer primordiale e a dargli una forma: di ragno, animale da cui è sempre stato affascinato (o forse influenzato, lo sapremo nella prossima stagione).

Il carattere di Vecna ricalca proprio quello di un ragno: un predatore insaziabile ma paziente, che con calma tesse la tela nella quale intrappolare le sue prede. E se la tela del ragno è una visione metaforica del suo piano, nella serie la vediamo realizzata attraverso il tessuto di fratture che hanno generato a Hawkins le sue maledizioni.

Le citazioni pop

Il funzionamento dei sacrifici umani di Vecna ha un curioso parallelismo con Harry Potter. Come con i dissennatori, Max cerca di combatterlo portando in superficie i suoi ricordi più felici, esattamente come in Harry Potter.

Deliziosa la citazione della prima scena di Guerre Stellari all’ingresso di NINA, quando i soldati di Owens attendono appostati che quelli di Sullivan facciano irruzione. Sullivan che poi entra con incedere marziale, proprio come Darth Vader sulla Tantive IV. Altra citazione dallo stesso franchise quel calzantissimo «I have a bad feeling about this» del buon Murray.

Murray che ritroviamo con Joyce e Hopper di ritorno nella prigione, quest’ultimo che porta sulla schiena un lanciafiamme che lo fa assomigliare a un ghostbuster.

E come non associare quel «a memory within a memory» – quando Eleven deve entrare nell’allucinazione indotta da Vecna nella mente di Max – con i sogni a matrioska di Inception?

Poi, i millennial l’avranno notato di sicuro: la spada che usa Hopper richiama tantissimo quella di Conan il barbaro. La richiama perché proprio quella, la stessa che impugnava Arnold Schwarzenegger nel film, come confermato da David Harbour.

Infine, il concerto di Eddie. Fiammate a parte, un chitarrista metal sopra a una cappotta che suona a volume spaccatimpani in un’ambientazione apocalittica riporta alla mente Mad Max: Fury Road, solo più scuro.

Teorie per il futuro

Eleven, l’alfa e l’omega

Eleven sembra avere un nuovo potere, quello di resuscitare i morti. Lo ha anche Vecna? Non è detto, e non è detto che si tratti di vera resurrezione.

Abbiamo visto che ci sono molte similitudini ma anche differenze nei poteri dei bambini speciali del laboratorio di Hawkins.

Eight, l’unica altra sopravvissuta al laboratorio, ha il potere di creare allucinazioni mentre Eleven ha sempre avuto la capacità di aprire i portali, cosa che Vecna non sa fare, tanto da aver avuto bisogno di morderla nella terza stagione per acquisire un po’ di questa capacità. Di converso Vecna ha il potere di entrare nelle menti delle sue vittime (cosa che condivide con Eight), di maledirle e ucciderle a distanza, addirittura trascendendo le diverse dimensioni.

Leggi anche: The Umbrella Academy, la recensione della terza stagione – WiSerial.

Per questo motivo è altissima la probabilità che Eight torni nella prossima stagione: dovrà addestrare Eleven, facendo le veci di Brenner per farle raggiungere la massima potenza. Come detto in precedenza, il momento dell'”allenamento” di Eleven fa parte della struttura narrativa della serie ed è plausibile che venga riproposto.

Tornando ai poteri di Eleven, aggiungiamo all’equazione che lei è riuscita a controllare i tentacoli di Vecna che la tenevano imprigionata, usando la sola forza della sua mente.

Significa che Eleven può controllare il Sottosopra e questo apre a una teoria: il Sottosopra potrebbe essere un’emanazione diretta di Eleven.

Pensiamoci bene: è l’unica in grado di gestirne in autonomia l’accesso attraverso i portali e come abbiamo visto è in grado di controllarlo contro la volontà di Vecna, che controlla a sua volta il Mind Flayer. Non solo, non abbiamo alcuna notizia del Sottosopra prima che lei ci spedisse One, segno che c’è la possibilità che lo abbia generato lei, o che comunque abbia un potente legame con esso.

La stessa resurrezione di Max è un indizio in questo senso: Eleven è riuscita a eliminare la maledizione di Vecna dal suo corpo in quanto emanazione del Sottosopra, ma non può eliminare le conseguenze fisiche, segno che non ha veri poteri curativi.

Essendo il Sottosopra connesso Eleven è plausibile supporre che l’esistenza di uno sia collegato a quella dell’altra, o quantomeno che lo sia il collegamento tra i due mondi: nel momento in cui Eleven realizzerà questo concetto capirà anche che per distruggere il Sottosopra dovrà sacrificare se stessa.

Il ruolo di Will

Il personaggio di Will sarà fondamentale. Non sappiamo se i Duffer avessero in mente il personaggio di Vecna fin dall’inizio, ma c’è un collegamento tra lui e Will che va ben oltre quello che ci è stato mostrato. Già il fatto che l’abbia rapito e non ucciso fa sollevare un sopracciglio.

Il Sottosopra è congelato alla data del suo rapimento. Non è un dettaglio da poco. Sembra infatti che il Mind Flayer e per estensione Vecna siano molto attenti a Will: viene rapito dal demogorgone nella prima stagione usando poteri telecinetici fin troppo simili a quelli di Vecna, incompatibili con quelli della creatura. Stranamente sopravvive nel Sottosopra ma ne viene contaminato, tanto da percepire Vecna. Un trattamento ben diverso da chiunque altro sia passato per il Sottosopra, soprattutto considerando che si trattava di un bimbo indifeso: tutto suggerisce che sia stato deliberatamente lasciato vivere.

Will, come vedremo, ha ancora molto da dire.

Ma c’è di più. Nelle inquadrature finali si può vedere un’ombra sospetta sotto una narice di Will. Sangue, molto probabilmente. In una serie come questa ha un significato molto preciso: o Will ha a che fare con il laboratorio di Hawkins o Vecna agisce attraverso lui, come vedremo tra poco.

Master of puppets, non a caso

Il corpo di Vecna è molto danneggiato dopo questo finale, forse irrimediabilmente. Nella prossima stagione potrebbe aver bisogno di un nuovo involucro, un po’ come Voldemort aveva bisogno di recuperare il suo corpo fisico in Harry Potter, o Palpatine ne Gli ultimi jedi.

Il candidato principale per fungere da contenitore è Will, con cui Vecna ha una connessione diretta e quel sangue dal naso è tanto, troppo sospetto: Vecna potrebbe averne già il controllo e forse lo sta usando come tramite per convogliare i suoi poteri dall’altra parte del portale, allargandolo.

Max si piazza al secondo posto: il suo corpo è “vuoto” e quindi disponibile, e Vecna ha già un contatto diretto con la sua mente.

Terza opzione, Eleven: una parte della stagione potrebbe svolgersi nel suo spazio mentale, una sorta di battaglia tra lei e Vecna per il controllo del suo corpo.

Come abbiamo visto i Duffer hanno messo tanta carne al fuoco e i fan hanno di che arrovellarsi il cervello nella lunga attesa che li aspetta per l’ultima stagione, che si preannuncia epica.

Le pagelle

Regia

Siamo al top per quanto riguarda i prodotti seriali. Evocativa, citazionista, ineccepibile dal punto di vista tecnico.

Tanti simbolismi, dalla morte di Brenner come un Cristo in croce alla fotografia: il dualismo tra le luci blu che illuminano i ragazzi (Max in particolare) e il rosso di Vecna è perfetto e rimanda agli scontri a colpi di spada laser tra jedi e sith in Star Wars.

Leggi anche: Obi-Wan Kenobi, la recensione definitiva – WiSerial.

Il montaggio dello scontro finale contro Vecna è ineccepibile: quando quel poker d’ossa di Nancy gli scarica il fucile a pallettoni addosso è catartico.

Unica pecca, ma in linea con il genere, un certo abuso delle luci stroboscopiche.

Voto: 9,5

Sceneggiatura

Come abbiamo visto nell’analisi la scrittura è molto articolata, con numerosi personaggi e filoni narrativi da esplicitare e intrecciare. I Duffer ci riescono benissimo.

La resa non è comunque esente da difetti. Il filone della Russia è debole, e al di là di riportare a casa Hopper e piazzare le demobestie non dice molto. Anche la parte della California, sebbene utile a delineare i personaggi, è deboluccia.

Rimane una sceneggiatura davvero bella, complessa ma comprensibile.

Voto: 9

Colonna sonora

La colonna sonora è sempre stata un pilastro portante di Stranger Things ma il ruolo che gioca in questa stagione è davvero cruciale.

L’internet è in subbuglio soprattutto per due passaggi musicali, la fuga di Max da Vecna e il concerto di Eddie.

Soprattutto in questo ultimo caso le manifestazioni di apprezzamento si sprecano e la scena è oggettivamente una figata pazzesca. Quello che non va bene – ma è un parere soggettivo – è l’abbinamento di quella perla che è Master of Puppets con le altre scene mostrate nel montaggio, in particolare Max che fugge dall’allucinazione di suo fratello Billie.

In quel caso gli occhi percepiscono orrore e ansia, le orecchie potenza e forza (e tanta voglia di headbanging): un disaccoppiamento emotivo che stride.

Discorso opposto per la scena di Max che fugge da Vecna nel secondo atto: gli occhi vedono speranza, ed è proprio quello che le note di Kate Bush trasmettono. È come un piatto abbinato al giusto vino.

Le musiche originali sono sempre in linea con la serie, ovvero perfette: riportano agli anni Ottanta ma sono anche attuali e orecchiabili. Ben fatto.

Voto: 9

Effetti speciali e trucco

Se l’avessimo visto al cinema avremmo preteso una qualità maggiore, ma trattandosi di un prodotto seriale siamo a livelli elevati. Buona la cgi, qualche sbavatura sulle creature ma è perdonabile (c’è ben di peggio in casa Disney in questo periodo, per dire).

Il trucco invece è sbalorditivo. Vecna è qualcosa di spettacolare, un capolavoro a mezza via tra il Michael Jackson di Thriller, un cardassiano di Star Trek e Voldemort di Harry Potter.

Anche le parrucche, aspetto spesso sottovalutato nelle serie, sono curatissime. Per capirci, questo è Eddie (Joseph Quinn).

Eccellente anche il ringiovanimento digitale di Eleven, il livello è davvero elevato.

Voto: 8,5

Cast

Millie Bobby Brown

È migliorata rispetto alla scorsa stagione. Tutto bene, tranne i cringissimi primi episodi in cui Eleven viene bullizzata: troppo innaturale, non è credibile.

Voto: 8

Jamie Campbell Bower

È la vera rivelazione di questa stagione (sì, più di Eddie). Recita con intensità, è versatile (la transizione dall’Henry buono all’Henry cattivo è magistrale), sa usare la sua voce come uno strumento musicale e recitare con addosso il pesantissimo trucco prostetico di Vecna.

Perfetto.

Voto: 10

Finn Wolfhard

Ha poco screen time e ne risente, regalando una prestazione mediocre.

Senza infamia e senza lode.

Voto: 6,5

Gaten Matarazzo

Dustin è il beniamino dei fan non a caso. Come spiegato nell’analisi, ha un ruolo importante che lo fa risaltare e lui coglie la palla al balzo per regalare un’interpretazione degna di nota, e soprattutto molto naturale. Nella scena con il padre di Eddie è fuori scala dalla bravura.

Voto: 9

Caleb McLaughin

È il tallone d’Achille dei ragazzi. Migliora, ma il suo Lucas è ancora indietro rispetto agli altri. Sufficienza risicatissima.

Voto: 6-

Noah Schnapp

È cresciuto il ragazzo. Commovente nella dichiarazione alla Cirano di Bergerac di Will a Mike, buca lo schermo.

Deve crescere ancora.

Voto: 8

Sadie Sink

C’è ancora molto spazio per crescere, ma è giovanissima e ha un talento naturale. Quanto a bravura ruba la scena a Millie Bobby Brown a mani basse, è lei la vera perla femminile di questa stagione.

Voto: 9,5

Winona Ryder

Che dire, sempre la solita Joyce. Le viene bene ma non ha particolari guizzi di bravura.

Voto: 7

David Harbour

Grande trasformazione fisica e caratteriale. Perde un botto di peso e passa dal burbero, macchiettistico e patriarcale Hopper della terza stagione alla nuova e meno oppressiva versione del personaggio. Regala sempre sguardi molto comunicativi, bravo.

Voto: 8,5

Natalia Dyer

Ha una scrittura più cazzuta e coglie l’occasione al volo, regalando un’ottima performance.

Voto: 8,5

Charlie Heaton

È il personaggio in assoluto scritto peggio dell’intera stagione, ma non è colpa sua. Il problema è che non recita neanche chissà quanto bene. Si risolleva solo nel bel scambio con Will.

Voto: 6

Joe Keery

Tutti amano Steve, dai. È il personaggio con l’arco narrativo tra i più interessanti, evolve ma resta sempre coerente con sé stesso. In questa stagione matura e Joe Keery accompagna questo cambiamento con maestria. Davvero bravo.

Il suo sguardo fiero da mamma che assiste il primo rimorchio della “figlia” lesbica è strepitoso.

Voto: 8,5

Maya Hawke

Brava è brava, e molto. Patisce una scrittura che la mette un po’ in disparte rispetto al passato. È davvero struggente quando realizza che ha una cotta impossibile (anche se poi non è così).

Voto: 8,5

Joseph Quinn

Come da tradizione, i Duffer prendono un personaggio, lo fanno crescere con cura per tutta la stagione e poi lo ammazzano. È uno schema fisso della serie.

Quinn regala un’interpretazione che rimarrà negli annali: carismatico, divertente, coinvolgente e solo a tratti un filino eccessivo, è arrivato a imparare a memoria il riff di Master of Puppets per la sua interpretazione. Cioè, di cosa stiamo parlando?

Voto: 9,5

Brett Gelman

È la spalla comica che serve ad alleggerire il gruppo degli adulti. Gellman è un caratterista e gli riesce benissimo.

Voto: 8,5

Matthew Modine

È sempre un piacere vederlo all’opera. Interpreta alla perfezione un Brenner combattuto tra l’approccio dello studioso cinico e manipolatore e quello del padre adottivo.

Una garanzia.

Voto: 9

Paul Reiser

Se per Brenner il dovere viene prima di Eleven, per Owens è il contrario. Insiste perché sia lei a decidere se affrontare Vecna o prepararsi di più e finisce per farsi tradire da Brenner.

La sua interpretazione è calda e paterna e diventa molto intensa con Sullivan quando capisce che Eleven è in pericolo, e si gioca il tutto per tutto. Il personaggio è meno centrale in questa stagione ma la cosa non inficia la bravura dell’attore.

Voto: 8,5

Voto al cast ponderato in base al minutaggio: 8,5

Pro

  • Storia molto coinvogente
  • Regia impeccabile
  • Colonna sonora evocativa

Contro

  • Alcune sbavature nella scrittura
  • Alcuni personaggi sono stati lasciati in disparte
  • Piccole imperfezioni nella Cgi

Voto globale: 9

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Giacomo Stiffan

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