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Le tecnologie a favore dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento – parte 1

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A cura della redazione

La tecnologia, nella vita di una persona in situazione di difficoltà, può rappresentare un grande supporto. Questo è vero anche nel mondo della scuola, dove le nuove Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (Tic) possono essere utilizzate per rendere l’ambiente scolastico più inclusivo, al fine di consentire a tutti gli studenti un percorso equo e dignitoso nel sistema scolastico.

Le tecnologie, utilizzate in modo consapevole, possono e devono essere un valido aiuto verso il bambino per accostarsi alle materie di studio con curiosità e senza pregiudizi, convinti dell’importanza del loro lavoro e del loro valore intrinseco, anche quando l’apprendimento sembra un problema insuperabile.

Garantire il successo scolastico a questi studenti, fin dalla scuola primaria, rappresenta una delle nuove sfide che si pongono davanti alla tecnologia: solamente tramite un lavoro congiunto di insegnanti, educatori, medici, terapisti ed esperti di tecnologie dell’educazione, ciascuno con proprie competenze specifiche, questa sfida sarà probabilmente affrontata con successo.

I Bisogni Educativi Speciali

Il numero degli alunni che presentano una richiesta di attenzione speciale da parte del personale scolastico, per i più svariati motivi, è in aumento. Per questo motivo, il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha pubblicato la Circolare Ministeriale 8 del 6 marzo 2013 – Strumenti di intervento per gli alunni con bisogni educativi speciali,
individua gli alunni in svantaggio scolastico, definiti come Bisogni Educativi Speciali (Bes). Dalla circolare vengono individuate tre grandi macro-aree: alunni con disabilità fisica o intellettiva, alunni con Disturbi Specifici dell’Apprendimento o altri disturbi evolutivi specifici e alunni con svantaggio socio-economico, linguistico o culturale.

Nella prima categoria rientrano tutti gli alunni con disabilità riconosciuta dalla Legge 104/1992. Solo in questo caso è presente il docente di sostegno. La seconda categoria riguarda i Disturbi Specifici dell’Apprendimento, che rispondono alla Legge 170/2010, e tutti gli altri disturbi evolutivi specifici, come il deficit del linguaggio o il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (Adhd). Nella terza categoria invece rientrano quegli alunni con svantaggio socio-economico, linguistico o culturale. In questo caso, pur non essendo in presenza di una problematica certificata o diagnosticata ai sensi di legge, si rileva un bisogno educativo, generalmente limitato nel tempo, a cui è necessario rispondere con una particolare attenzione educativa.

Foto: Pixabay.

Misure dispensative e strumenti compensativi

In quest’ottica, la scuola ha il compito di mettere in campo tutti gli strumenti disponibili per facilitare la partecipazione e la riuscita degli studenti alla vita scolastica. Come già ribadito, le nuove tecnologie hanno un peso non indifferente: utilizzare questi strumenti rientra tra le strategie didattiche inclusive e può dare risultati ancora più evidenti nel caso di alunni con Bisogni Educativi Speciali e Disturbi Specifici dell’Apprendimento (Dsa).

È necessaria però una distinzione tra misure dispensative e strumenti compensativi. Secondo il Miur, per misure dispensative s’intendono tutti quegli interventi «che consentono all’alunno o allo studente di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e che non migliorano l’apprendimento». Rientrano fra queste, per esempio, il non far leggere ad alta voce un testo ad un alunno con dislessia, ma ancora le interrogazioni programmate, l’uso del vocabolario, poter svolgere una prova su un contenuto ridotto o tempi più lunghi per le verifiche.

Leggi anche: La didattica a distanza e le sue implicazioni educative.

Le nuove tecnologie in ambito scolastico

Le nuove tecnologie dell’educazione, in ambito scolastico, non vengono utilizzate solamente come strumenti compensativi (digitali) per alunni con Bisogni Educativi Speciali. Tra i dispositivi più utilizzati nel sistema scolastico vi è la Lim, acronimo di Lavagna Interattiva Multimediale, (in inglese Iwb, Interactive Whiteboard). Essa può essere composta da un computer e un proiettore oppure da una superficie touch screen interattiva.

È simile per dimensioni a una lavagna tradizionale, ma consente di dare
comandi attraverso l’utilizzo di appositi pennarelli o con le dita. Permette multimedialità e multimodalità di fruizione dei contenuti, consentendo di avere accesso a molteplici risorse, che possono essere lette, ascoltate o “vissute” in prima persona (giochi e altre attività interattive).

La Lim può essere utilizzata dall’insegnante per svolgere attività mirate a sviluppare le capacità di collaborazione e di comunicazione degli studenti, sia all’interno che all’esterno della classe, poiché ogni lavoro può essere salvato, condiviso e modificato in qualsiasi momento.

Inoltre, negli ultimi anni, si sta diffondendo l’utilizzo di computer portatili o tablet a scuola. Ogni studente ha a sua disposizione un dispositivo, spesso connesso in rete, che permette di utilizzare diversi software o applicativi pensati per l’insegnamento.

Le nuove tecnologie in campo educativo hanno permesso inoltre di sviluppare strumenti per la formazione a distanza, ampiamente utilizzati durante il periodo pandemico. Queste modalità sono state adottate sia dalle scuole che dalle università, ma anche da enti pubblici e aziende per i corsi di formazione del personale.

Un esempio di piattaforme e-learning sono quelle utilizzate dalle università telematiche, che prevedono la frequenza di corsi totalmente Fad (formazione a distanza) oppure i corsi blended, i quali prevedono una parte del monte ore in presenza e una parte a distanza.

Nel caso di problematiche come i Dsa (ma non solo), gli strumenti tecnologici possono essere utilizzati come strumenti compensativi. Essi non devono facilitare il compito dal punto di vista cognitivo, ma aiutare l’alunno a compiere azioni che potrebbero risultare complesse, come svolgere calcoli, leggere ad alta voce o scrivere.

Un esempio sono i libri in formato digitale, che offrono agli alunni la possibilità di avere un sintetizzatore vocale, quella di evidenziare il testo o inserire annotazioni, avere immagini, suoni o collegamenti multimediali verso siti e portali web.

Un uso consapevole

Appare dunque chiaro il grandissimo potenziale delle nuove tecnologie dell’educazione, ma appare altresì chiaro come sia necessario un uso consapevole e responsabile delle stesse.

Necessario a questo punto introdurre il concetto di digital divide, ovvero il divario fra chi ha accesso alle tecnologie e chi non lo ha. L’apprendimento è un processo fondamentale per saper utilizzare le nuove apparecchiature:
per questo motivo si parla di learning digital divide, intendendo il divario di apprendimento come ulteriore elemento che può incidere sulle disuguaglianze di utilizzo delle nuove tecnologie.

Per limitare ciò, è necessario quindi sostenere un’alfabetizzazione alle tecnologie in modo critico e consapevole. Il digital divide, anche nei processi di apprendimento, produce disuguaglianze dal punto di vista economico, dell’informazione e ostacola la partecipazione politica e il confronto con gli altri.

Da tenere presente il fatto che l’esperto di tecnologia dell’educazione è un “architetto” della formazione che si appella a criteri e modelli confermati dalla teoria e dalla ricerca. Non è un educatore o un docente particolarmente competente sul piano tecnico-pratico né un tecnico di laboratorio, ma una persona formata che utilizza in modo responsabile e
consapevole le nuove tecnologie in ambito educativo e formativo.

Alex Longagnani

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